Le profonde crisi NATO, politica e legale: l’obiettivo del 2% come analfabetismo di difesa | Jan Oberg
Crisi politica
Il vertice NATO londinese del 3 e 4 dicembre 2019 esibisce la profonda crisi politica dell’alleanza 70enne: nessuna dichiarazione da emanare, liti fra i membri militari principali, accuse, differenze sostanziali sulla Siria e molti altri temi, il conflitto transatlantico più profondo che mai e i soliti temi di condivisione degli oneri.
Crisi legale
Ma la dimensione politica della crisi NATO è solo una. C’è anche una crisi legale. La si riconosce se si ha voglia di leggersi il testo del Trattato NATO – roba accademica che chi lavora ai media non sembra aver generalmente fatto. Altrimenti avrebbero notato che l’Alleanza del 2019 opera coerentemente al di fuori – anzi in violazione – dei propri obiettivi, scopi e valori. Per esempio, lo Statuto ONU che dovrebbe essere la linea guida NATO viene violato da decenni su base permanente – come nei suoi bombardamenti fuori zona della Jugoslavia senza mandato ONU.
Il disprezzo mostrato per il diritto internazionale in generale e lo statuto ONU in particolare è una parte integrale della crisi esistenziale NATO.
Crisi morale
E, terzo, c’è una dimensione morale della crisiNATO. Ovviamente, nessuno ne parla.
È il semplice fatto che nessuna guerra ingaggiata da singoli membri NATO o dalla NATO in quanto tale non può essere definita altro che un prevedibile fiasco se valutata secondo gli obiettivi e i criteri stessi dichiarati dall’alleanza – basti pensare al Vietnam, alla Jugoslavia, all’Afghanistan, all’Iraq, alla Libia, alla Siria… tutte chiarissime catastrofi morali causa d’indicibili sofferenze, morte e distruzione per milioni e milioni di vittime, senza peraltro conseguire alcuno dei fini dichiarati, posti per spiegare e legittimare tali guerre, come creare democrazia, rispettare i diritti umani, liberare le donne, o fermare presunti genocidi.
Ormai il mondo dovrebbe aver detto abbastanza bugie sui motivi, le politiche e le azioni benevole della NATO perché i cittadini contribuenti si mobilitino in resistenza ad essa.
Queste tre crisi possono essere tutte in relazione alla risposta del mondo occidentale al venir meno dell’Unione Sovietica e del Patto di Varsavia 30 anni fa – cioè la scelta di espandere la NATO e sfruttare la debolezza della Russia.
Crisi intellettuale
L’ultima e forse più nascosta crisi NATO è quella intellettuale.
Si tratta adesso di un’alleanza che opera in una specie di camera con eco senza o quasi senso delle realtà del mondo. È lì per sé. Ascoltando il suo Segretario Generale – non solo Stoltenberg ma anche Fogh Rasmussen e altri precedenti – si ha la sensazione di un livello di creatività e intellettualismo che richiamano capi cui capitò pure di essere segretari generali, come, per dire, Leonid Breznev.
Indipendentemente da qualche piccola analisi obiettiva della situazione, la NATO ne canta una sola: ci sono sempre nuove minacce, dobbiamo armarci di più, ci servono armi nuove e migliori, e dobbiamo perciò aumentare le spese militari. E come lo si legittima? pronunciando mantra. Non importa che cosa la NATO e i suoi membri scelgano di fare, è semplicemente affermato senza una traccia di argomentazione o documentazione che più denaro aumenterà quattro cose: difesa, sicurezza, stabilità e pace. E farà bene ai valori basilari dell’Occidente come libertà, democrazia e pace.
Come mai – domanderebbe il ragazzino all’Imperatore [nudo] – qualunque cosa la NATO abbia fatto negli ultimi 70 anni, ritiene tuttora di aver bisogno d’altro in più per creare quella difesa, sicurezza, stabilità e pace? Che cosa non va in un sistema che continua ad applicare la stessa medicina decennio dopo decennio allontanandosi sempre più dal conseguimento dell’obiettivo stipulato?
Le spese militari in generale: nessun equilibrio e nessuna verifica della realtà
Il principale nemico della NATO si presume essere la Russia. Non importa che le spese militari della Russia siano circa il 6-7 % della spesa complessiva NATO (29 paesi). Non importa che la qualità tecnica NATO sia superiore. Non importa che le spese militari della Russia stiano calando anno dopo anno – a 64 miliardi di US$ nel 2018 dai 66 nel 2017. Non importa che le spese militari della Russia fossero in media solo 45 miliardi di US$ fra il 1992 e il 2018. Solo? Sì, il budget totale della NATO è 1036 miliardi di US$ dei quali 649 competono agli USA.
E non importa che il budget del vecchio Patto di Varsavia fosse all’incirca 65-75% di quello NATO durante la prima guerra fredda e che ci si ribattesse che qualche forma di equilibrio andava bene per la stabilità e la pace. Oggi ci vien detto che maggiore è la superiorità NATO, meglio è per la pace del mondo. In breve, la realtà non importa più alla NATO.
L’obiettivo del 2 per cento
E qui entra in gioco il 2% del PIL rivelando appunto quanto sia profonda la crisi NATO. Ma si è visto qualcuno che obiettasse a quest’obiettivo del 2%per l’assurdità filosofica – o mistificazione – che è? Somiglia al Teatro dell’Assurdo legare la spesa militare alla performance economica di un paese. Immaginiamo che una persona allochi il 10% del proprio reddito per comprarsi cibo. All’improvviso vince alla lotteria o viene catapultato in un posto di lavoro che rende 5 volte di più. Deve forse cominciare a mangiare anche 5 volte di più? L’obiettivo del 2% è un’assurdità, un indicatore di analfabetismo di difesa. Chi lo prende sul serio – in politica, nei media e nell’accademia – ovviamente non ha mai letto un testo base sulle teorie e i concetti in ambito di difesa e sicurezza. O su come si fa un’analisi professionale di ciò che minaccia un paese.
Se le spese militari sono intese assicurare il futuro di un paese, le minacce di fronte a quel paese variano anch’esse secondo il proprio PIL? Ovviamente no! È un’ipotesi bizzarra.
Delle politiche di difesa decenti basate sulla conoscenza devono essere decise in base a un’analisi omnicomprensiva delle minacce e contenere dimensioni come:
Che cosa minaccia la nostra nazione, la nostra società attualmente e in vari orizzonti temporali? Quali minacce possiamo immaginare così grandi da non poterci fare nulla? Quali sono tali che abbia senso mettere da parte questa o quella somma per sentirsi ragionevolmente al sicuro? Che genere di minacce sono così piccole o inverosimili da poterle ignorare? Quali minacce è più probabile che passino da latenti a manifeste? Come priorizziamo risorse scarse quando abbiamo altri bisogni e obiettivi rispetto al sentirci sicuri, come sviluppare la nostra economia, istruzione, sanità, cultura, etc.?
E, massimamente importanti, due altre considerazioni: Quali minacce si possono affrontare con mezzi militari predominanti e quali richiedono mezzi sostanzialmente civili? E come agiamo oggi per prevenire le minacce percepite dal diventare una realtà da affrontare – come, nell’ambito dei nostri mezzi, preveniamo la violenza e riduciamo i rischi per quanto possibile?
Sarebbe possibile rispondere a tutte queste domande con il nuovo mantra: Non c’è che assegnare sempre il 2% del PIL all’apparato militare e tutto sarà a posto?
Il CMIMA
È il Complesso Militar-Industriale-Mediatico-Accademico – gli interessi acquisiti di piccole élite in simbiosi con i governi, che campano e si avvantaggiano di standard bizzarri come l’obiettivo del 2%; un cui scopo è rendere irrilevante un’analisi seria, empirica e rilevante. È un mobile perpetuo – un modo per garantire che il CMIMA ottenga sempre quanto gli serve, indifferentemente alle conseguenze per coloro che lo pagano interamente, i cittadini contribuenti.
Immaginando che la Russia scompaia dalla faccia della terra domain, la NATO si troverebbe alla svelta un altro “nemico” col quale legittimare comunque il suo bisogno del 2% del vostro PIL lordo in futuro. Almeno!
Il Titanic NATO
Il suo Segretario Generale Jens Stoltenberg il 4 novembre ha annunciato questa notizia sbalorditiva, inghiottita dai media come la cosa più naturale al mondo senza alcuna necessità di chiarimenti – da leggere sulla homepage NATO:
Prima dell’incontro dei capi NATO a Londra per celebrare il 70° anniversario dell’Alleanza, il Segretario Generale Jens Stoltenberg venerdì (29 novembre 2019) ha resi noti i particolari di grossi aumenti nella spesa per la difesa alleata. Stoltenberg ha annunciato che nel 2019 la spesa per la difesa degli alleati europei e del Canada è aumentata in termini reali del 4.6 %, crescita per il 5° anno consecutivo. Ha anche rivelato che tali alleati alla fine del 2020 avranno investito 130 miliardi di dollari in più dal 2016. In base alle ultime stime, l’aumento accumulato nella spesa per la difesa alla fine del 2024 sarà di 400 miliardi di dollari, per Stoltenberg, «Un progresso senza precedenti che rende più forte la NATO».
Leggendolo attentamente: l’aumento di spesa militare NATO 2016-2020 è di 130 miliardi di dollari USA – il doppio del budget totale annuo della Russia!
Per questo ci sono solo due parole: Pazzia e irrazionalità. Pazzia di per sé e pazzia se considerata nella prospettiva di tutti gli altri problemi che l’umanità deve risolvere urgentemente trovando fondi allo scopo.
Il bilancio totale regolare dell’ONU per l’anno fiscale 2016-17 è stato di 5,6 miliardi di dollari USA, cioè i paesi NATO spendono 185 volte più per il militare di quanto tutto il mondo spenda per l’ONU.
Lo trovate sensato e in accordo con i problemi da risolvere per l’umanità? Per me no, non è altro che pazzia. Non esiste alcuna analisi accademica razionale, empirica, e alcuna teoria in grado di spiegare le spese militari NATO come razionali o al servizio del bene comune dell’umanità.
L’alleanza nucleare più forte al mondo è un castello costruito su sabbie mobili intellettuali. È un Titanic politico, morale, legale e intellettuale.
Il solo armamento di cui ha bisogno la NATO è legale, morale e intellettuale. E, a meno che ora imbocchi quella direzione, merita di dissolversi.
La proporzione inversa fra il suo potere distruttivo è il suo potere moral-intellettuale è senz’ombra di dubbio la maggiore singola minaccia al futuro dell’umanità.
Questa sfida è almeno altrettanto grave e urgente che il cambiamento climatico.
Forse è ora di smettere di mantenere in vita la NATO col denaro dei contribuenti e iniziare un boicottaggio fiscale in tutti i paesi NATO finché sia dissolta o almeno ridotta a – diciamo – un decimo del suo attuale dissipativo livello militare? Per non parlare della sua greve impronta ecologica sull’ambiente…
Il direttore del TFF, prof. Jan Oberg, è membro della Rete TRANSCEND per Pace Sviluppo Ambiente.
TRANSCEND MEMBERS, 9 Dec 2019 | Jan Oberg | The Transnational – TRANSCEND Media Service
Titolo originale: NATO’s Deep Political and Legal Crises: The 2-Percent Goal as Defence Illiteracy
Traduzione di Miki Lanza per il Centro Studi Sereno Regis
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