Tre sinistre – Pietro Polito
Alle elezioni del 24 – 25 febbraio del 2013 sulla scheda non troveremo “la sinistra che noi vorremmo”. Ancora una volta i cittadini di sinistra dovranno fare i conti con la sinistra che c’è.
La sinistra si presenta divisa in due coalizioni: a) Italia Bene Comune: Partito Democratico, Sinistra Ecologia e Libertà, Partito Socialista Italiano, Centro democratico; b) Rivoluzione Civile: Partito della Rifondazione Comunista, Partito dei Comunisti italiani, Verdi, Italia dei Valori, esperienze e associazioni della società civile. Fuori dalle coalizioni: da una parte il Partito Radicale che un po’ si è suicidato un po’ è stato suicidato, dall’altra il Partito Comunista dei lavoratori di Marco Ferrando, il gruppo comunista più comunista tra i gruppi comunisti che in vario modo si presentano alle elezioni.
Dunque, il 24 e 25 febbraio, se non ci asteniamo (scelta che non condivido ma comprendo), noi di sinistra abbiamo a disposizione un certo ventaglio di possibilità. Se non si è un irriducibile comunista (scelta legittima), si può guardare alla grande coalizione Italia Bene Comune oppure alla piccola coalizione Rivoluzione civile. La scelta della coalizione più grande consente di scegliere Partito democratico o Sinistra Ecologia Libertà.
Il primo nodo da sciogliere, quindi, diventa la coalizione di riferimento. Al riguardo la questione decisiva è il rapporto con l’eredità del governo tecnico da un lato e dall’altro la possibilità e o la necessità di una futura collaborazione con il Centro di Monti e di Casini dopo le elezioni. La posizione di Rivoluzione civile è chiara e netta: l’eredità dei tecnici è del tutto negativa, per cui viene esclusa l’eventualità di una collaborazione con i centristi, anche se, a dire il vero, un certo margine di ambiguità permane rispetto alla collaborazione con il Partito democratico (negata da Rifondazione Comunista, auspicata a giorni alterni dalla componente legalitaria e dai comunisti italiani).
La coalizione maggiore presenta contraddizioni interne difficilmente componibili. Il partito più grande, che ha sostenuto il governo tecnico, propone dichiaratamente un’alleanza tra i progressisti e i moderati, SEL considera e Monti e Casini avversari politici.
Riassumendo, la sinistra è così articolata: 1. la sinistra di governo (il Partito democratico o almeno la sua ala sinistra); 2. la sinistra radicale di governo (Sinistra Ecologia Libertà); la sinistra radicale d’opposizione (Rivoluzione civile o almeno la sua componente neocomunista).
La sinistra di governo.
A cinque anni dalla sua costituzione il Partito Democratico rimane ancorato a una visione della democrazia che trova le sue radici in Alcide De Gasperi e in Palmiro Togliatti. Di recente, ricorrendo il 58° anniversario della morte del capo democristiano (1881-1954) e il 48° del capo comunista (1893-1954), l’anima cattolica del partito si è riconosciuta nell’eredità di De Gasperi, l’anima postcomunista in quella di Togliatti. Il richiamo ai due padri fondatori si esprime nella considerazione del Partito democratico come un partito di centro o centrale che guarda a sinistra più che come un partito di sinistra nel senso della sinistra europea. Se i centristi e la di un tempo si sono combattuti e rispettati reciprocamente, pur sentendosi alternativi, possono ora, secondo questa visione, caduti gli steccati, convivere e contribuire nello stesso partito al compimento pieno del progetto, che era di De Gasperi e di Togliatti, di una democrazia compiuta, progetto poi ripreso da Moro e Berlinguer, dal primo con l’idea di terza fase, dal secondo con l’idea di terza via.
L’idea di democrazia dei Democratici, si innesta sul contributo storico dei cattolici democratici e dei comunisti italiani. In un articolo intitolato significativamente Perché Togliatti e De Gasperi sono un’eredità per il PD (l’Unità, domenica 26 agosto 2012), Gianni Cuperlo ricorda “l’assunto degasperiano di un centro che guardasse a sinistra” e “il comunismo pragmatico di Togliatti che quello stesso centro non giudicava terra di infedeli”. Entrambi – prosegue Cuperlo – “videro avanti e comunque molto più in là di dove si spingeva la vista dei loro compagni, amici, avversari”. La prima radice del progetto democratico sta dunque nella tradizione della “democrazia progressiva” (più togliattiana che degasperiana, ma anche degasperiana). Vale a dire una democrazia che progressivamente si allarga e gradatamente include altri e nuovi soggetti sociali e politici: questa democrazia tendenzialmente armonica poggia sulla competizione più che sul conflitto. Mentre il conflitto lacera e divide, la competizione diventa la via del riconoscimento reciproco. La democrazia competitiva – scrive il direttore de “l’Unità”, Claudio Sardo – passa attraverso l’introduzione “pure da noi, come in tutti i paesi democratici, della competizione tra i partiti, in modo che il più votato possa formare attorno al proprio leader un governo di legislatura”.
La sinistra radicale di governo.
Dentro la coalizione Italia Bene Comune, Sinistra Ecologia e Libertà intende (intenderebbe) tenere aperta la prospettiva di un’altra sinistra. Tra i vari luoghi in cui questa sinistra è stata declinata dal leader di quel partito, Nicola Vendola, scelgo la prefazione al libro di Edgar Morin, La mia sinistra. Rigenerare la speranza, Erickson, Trento 2010.
Per Vendola, la sinistra deve guardarsi dal minoritarismo e dal trasformismo, inoltre non deve essere succube della logica della compatibilità (i vincoli della Banca Centrale Europea). Questa sinistra non mira all’alternanza ma all’alternativa. La sinistra dell’alternanza sacralizza il mercato e si trasforma nella “migliore destra possibile”, rivelandosi “incapace di uscire dalla propria paralisi di pensiero e azione”. Altrettanto sterile è “l’altra sinistra, quella che si è auto-confinata in un antagonismo di maniera e che recita il copione di un anticapitalismo declamatorio e inerte”. Non sono all’altezza della sfida né “gli strateghi della tattica” né “i custodi dell’ortodossia”: “Il passo del riformista e l’orizzonte del rivoluzionario – afferma Vendola – possono attrezzare un nuovo cammino che cerchi di cogliere e recidere la radice della moderna alienazione nella vita produttiva e nell’organizzazione della riproduzione sociale. Siamo sfidati dalle cose, dobbiamo sfidare le cose”.
Può questa sinistra crescere e vivere all’ombra della grande coalizione? Una sfida e un rischio che i radicali di governo corrono pur di non lasciare il Paese di nuovo nelle mani del Sultano.
La sinistra radicale d’opposizione.
Le ragioni di Rivoluzione civile sono chiaramente esposte in un articolo di Alberto Burgio (il manifesto, martedì 18 gennaio 2013). Il punto decisivo, secondo i radicali d’opposizione, è questo: è falsa l’idea che le maggiori coalizioni politiche (i tre poli: il centro sinistra, il centro, il centro destra) divergono tra loro in modo significativo, diversamente le maggiori forze politiche concordano sia sulle cause sia sui rimedi della crisi. La proposta dei rosso-arancioni poggia sull’idea che il campo politico si articola in tre grandi aree: 1. la destra variamente declinata (Berlusconi, Casini, Fini, gli eredi di Bossi, Monti); 2. il centrosinistra (Pd, SEL, Socialisti, cattolici alla Tabacci); 3. il populismo di Grillo. Di qui la prospettiva e l’esigenza di un quarto polo che rappresenti un’alternativa, di segno non populista, al berlusconismo e al montismo, un’alternativa effettiva perché quella del centro sinistra viene ritenuta solo di facciata, una pseudo alternativa.
Non sono in grado di entrare nel merito degli aspetti economici, ma l’essenziale è che i tre poli (Berlusconi – Monti, Bersani – Vendola, Grillo) non si discostano dall’orizzonte del liberismo e del mercato. Domanda Burgio: “Il segretario democratico non vede nel libero mercato la panacea della fantomatica crescita?”. In questo contesto l’adesione di Sinistra Ecologia e Libertà alla coalizione Italia Bene Comune viene considerata suicida e l’idea di condizionare dall’interno il segno delle politiche della coalizione una pia illusione. Per i radicali d’opposizione, la sola forza alternativa è Rivoluzione civile che pone un discrimine netto: il rifiuto del neoliberismo, la fine della sovranità del capitale finanziario, la restituzione dello scettro ai cittadini.
Queste sono le opzioni tra cui può orientarsi un elettore o una elettrice di sinistra o a sinistra, qui illustrate sine ira ac studio.
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