L’ultimo dialogo. La mia vita incontro all’Islam – Recensione di Cinzia Picchioni

cop_ Georges Anawati, L’ultimo dialogoGeorges Anawati, L’ultimo dialogo. La mia vita incontro all’Islam, Marcianum Press, Venezia 2010, pp. 124, € 11,00

“Questo libro nasce come trascrizione di un’intervista in più puntate che due professori universitari egiziani fecero a Padre Georges Anawati poco prima che questi morisse”.

“Durante una delle nostre visite, nell’autunno del 1992, gli manifestammo il desiderio di pubblicare alcune delle nostre conversazioni, perché credevamo che esse fossero molto importanti dal punto di vista culturale e umano. Infatti le sue esperienze nella società abbracciavano molti luoghi e periodi, costituendo così una porzione viva della storia culturale dell’Egitto contemporaneo. Le sue esperienze personali illuminavano aspetti della vita di un uomo tutto dedito a fare il bene senza perdere il sorriso, di uno studioso alla ricerca della verità, di un religioso convinto della sua fede, di un mistico che aveva fatto suo l’amore per l’umanità. A differenza di quanto temevamo all’inizio, non ci dovemmo sforzare molto per persuaderlo ad accettare la nostra proposta, convinto com’era della necessità di condividere un dialogo umano di ampia portata […]. Gli incontri si svilupparono numerosi per più di un anno e fino agli inizi del 1994, mentre cresceva l’affetto e l’intimità tra noi.

Poi tacque e il suo silenzio ci riempie di dolore”, pp. 45-46, nella Prefazione all’edizione araba

Di chi stiamo parlando?

“Georges Anawati è un personaggio fuori dal comune per almeno tre ragioni: cristiano orientale, ha passato gran parte della sua vita a studiare e far meglio comprendere l’Islam nel mondo cristiano, fatto abbastanza raro, se si considerano le paure e i pregiudizi ereditati dal passato, soprattutto tra i Cristiani d’Oriente. Egli ha dato un grandissimo contributo all’emergere del dibattito sull’Islam e sulle religioni non cristiane al Concilio Vaticano ii, aiutando la Chiesa cattolica a sviluppare una visione più positiva del tema. Infine, Georges Anawati ha capito molto presto che l’incontro con il mondo dell’Islam sarebbe stato facilitato se ci si fosse posti innanzitutto a livello culturale e non sul piano strettamente religioso”.

“Allievo” di Maritain

“Si unisce al noviziato dei Domenicani in Francia nel gennaio del 1934 – a 29 anni – non senza aver dovuto affrontare forti resistenze familiari. Ma è determinato. Sulla nave che lo conduce da Alessandria a Marsiglia scrive a Jacques Maritain: “Non dirò che Lei mi ha convertito […]. La verità è più semplice ma più concreta: ha reso il mio cattolicesimo coerente e intelligente” (diario del 23 gennaio 1934)””, pp. 19-20.

“Anche se molti furono gli interessi di Georges Anawati, senza dubbio il principale fu quello filosofico: discepolo di Maritain e San Tommaso, Anawati si tuffò fin da giovane nello studio del pensiero arabo-islamico medievale: Averroè, al-Ghazâli e, soprattutto, Avicenna sono i nomi che con più frequenza ritornano in questo Ultimo dialogo, come interlocutori vivi con i quali intrattenersi”.

Parole e note

Il libro offre così importanti elementi per una storia culturale dell’Egitto novecentesco che rimane a oggi ancora tutta da scrivere. Anche per questo si è ritenuto di corredare il testo di numerose note biografiche, pensate come un primo aiuto in questa direzione”.

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