I giorni delle canaglie

Roberto Mairone

Questi primi di aprile sono giorni in cui si torna a parlare delle collusioni fra personaggi legati alla malavita, politici locali e imprese che gestiscono gli appalti per lavori direttamente o indirettamente legati alle grandi opere in Piemonte: sono i giorni delle canaglie.

Fra quelli che si sporcano le mani, che intimidiscono i concorrenti con le minacce e le armi, i nomi sono quelli di personaggi legati alle ‘ndrine Nirta e Pelle, originarie di San Luca e con base a Brandizzo, in provincia di Torino, e le imprese edili dei Pasqua. Fra i colletti bianchi, quelli che “oliano” il sistema degli appalti con regalìe, favori, impegni politici ad personam e accelerazioni di pratiche autorizzative, spunta fuori il nome di Roberto Fantini, amministratore delegato di molteplici imprese edili operanti nelle costruzioni e manutenzioni stradali, fra cui Sitalfa, società del gruppo Sitaf che gestisce la A32 Torino – Bardonecchia. Lo stesso Fantini, nel novembre del 2022 era stato voluto dal PD quale membro dell’OReCoL – Osservatorio regionale controllo della legalità e della trasparenza negli appalti.

Non solo. Altri sodali in giacca e cravatta sono Salvatore Gallo, 85 anni, figura storica della politica piemontese di area dem, indagato per peculato nella veste di ex dirigente di Sitalfa e padre di Raffaele Gallo, candidato PD alle regionali di giugno [ritiratosi qualche giorno fa, ndr] e Salvatore Sergi, direttore di esercizio della A32, che si trova sotto la stretta attenzione dei PM.

Il contesto operativo su cui si sono concentrate le indagini dell’inchiesta “Echidna” è quello dei lavori di manutenzione sull’A32 Torino – Bardonecchia dal 2014 al 2021, delle attività legate al raddoppio del tunnel del Frejus e su alcune opere connesse al cantiere TAV di Chiomonte propedeutico alla realizzazione del tunnel di base della nuova linea AV Torino – Lione.

Foto di Diego Fulcheri

Le accuse sono gravi e vanno dall’associazione mafiosa all’estorsione, dal concorso esterno al peculato, dalla detenzione di armi, fino al voto di scambio, alla corruzione elettorale, nonché alle infiltrazioni negli appalti per i lavori sulla A32 e nei cantieri TAV Torino Lione.

A questi reati si affiancano i soliti “favori” del politico di lunga data: richiesta di voti per “piazzare” qualcuno nelle circoscrizioni torinesi o in consiglio comunale, interventi medici fuori lista, magari a svantaggio della salute o della vita del prossimo, assunzioni, promozioni o nomine, accelerazioni su pratiche edili o il regalo di tessere gratuite per i pedaggi autostradali dell’A32.

Il polverone giudiziario si alza a pochi mesi dalle polemiche sollevate dal radicale Boni che, attraverso un esposto al Comune di Almese, richiedeva la rimozione della scritta TAV=MAFIE che da anni campeggia sulle pendici del monte Musiné, alle porte della Valle di Susa (ne abbiamo scritto qui). La rimozione era richiesta poiché, a detta di Igor Boni, la scritta è “illegale, offensiva e infamante ed esula dalla legittima opinione contraria all’Alta Velocità, proponendo una equivalenza priva di ogni fondamento”.

In questi giorni il fondamento della scritta TAV=MAFIE, quasi a sbeffeggio e smentita delle cristalline convinzioni del Boni, torna fortemente alla ribalta e conferma, una volta ancora, l’assioma che vede l’assoluta corrispondenza di interessi della politica, di gruppi economici che si occupano delle grandi opere e delle organizzazioni mafiose.

L’inchiesta “Echidna” è, in ordine di tempo, soltanto l’ultima delle operazioni delle direzioni distrettuali antimafia e dei ROS che hanno portato alla luce questo radicato meccanismo di collusioni fra sistema politico locale, partiti, dirigenti di aziende e cosche mafiose operanti, a macchia di leopardo, su tutto il territorio nazionale.

Già le precedenti operazioni della magistratura denominate “Minotauro” e “San Michele” avevano provato, in cassazione, che la ‘ndrangheta aveva messo prepotentemente e violentemente piede nei cantieri TAV della Torino – Lione in un collaudato sodalizio con le imprese. La risposta politico – istituzionale a tali comprovate e sistemiche collusioni è stata, paradossalmente, la decisione del Ministero dell’Interno, nel febbraio del 2023, di voler chiudere il presidio territoriale posto a controllo preventivo delle infiltrazioni mafiose nei lavori della linea TAV Torino Lione in favore del rafforzamento del GIC di Roma (Gruppo Interforze Centrale).

Al cospetto di tali notizie e della loro gravità, in Valle di Susa c’è ancora qualche amministratore locale che sostiene che i lavori del TAV Torino Lione siano giunti a un punto di esecuzione e di avanzamento tale da non poter più ipotizzare uno stop all’opera. Nonostante la comprovata presenza della malavita nei cantieri TAV c’è ancora chi guarda alla NLTL (Nuova Linea Torino Lione) come ad un simulacro cui offrire in sacrificio ecosistemi, denaro pubblico, falde acquifere, beni comuni e le abitazioni di coloro che, dopo una vita di sacrifici, sono raggiunti dai primi atti di esproprio. Almeno nelle loro conseguenze le posizioni di alcuni amministratori locali suonano anch’esse come colluse con questo sistema, che pur di autogiustificarsi e portare avanti i propri interessi non si preoccupa di attorniarsi di canaglie dedite alla malavita.

Gli esiti di quest’ultima inchiesta non suonano nuovi né creano stupore in coloro che si sono opposti e continuano ad opporsi alla grande opera inutile della nuova linea ferroviaria fra Torino e Lione. Le nostre ferme convinzioni le abbiamo scritte sulle pendici delle montagne e nessun piccolo e ininfluente politico può chiederci di rimuoverle e cancellare anni di coraggiosa, ragionata e sensata lotta.

Guardarvi in faccia e dirvi “ve l’avevamo detto!” non sarebbe la nostra rivincita né la nostra ricompensa per i tanti torti subiti, per le troppe menzogne ascoltate sulla bontà della vostra maledetta e criminale grande opera. Non sono gli esiti giudiziari delle tante inchieste, che vedono protagonisti politici locali, mafiosi, figure apicali delle grandi aziende del “cemento e del tondino”, che cambieranno le cose.

Le indagini e le condanne sono solamente la prova della palude nella quale il sistema TAV e, più in generale il sistema delle grandi opere in Italia, hanno deciso di addentrarsi per trasformarla nel loro habitat. Temiamo che, da questa palude, vengano a galla solo coloro che hanno commesso errori, leggerezze o che, più semplicemente, rappresentano quelle canaglie che possono essere sacrificate, magari in nome di nuovi assetti elettorali.

Nelle profondità della palude siamo convinti si nasconda ben altro, ben di peggio e ammettiamo di provare un certo stupore e una certa riconoscenza quando qualcuno cerca di far luce in queste acque torbide e non si limita, servilmente, a gettare in prima pagina i “professionisti del no”, “gli attivisti ambientali” riducendo a questione di ordine pubblico un tema che è profondamente “altro” e che tocca la politica, l’economia, l’ambiente.

Una volta ancora il movimento No Tav ha la conferma che la strada giusta, l’unica via che doverosamente deve essere percorsa, è quella di una ferma e indomita opposizione allo sperpero di denaro pubblico, al saccheggio di un’intera vallata alpina, alla compromissione irreversibile di complessi e delicati ecosistemi.

Foto di Diego Fulcheri


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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