Susan George: Unione Europea, la più anti-democratica e neo-liberista della storia – Intervista di Nick Buxton

All’incontro Asia-Europa (AsiaEurope Meeting, ASEM) d’ottobre, i governi asiatici non dovrebbero farsi dare alcuna lezione di democrazia o economia dall’Unione Europea. Dobbiamo fare causa comune fra i movimenti sociali asiatici ed europei, perché ci stiamo perdendo tutti con le politiche attuali.

Susan George ha condiviso queste riflessioni nel seguire il Forum Popolare Asia-Europa. Per sapere su ulteriori coinvolgimenti, cliccare qui http://www.aepf.info/

Che genere d’Europa s’incontra con l’Asia in ottobre?

L’Asia incontrerà l’Europa più neoliberista e meno democratica della storia. L’Unione Europea (UE) ha appena imposto una costituzione, sotto il nome di Trattato di Lisbona, che ha gli stessi elementi rifiutati dai francesi, dagli olandesi e poi dagli irlandesi. Con le parole dello stesso architetto di tale costituzione, Valery Giscard d’Estaing, la Commissione Europea “ha fatto cambiamenti cosmetici cosicché sia più facile da ingoiare.”

L’Unione Europea non è un’entità democratica. Dobbiamo votare come vogliono loro, altrimenti non conta. Il commissario UE Gunter Verheugen ha colto il loro atteggiamento dopo i NO francese e olandese dicendo “Non dobbiamo cedere al ricatto.” Il che è straordinariamente inquietante. E’ il rifiuto di un pensiero illuminato mediante la legittima capacità della gente d’intervenire su come è governata. Stanno prendendo piede valori anti-democratici. Siamo diventati portatori d’interessi anziché cittadini, consumatori anziché popolo sovrano, ci viene offerta una consultazione anziché vera partecipazione. Non l’accetto.

Gli asiatici perciò non dovrebbero accettare alcuna lezione di democrazia dagli europei. Chiaramente ci sono parecchi paesi asiatici che non sono democrazie, ma non è il mio maggior cruccio dato che non sono asiatica. Il mio cruccio come europea è che stiamo andando indietro, il che mi rende proprio rabbiosa.

Ora che il Trattato di Lisbona è stato imposto, quali sono i suoi punti chiave di preoccupazione rimanenti?

A parte il chiaro deficit democratico – invero il disprezzo per la democrazia – il mio cruccio principale è che il Trattato di Lisbona pone l’Europa sotto l’ombrello della NATO, e quindi sotto il controllo militare USA, del Comandante in Capo dell’esercito USA. Il trattato dice specificamente che “per i paesi-membri [NATO]”, che sono la vasta maggioranza dei 27 UE, l’impegno NATO è “il fondamento della loro difesa collettiva e il forum per la sua attuazione”. Obama può anche essere un Comandante in Capo migliore di Bush ma vuol pur sempre dire che siamo in mano a chiunque detenga quella funzione negli USA.

Il Trattato ha anche confermato un’ulteriore spinta verso la privatizzazione dei servici pubblici. Il Trattato afferma l’impegno dell’Europa alla “concorrenza non distorta” e apre tutti i “servizi d’interesse economico generale” alla concorrenza. Dato che quasi tutti i servizi pubblici hanno un interesse economico, ciò ne permetterà la dismissione al settore privato (a parte qualcuno escluso deliberatamente come l’apparato giudiziario, la polizia, le forze armate, ecc). Quello che hanno conseguito con le telecomunicazioni, vogliono estenderlo alla sanità, all’acqua e all’istruzione.

E l’UE userà chiaramente qualunque mezzo possibile per fare progressi in questi obiettivi. Un esempio tipico è la Direttiva Bolkestein, che è un altro testo lungo e complesso, che comprendeva un tentativo di rendere i lavoratori europei soggetti alle leggi e condizioni sul lavoro del proprio “paese d’origine”. Per esempio un lavoratore lituano assunto in Scandinavia sarebbe ancora sempre soggetto alle leggi sul lavoro lituane. I sindacati hanno fatto notare che questo porrebbe i lavoratori lituani in concorrenza con quelli scandinavi, penalizzati da standard inferiori.

La Direttiva è stata sconfitta politicamente per alcuni aspetti, ma subito dopo tale apparente vittoria, la Corte Europea di Giustizia se ne uscì con quattro decisioni che legalizzavano vari elementi della Direttiva Bolkestein quali la norma del “paese d’origine”. Quello che non ottengono in un certo modo, l’otterranno in un altro.

Questo determina una battaglia molto iniqua e squilibrata per ONG come TNI (Transnational Institute) o ATTAC. E’ abbastanza difficile seguire tutti gli sviluppi a livello UE, e anche di più affrontarne le proposte dato che le grandi aziende vogliono tutte queste cose e hanno molti più mezzi di far pressione per otttenerle.

Come vede la situazione economica dell’Europa all’indomani della crisi dell’euro e del recente passaggio ai bilanci d’austerità?

Penso che quanto stiamo vedendo sia un disastro comparabile con il periodo di Herbert Hoover del 1930-31, quando le élite USA credevano che non far nulla avrebbe recato la salvezza e che stringere la spesa avrebbe fatto uscire il paese dalla depressione. Prima che fosse eletto Franklin Roosevelt, i repubblicani praticavano le stesse politiche che sta praticando ora l’Europa, ma anzi questa va oltre, con politiche d’aggiustamento strutturale draconiane come quelle imposte ai paesi del Sud dal FMI a partire dal 1980. Questi bilanci d’austerità non creeranno impulso a nuovi posti di lavoro o [opportunità] per l’industria; porteranno alla stagnazione. Comunque, ancora una volta arricchiranno le élite a spese della gente comune.

Abbiamo disperatamente bisogno di politiche keynesiane. Dobbiamo respingere l’idea che ci siano leggi fisse per cose come i deficit. I tedeschi dicono 3% ma questi sono numeri artificiosi. La cosa più importante da afferrare è che anche se si stanno creando deficit, li si deve considerare investimenti per il futuro investendo in istruzione, ricerca, sostenendo le aziende piccole e medie con fini ambientali e sociali. Abbiamo bisogno di cominciare socializzando le banche che abbiamo tirato fuori dai guai e obbligandole a fare prestiti alle imprese innovative.

Dobbiamo anche riportare la Banca Centrale Europea sotto controllo pubblico. Sapevate che la BCE presta alle banche private all’1% e a stati come la Spagna, l’Irlanda e la Grecia a qualunque mercato si presenti? E’ del tutto perverso ma gli stati non riescono ad avere credito direttamente dalla BCE. Tutto questo è allucinante ma è così perché il settore finanziario vuole così.

Frattanto l’economia europea ha perso 4 milioni di posti di lavoro nei due ultimi anni dacché la crisi è stata formalmente riconosciuta. Tale crescita della disoccupazione continuerà mentre si permette ai governi UE di praticare l’austerità. Si tratta di una crisi morale, mi spiace dirlo, in cui gli innocenti – lavoratori, pensionati – vengono puniti mentre i colpevoli – il settore finanziario – vengono premiati.

Che tipo di relazione pensa che l’UE stia cercando di forgiare con l’Asia?

Purtroppo, penso che stiano accostandosi alle discussioni con un’angusta visione mercantile non in grado di vedere oltre l’orizzonte dei tre mesi successivi. Solevamo essere un centro per una visione sociale, dimostrando che era possibile per il mondo intero. Che era possibile condividere i benefici della crescita a vantaggio di tutti e fornire istruzione ad alto livello, sanità, benefici per la pensione, per la disoccupazione. Questo dava protezione alle persone, ma premetteva loro anche di innovare perché non temevano di perdere tutto prendendo una decisione sbagliata.

Invece abbiamo scelto esattamente la rotta contraria, cercando di competere in termini di mercato con gente pronta a lavorare per dieci, venti, trenta volte meno: partita persa. Ci siamo assogettati alla visione del Partito Conservatore Britannico di un’Europa senza visione sociale, che vede solo in termini di mercato.

Intanto l’Europa sta perseguendo un’agenda di tentato sfruttamento dei partner più deboli mediante i cosiddetti Accordi Economici di Partnership (Economic Pertnership Agreements, EPAs), che costringono i paesi in via di sviluppo ad abbandonare qualunque norma d’investimento o che altro blocchi la libertà delle multinazionali europee. Molti governi soccombono a questi accordi, particolarmente paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico perché timorosi di perdere aiuti o preferenze commerciali. Così finiscono per cedere ad altri la loro sovranità. E’ una specie di neocolonialismo.

Che tipo di relazione pensa che dovremmo cercare di creare in quanto movimenti sociali?

La cosa migliore che possiamo fare è mostrare che possiamo avere movimenti efficaci di lavoratori e dimostrare che dare loro la massima protezione che possiamo crea una cultura in cui si può innovare e assumersi rischi. Ecco il modo di essere “competitivi” oggigiorno – altro che abbassare forzosamente i salari e i benefici ai livelli più bassi.

I sindacati devono mettersi con gli ecologisti, le donne, le organizzazioni di sviluppo e quant’altri. Dobbiamo cogliere ogni occasione per creare alleanze di questo genere, qualcosa in cui il TNI è molto bravo.

Dobbiamo fare causa comune fra i movimenti asiatici e i nostri, perché stiamo perdendoci con le politiche attuali. I governi e le multinazionali sono molto efficienti nel formare alleanze trans-frontaliere per difendere i loro interessi, perciò è assolutamente cruciale fare altrettanto efficacemente come movimenti sociali.

Susan George è membro TNI, presidente del consiglio d’amministrazione TNI e presidente onoraria di ATTAC-France [Associazione per la Tassazione delle Transazioni Finanziarie in Aiuto ai Cittadini]. E’ una delle personalità TNI più note per la sua analisi radicale e a lungo termine delle tematiche globali. Autrice di quattordici libri ampiamente tradotti, descrive il proprio lavoro in maniera cogente che ha finito per definire il TNI: “Compito del sociologo responsabile è per primo svelare queste forze [di ricchezza, potere e controllo], scriverne chiaramente, senza gergo… e infine…prendere una posizione di difesa a favore degli svantaggiati, gli ultimi, le vittime dell’ingiustizia.”

Traduzione di Miky Lanza per il Centro Sereno Regis

Titolo originale: European Union: most anti-democratic and neoliberal in history

http://www.tni.org/interview/european-union-most-anti-democratic-and-neoliberal-history

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