La strada dell’ignoranza | Recensione di Loredana Arcidiacono
Wendell Berry, La strada dell’ignoranza, Lindau, Torino 2015, pp. 144, € 16,00
Comincio questa recensione segnalando che è in uscita nelle sale (non ancora italiane) The Seer: A Portrait of Wendell Berry, il primo documentario realizzato su «l’agripoeta», già recensito altre volte nella «newsletter» del Centro Studi Sereno Regis (vedi recensione di Mangiare è un atto agricolo, dello stesso autore, edito sempre da Lindau nel 2015).
Qui un piccolo assaggio del film:
http://www.kickstarter.com/projects/1845177618/the-seer-a-portrait-of-wendell-berry?ref=video
Sarà perché la speranza che ha sempre animato lo sforzo che da 40 anni l’autore porta avanti con la sua vita e con i suoi libri non è poi cosi vana? Wendell Berry …e il suo sorriso! Cercate la sua foto su internet e lo troverete sempre sorridente, tipico di chi mette amore nel proprio lavoro.
Il nostro rapporto con la terra è governato da limiti che è lei stessa a stabilire e sempre più consumatori si stanno rendendo conto di quanto ci siamo pericolosamente avvicinati a questo limite. Con l’indecenza degli allevamenti intensivi. Con l’uso eccessivo e dannoso di antibiotici e ormoni. Con l’acquisto sconsiderato di oggetti nuovi dietro la promessa di soddisfazioni, dimentichi di quelle che ci erano state promesse quando abbiamo comperato quelli vecchi. In questo momento è praticamente impossibile conoscere la storia o il costo ecologico di ogni prodotto che compriamo. Sono troppi per sapere quali di essi non possono essere fabbricati e utilizzati in modo sostenibile.
La proposta dell’agrarianismo (termine non ancora entrato nel vocabolario italiano) oltre ad essere una forma di economia, è soprattutto una proposta di cultura. Non si aspetta infatti che ciascuno di noi diventi agricoltore (e qui, ho tirato un sospiro di sollievo. Il passaggio dai tasti di un pianoforte ai meli in fiore lo vedevo arduo). Ciò che ci porta a consumare le risorse in modo incosciente è un problema culturale, risolvibile solo attraverso soluzioni culturali. L’unica difesa del peggio è la conoscenza del meglio e la differenza sarà la consapevolezza che avrà come conseguenza un insieme di atteggiamenti. Ciascuno di noi ha in casa propria tutto ciò che dà origine ai problemi dell’ambiente. E quindi ha anche il mezzo di fermarli.
«La devastazione non è inevitabile a meno che la nostra remissività non la renda possibile».
Con semplici regole, possiamo in breve termine acquisire conoscenze sufficienti a prevedere qualsiasi effetto negativo dei beni che acquistiamo e sapere ciò che è possibile e non possibile fare.
Non sempre sarà semplice e quasi mai sarà rapido ma «pratico a breve termine molte volte fa rima con idiota a lungo termine». «Immaginare una forza distruttiva che possa rendere innocua un’altra forza distruttiva è del tutto inutile. Come contromisura abbiamo a disposizione nient’altro che una decorosa umiltà».
Ed ecco la sua formula magica: «Per prima cosa mettere in piedi un buono Stato (eh eh!). Per farlo, occorre mettere in ordine la propria famiglia e la propria casa e quindi imporre una disciplina a se stessi. Necessario pulire da imperfezioni il proprio cuore andando alla ricerca di definizioni precise per i propri pensieri, dedicandosi ad ampliare la conoscenza dell’estremo. In questo modo, cambieremo lo Stato!»
Concludo con una sua frase piena di sorriso: «Ognuno di noi penserà che questo è troppo poco per un problema così grande e vorrebbe fare di più. Anche io lo vorrei ma sono convinto che solo colui che è consapevole della propria ignoranza si dedica ad ampliare all’estremo la propria conoscenza».
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