Il caso di genocidio del Sudafrica contro Israele

Carlo Aldovrandi

Nei giorni scorsi, il Sudafrica ha presentato il proprio caso alla Corte internazionale di giustizia dell’Aia, accusando il governo israeliano di aver commesso un genocidio con l’assalto di 100 giorni a Gaza.

Con il bilancio delle vittime che si avvicina a 24.000 nel territorio palestinese, gli avvocati del Sudafrica hanno esposto i motivi per cui accusano Israele di aver violato la Convenzione sul genocidio del 1948, mentre i legali di Israele hanno presentato le loro controdeduzioni.

Il Sudafrica sostiene essenzialmente che l’aggressione israeliana è “finalizzata alla distruzione di una parte sostanziale del gruppo nazionale, razziale ed etnico palestinese, vale a dire la parte del gruppo palestinese nella Striscia di Gaza”. Israele ha a sua volta negato questo fatto, sostenendo di aver esercitato il suo diritto fondamentale all’autodifesa secondo il diritto internazionale.

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La Convenzione sul genocidio delle Nazioni Unite è stata adottata dall’Assemblea Generale il 9 dicembre 1948. È stato il primo trattato sui diritti umani a rispondere alle atrocità sistematiche commesse dal regime nazista durante la seconda guerra mondiale.

Fu un ebreo polacco, Raphael Lemkin, a coniare per primo il termine “genocidio”. Lemkin era un avvocato fuggito negli Stati Uniti nel 1939 dopo che la Germania aveva invaso il suo Paese. Egli combinò due parole: il greco genos (razza o tribù) e il latino cide (da caedere, che significa: uccidere).

Secondo l’articolo 2 della Convenzione del 1948, la caratteristica principale dell’ultimo crimine contro l’umanità è duplice. Primo, le vittime di genocidio sono sempre “bersagli passivi”. Sono state individuate per la loro appartenenza a un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso piuttosto che per qualcosa che hanno fatto. E, secondo, il crimine stabilisce anche una “intenzione specifica” di distruggere, in tutto o in parte, quel gruppo.

Il nesso tra le due disposizioni è la spina dorsale della Convenzione. Segna i confini legali che distinguono il genocidio dagli altri crimini contro l’umanità. Sebbene un alto numero di morti spesso porti giustamente alla condanna internazionale, come categoria legale il genocidio non dipende dal numero di vittime civili che possono derivare dall’uso sproporzionato della forza militare da parte di uno Stato.

Genocidio a Gaza?

Gli avvocati sudafricani hanno fatto di tutto per dimostrare l’intento genocida. Hanno sostenuto questa affermazione citando alcune delle dichiarazioni più incendiarie dei membri di estrema destra del governo israeliano. Nel novembre 2023, il ministro del patrimonio israeliano, Amichai Eliyahu, ha affermato che a Gaza non esistono i non combattenti e che sganciare un’arma nucleare è una “opzione”.

Tembeka Ngcukaitobi presenta il caso del Sudafrica contro Israele alla Corte Internazionale di Giustizia,


Eliyahu non è un membro del gabinetto di guerra israeliano composto da tre persone. Ma la richiesta del Sudafrica riportava anche altre dichiarazioni controverse di questi alti dirigenti.

Poco dopo gli attacchi del 7 ottobre, il ministro della Difesa, Yoav Gallant, ha sostenuto che il blocco totale di Gaza City – che impedisce all’acqua, al cibo, al gas o alle forniture mediche di raggiungere i civili – è una tattica di guerra legittima.

Il presidente di Israele, Isaac Herzog, ha affermato che tutti a Gaza sono complici dell’attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre: “È un’intera nazione a essere responsabile”.

Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha lasciato cadere pesanti allusioni con ripetuti riferimenti alla storia della Bibbia quando ha invocato riferimenti all’esortazione di Dio a Israele di trattare duramente uno dei suoi nemici, per “cancellare il ricordo di Amalek da sotto il cielo”.

La difesa di Israele

Il team legale israeliano ha presentato una solida confutazione. Hanno sostenuto che la campagna delle Forze di Difesa Israeliane a Gaza era giustificata dal diritto inalienabile di autodifesa. Per questo motivo, rientrava nei rigorosi parametri del diritto umanitario internazionale.

Secondo loro, è stato Hamas a mettere in pericolo le vite dei palestinesi, proteggendo la sua ala militare all’interno di aree residenziali e lanciando attacchi da scuole, moschee, ospedali e strutture delle Nazioni Unite.

In rappresentanza di Israele, Tal Becker, consulente legale del Ministero degli Affari Esteri, ha sostenuto che il Sudafrica stava “chiedendo alla Corte delle Nazioni Unite di sostituire la lente di un conflitto armato tra uno Stato e un’organizzazione terroristica senza legge con la lente di un cosiddetto ‘genocidio’ di uno Stato contro una popolazione civile”. In questo modo, il Sudafrica non ha fornito alla Corte internazionale di giustizia una lente, ma una “benda”.

Tal Becker, consigliere legale del Ministero degli Affari Esteri israeliano, ha presentato le dichiarazioni di apertura di Israele.


Becker ha letto estratti descrittivi di un video compilato dal governo israeliano che descrive alcune delle atrocità commesse durante l’assalto di Hamas a Israele del 7 ottobre. Ha anche mostrato un’intervista con l’alto leader di Hamas Ghazi Hamad, rilasciata alla TV libanese il 24 ottobre, in cui sembra affermare che Hamas mira al completo annientamento di Israele.

Hamad ha detto: “Dobbiamo dare una lezione a Israele, e lo faremo due e tre volte. Il diluvio di Al-Aqsa [il nome che Hamas ha dato all’assalto del 7 ottobre] è solo la prima volta, e ce ne sarà una seconda, una terza, una quarta”.

Questo è stato offerto come prova che, contrariamente al caso del Sudafrica, è Hamas a nutrire intenzioni genocide nei confronti degli israeliani.

Il significato del caso

A prescindere dalle determinazioni finali del tribunale, l’accusa rivolta a Israele costituisce uno spartiacque storico con profonde ramificazioni simboliche.

I palestinesi hanno tradizionalmente cercato legittimità e riconoscimento cercando di inserire le loro aspirazioni e i loro diritti nazionali nel lessico del diritto internazionale. Ora, potrebbero provare una certa catarsi nel vedere i rappresentanti israeliani costretti, per la prima volta, a difendere la condotta di guerra del loro Paese davanti a un gruppo di giudici delle Nazioni Unite.

Nella psiche collettiva di Israele, il recente procedimento della Corte internazionale di giustizia rappresenta un’inquietante inversione della storia. Il crimine di genocidio è stato ora invocato contro Israele – uno Stato fondato nello stesso anno della Convenzione ONU e con la stessa motivazione: proteggere il popolo ebraico da future persecuzioni e distruzioni.

Senza un intento provato, la richiesta sudafricana potrebbe essere, come ha insistito il segretario di Stato americano Antony Blinken, “priva di merito” dal punto di vista legale. Ma questa retromarcia, da sola, potrebbe avere un peso simbolico sufficiente per infliggere un colpo decisivo allo status internazionale di Israele.


Fonte: The Conversation

https://theconversation.com/gaza-war-how-south-africas-genocide-case-against-israel-is-shaping-up-221048

Traduzione di Enzo Gargano per il Centro Studi Sereno Regis

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