L’ultima vittima di Hiroshima. Il carteggio con Claude Eatherly, il pilota della bomba atomica

Massimiliano Fortuna

Günther Anders, L’ultima vittima di Hiroshima. Il carteggio con Claude Eatherly, il pilota della bomba atomica, a cura di Micaela Latini, Mimesis, Milano-Udine 2016, pp. XXII, 231, € 20,00

L'ultima vittima di HiroshimaRenato Solmi, scomparso il 25 marzo dello scorso anno, probabilmente sarebbe stato contento di vedere riproposto un libro a cui teneva, da lui tradotto per Einaudi nel 1962, vale a dire La coscienza al bando, in cui è raccolto il carteggio tra Günther Anders e Claude Eatherly, il pilota che diede il via al bombardamento atomico su Hiroshima. Il libro era poi riapparso trent’anni dopo, nel 1992, con il titolo Il pilota di Hiroshima, ovvero: la coscienza al bando, per le edizioni Linea d’ombra. Ora Mimesis ha la bella idea di ripubblicarlo, con un titolo ancora differente, L’ultima vittima di Hiroshima, preceduto da un’introduzione di Micaela Latini, che fornisce un utile inquadramento della vicenda e delle idee di Anders relative alla questione atomica.

La storia è relativamente conosciuta e la figura di Eatherly possiede anche una sua notorietà nella cultura popolare, come ad esempio in Italia testimonia la canzone dei Nomadi del 1985 a lui dedicata, intitolata appunto Il pilota di Hiroshima. Ma il tema, connesso al pericolo atomico e alla sua centralità nella storia del mondo degli ultimi settant’anni, è talmente rilevante che ogni nuova edizione dell’opera è opportuna e benvenuta.

Anders è stato uno dei primi intellettuali ad avvertire la centralità della minaccia nucleare e la portata di Hiroshima in relazione allo sviluppo tecnologico e al posto che in esso occupano la coscienza umana e la possibilità dell’agire morale. Diversi sono i suoi scritti che ruotano attorno all’orrore atomico, innanzitutto Essere o non essere. Diario di Hiroshima e Nagasaki (che sempre Solmi tradusse per Einaudi nel 1961) e il saggio Della bomba e delle radici della nostra cecità all’apocalisse contenuto in quello che è probabilmente il suo testo filosofico di maggior rilievo, L’uomo è antiquato (Il Saggiatore 1963).

È quindi ben comprensibile che, venuto a conoscenza del suo caso, scrivesse a Eatherly per testimoniargli la sua vicinanza. Infatti dopo Hiroshima, con il tempo, Eatherly iniziò ad avvertire il peso di quanto accaduto e la sua responsabilità personale nel lancio della bomba atomica.

Secondo Anders: «Claude è stato il primo a tradurre il carattere della nostra epoca nel linguaggio di una vita individuale; il primo la cui vita individuale sia stata foggiata interamente dai fatti e dalle angosce dell’era atomica; il primo che si sia rifiutato di uniformare la propria vita allo stile preteso dalla società conformistica». Per Anders la moderna epoca si caratterizza infatti per una dimensione di «tecnicizzazione dell’esistenza» che ha condotto a una sproporzione tra la complessità dell’azione nella quale siamo collocati e le nostre capacità di valutazione: «come le rotelle di una macchina possiamo essere inseriti in azioni di cui non prevediamo gli effetti, e che, se ne prevedessimo gli effetti, non potremmo approvare – questo fatto ha trasformato la situazione morale di tutti noi».

La vastità e le potenzialità delle capacità tecnologiche a cui l’umanità è giunta rischiano dunque, come nel caso della bomba atomica, di farci perdere di vista il fine complessivo del nostro agire e di portarci a considerare unicamente il frammento di lavoro al quale siamo chiamati a collaborare. Alla coscienza etica, relativa alle conseguenze di ciò che stiamo facendo, finisce così per sostituirsi una semplice coscienziosità pratica nello svolgimento scrupoloso delle proprie funzioni.

Eatherly è per Anders – plasticamente rispetto a Eichmann, il cui caso è di quegli stessi anni – l’uomo in cui le ragioni della coscienza hanno tentato di scuotersi di dosso il «meccanismo» tecnologico entro il quale si è trovato incastrato: «No, Eatherly non è il gemello di Eichmann, ma la sua grande e (per noi) consolante antitesi. Non è l’uomo che fa del meccanismo un pretesto e una giustificazione della mancanza di coscienza, ma l’uomo che scruta il meccanismo come paurosa minaccia di coscienza. E così facendo coglie il nocciolo del problema morale centrale di oggi, e ci rivolge il monito veramente decisivo: poiché, se scarichiamo ogni responsabilità sull’apparato, in cui saremmo inseriti come viti inconsapevoli, e consideriamo l’affermazione: “ci siamo limitati a collaborare” come legittima in ogni caso, liquidiamo ipso facto la libertà della decisione morale e la libertà di coscienza».

È giusto rendere conto del fatto che il giudizio su Eatherly non è del tutto unanime, c’è stato chi ha espresso una valutazione più in chiaroscuro e ha visto in lui un uomo non privo di qualche opportunismo e in cerca, almeno in parte, di attenzione e visibilità personale (cfr. ad esempio William Bradford Huie, Il pilota di Hiroshima, Longanesi 1964). Anche se così fosse, tuttavia, l’importanza di questo carteggio e dei temi che solleva non ne sarebbe certo intaccata, la sua lettura resta indispensabile in un pianeta, che pur in un complesso geopolitico diverso rispetto a quello della guerra fredda, non ha smesso di gravitare attorno ai rischi nucleari.


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