La svolta ecomediale. La mediazione come forma di vita

redazione

Segnalazione redazionale multimediale

Michele Cometa, La svolta ecomediale. La mediazione come forma di vita, Meltemi, Milano 2023, pp. 162, € 14,00

«Ora siamo in grado di parlare di ecologia dei media
come studio delle interazioni
di agenti che agiscono come organismi»,
Robert K. Logan (dalla Quarta di copertina)

La svolta ecomediale

La copertina del libro La svolta ecomediale

dal risguardo di copertina «Già negli anni Sessanta del secolo scorso Marshall McLuhan e Neil Postman delineavano un’ecologia dei media sostenendo che il loro sviluppo vertiginoso poteva essere compreso solo come la creazione di un ecosistema culturale a cui l’Homo Sapiens avrebbe dovuto adattarsi. Oggi la crisi ecologica del pianeta ci impone non solo una rinnovata riflessione sull’impatto che il sistema ecomediale ha sull’ambiente, ma anche una più articolata analisi della relazione tra organismi biologici e media».

Il testo ricostruisce i più recenti sviluppi dell’ecologia dei media da una prospettiva che pensi insieme tecnologia e biologia, materia e organismi, ecologia e cultura.

Ragionamento ecologico?

«Siamo […] all’interno di un ragionamento ecologico che si è definitivamente emancipato da ogni antropocentrismo, anzi cerca esplicitamente fuori dell’umano un modello per la mediazione», p. 123.

«Nel suo brillante libro sull’ecologia delle immagini [Pour une écologie des images, 2021, NdR], Peter Szendi ha scritto in modo inequivocabile: “Diversi studi recenti hanno confermato quanto il mondo apparentemente immateriale in cui vengono scambiate le immagini formattate come .jpg o .mp4 abbia in realtà un impatto materiale, ecologico e geopolitico allarmante. I data center devono essere raffreddati, i cavi sconvolgono gli ecosistemi che attraversano, il riciclaggio degli schermi è spesso tossico, l’estrazione dei metalli necessari alle batterie o a chip dirotta o contamina le riserve d’acqua, distrugge i fondali marini e esacerba la logica dello sfruttamento coloniale”…», p. 135.

In proposito consiglio vivamente di visitare la mostra Le vittime della nostra ricchezza – di recente al Polo del ‘900 di Torino – se c’è ancora, o cercarla, o vedere qualcuna delle foto:

Capitalismo tossico?

«La e-waste, i rifiuti digitali, costituiscono forse il problema più urgente di una geologia dei media. E se la cinematografia del day after si ostina a rappresentare le rovine del pianeta non più abitabile in termini meccanici e architettonici – una fantasia romantica anche questa – basta poco per rendersi conto che le discariche del pianeta sono piene di rovine digitali. Inutile dire che questi rifiuti digitali vengono occultati in discariche del “terzo mondo” (celebre il sito di Agbogbloshie in Ghana) e smaltiti dai nuovi schiavi della globalizzazione: “il ventre molle della Silicon Valley – scrive icasticamente Parikka – è quello di un capitalismo tossico” (p. 112)», p. 100.

 

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W l’iconomia (sì-sì, con la i. Non è un errore)

«L’iconomia – il neologismo proposto da Peter Szendi – va intesa come un’economia politica, anzi come una critica dell’economia politica dell’immagine, alla quale dobbiamo subito associare una crtitica dell’economia politica dei dispositivi […] in gioco, anche quando si parla di media, non c’è affatto la soggettività e le sue derive antropocentriche, ma il pianeta stesso», p. 136

L’autore

Michele Cometa insegna Studi culturali e Cultura visuale all’Università degli Studi di Palermo. Ha pubblicato: La scrittura delle immagini (2012); Archeologie del dispositivo (2016); Il Trionfo della morte di Palermo (2017); Perché le storie ci aiutano a vivere (2017); Letteratura e darwinismo (2018); Cultura visuale (2020); Cultura visuale in Italia (a cura di, con R. Coglitore e V. Cammarata, 2022). Nel volume troviamo anche – accuratamente trattati – Francesco Casetti, Jussi Parikka, John Durham Paters, Richard Grusin, considerati i quattro autori che sono la punta più avanzata della riflessione ecologica applicata ai dispositivi (p. 64).


 

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