Per un’ecologia integrale. Ecologie ed ecosofia

Cinzia Picchioni

Jean-Yves Leloup, Per un’ecologia integrale. Ecologie ed ecosofia, Lindau, Torino 2023, pp. 72, € 12,00

Per un’ecologia integraleQuesta l’ho già sentita. Ecologia profonda, ecologia integrale, ecosofia

Era il 1989 e usciva per la prima volta, curato da Giovanni Salio (detto Nanni), già presidente del Centro Studi Sereno Regis di Torino, un libro intitolato Ecologia profonda. Era forse la prima volta che leggevo quelle parole. Non «ecologia», quella era già nota, ma l’aggettivo «profonda», quello era nuovo, associato a «ecologia». Era come se fino a quel momento l’ecologia di cui si sentiva parlare fosse «superficiale”… Il sottotitolo del libro aiutava un po’ a capire: Vivere come se la natura fosse importante.

Al tempo lavoravo presso l’EGA (Edizioni Gruppo Abele, di Torino), dove ebbero la visione e il coraggio di pubblicare quel titolo. E ora (2022) il libro è stato ri-edito da Castelvecchi [Bill Devall-George Sessions, Ecologia profonda. Vivere come se la natura fosse importante, Castelvecchi 2022, curatore Giovanni Salio].

Questa premessa per spiegare l’interesse – anche personale – verso un nuovo titolo sul non nuovo argomento dell’«ecologia profonda», che io ebbi la fortuna di conoscere già 33 anni fa, e che da allora non ho mai abbandonato, cercando di diffonderne il concetto.

Un Papa venuto dall’Umbria

Oggi persino Papa Bergoglio, che non a caso si è chiamato Francesco, parla e scrive di «ecologia integrale», altro modo per dire che occorre approfondire, radicalizzare direi, l’ecologia così come l’abbiamo intesa finora: fare un po’ di raccolta differenziata, non lasciar scorrere l’acqua dal rubinetto mentre ci laviamo i denti, dare un po’ di soldi al WWF…

Il Papa ha scritto un’intera Enciclica per spiegare l’ecologia integrale/profonda. E un altro prete – Leloup, ortodosso, studioso di testi del Cristianesimo delle origini – ha pubblicato il libro presentato questa settimana (e entrato a far parte del patrimonio librario del Centro Studi Sereno Regis di Torino).

L’edizione originale, in francese, è del 2020, e ora l’editore indipendente Lindau (di Torino) ne ha pubblicato la traduzione, col titolo Per un’ecologia integrale. Ecologie ed ecosofia. Anche la parola  «ecosofia» l’avevo già incontrata, molti anni fa, sempre grazie all’EGA, in particolare in La grana delle cose (Gary Snyder). Leggendo le bozze di quel libro mi imbattei in Arne Naess, autore tra i primi a parlare di «ecosofia». Arne Naess è infatti citato anche in Bibliografia nel libro di Leloup che stiamo presentando.

Spiegone

Questo ultimo lavoro inizia come un manuale per spiegare «che cos’è l’ecologia», anzi le ecologie, come nel già citato sottotitolo: Ecologie ed ecosofia. Incontriamo elenchi, schemi, caratteristiche che precisano i diversi tipi di ecologia: contemplativa, razionale, affettiva, «del cuore», «dei sensi» ecc.

Per un’ecologia integrale

Poi, in breve tempo, in poche pagine, il libro «vira» verso l’ecosofia come se fosse una «sintesi» di tutti quegli altri tipi di ecologia; una sintesi «che presuppone una possibile alleanza di scienza, filosofia, contemplazione e amore nell’avvicinarsi al mondo che ci circonda, che conteniamo e che ci contiene», p. 12. Qui, sulla frase «mondo che ci circonda, che conteniamo e che ci contiene» ho iniziato a provare una leggera commozione. Che da lì in avanti mi ha accompagnato per tutta la lettura, fino alla fine, fino al bellissimo Epilogo:

«L’ecosofia è un’arte di vivere e di abitare sulla terra, sotto il cielo e nell’aria. Possiamo abitarvi come poeti o come sciamani e allora la terra ci rivelerà la sua bellezza e la sua magia. […] Possiamo abitarvi come saggi o come filosofi, e allora la terra ci mostrerà la sua impermanenza e la sua unità. Possiamo abitarvi santamente o religiosamente, e allora ne scopriremo il carattere sacro, la generosa gratuità […] e infine ci mostrerà che vive in noi e che insieme siamo manifestazioni del Dono invisibile», pp. 65-66

In mezzo, tra l’inizio e l’epilogo, altre commoventi riflessioni:

«Nei confronti della natura lo sguardo del cuore ci ispira un rispetto maggiore dello sguardo della ragione. La natura ci appare dunque sacra […]: il “grande Tutto”, diventa un “grande noi” – il sole, la terra, gli animali fanno parte della nostra famiglia. Riconosciamo in loro fratelli e sorelle. Il mondo diventa “naturalmente” fraterno – è questa visione dell’ambiente che Rumi e Francesco condivideranno», pp. 59-60.

Echi di don Juan

Certa che ricorderete A scuola dallo stregone, mi sono permessa di associare le famose domande rivolte all’allievo dello sciamano nel libro di Castaneda agli analoghi interrogativi rivolti a noi aspiranti ecologisti profondi da Leloup nel suo libro:

«La nostra pratica ecologica ha un cuore? Ciò che sappiamo tramite la ragione e l’istinto possiamo anche scoprirlo con il cuore. L’ambiente non è più soltanto una somma di cause ed effetti, ma una relazione che “riguarda” la nostra soggettività. Lo sguardo che rivolgiamo alle cose, le modifica realmente (si veda la fisica quantistica e il principio di indeterminazione di Heisenberg)», p. 58

«[…] gli antichi sciamani non avevano bisogno di […] misure e statistiche, sapevano per “istinto” che il loro destino e il destino del pianeta erano legati e che il più piccolo dei loro atti sull’ambiente aveva conseguenze su loro stessi, e che il più piccolo dei loro atti su se stessi aveva conseguenze sul loro ambiente. Questo istinto perduto noi cerchiamo di compensarlo con lo studio e la ragione […]. Per il benessere di tutti e di tutti, abbiamo bisogno di sciamani che siano scienziati e scienziati che siano anche sciamani», pp. 57-58

Sciamano-bambino

Gli echi sono anche dal Vangelo, con i suoi ammonimenti «ogni cosa che avrete fatto al più piccolo l’avrete fatto a me» e «se non cambiate e non diventerete come bambini non entrerete nel Regno dei Cieli» e «lasciate che i bambini vengano a me» e «chi si farà piccolo come questo bambino, sarà lui il più grande nel regno» e «chiunque riceve un bambino come questo nel nome mio, riceve me». Nel libro di Leloup i bambini sono associati agli sciamani, nel loro modo di intendere l’ecologia:

«[…] l’umano non si considera separato dall’ humus, dalla terra e dall’universo. Egli è ciò che il libro della Genesi chiama un “Adamo”, un argilloso (da adanah: “argilla”)», p. 12

«Tutto ciò che facciamo alla più piccola delle cose, lo facciamo alla totalità; l’essere di cui non ci prendiamo cura è il nostro stesso corpo che viene trascurato», p. 55

Stesso Papa, nuova Enciclica

Con Fratelli, tutti, Papa Bergoglio sembra voler proseguire nell’insegnamento sul perché abbia scelto per sé il nome del santo assisiate e sulle di lui azioni che tutti, noi fratelli, dovremmo ripetere.  Prima la casa, con l’enciclica Laudato si’, poi i suoi abitanti, con la Fratelli, tutti; forse ci sarà un terzo capitolo, per completare un’altra «trinità»? Nell’attesa ci accompagnano le ispiranti parole di Leloup; anch’esse ci spronano ad agire, anch’esse si rifanno a Francesco di Assisi:

«L’universo si prende cura di noi e noi ci prendiamo cura dell’universo, non possiamo fare diversamente, se vogliamo umanamente e felicemente sopravvivere. La nostra carne è legata alla carne delle stelle, noi siamo terra, acqua, luce e coscienza inseparabili da tutta la creazione. […] Non si tratta di relazioni casuali […] ma fraterne, e allora si parlerà, come Francesco, di nostra “sorella madre terra, di nostro fratello sole, vento, di nostra sorella luna, acqua…», p. 55

«Rumi, Francesco, i saggi e i santi di tutti i tempi non avevano altra dimora in cielo e in terra che questo spazio-tempio in cui ora ci troviamo, lo spazio infinito del cuore, il cuore cosciente. Lo spazio-tempio, più profondo dello spazio-tempo, è al centro del giardino, il giardino della creazione dove l’aria, l’acqua, la terra, il fuoco, tutti gli elementi si mescolano gli uni agli altri. “Gli atomi ballano” […] Ma la domanda rimane: abbiamo occhi per vedere, orecchie per udire, mente per capire, cuore per amare, voce per dire, benedire, cantre, ringraziare, celebrare? Non è la luce che ci manca, sono gli occhi per vederla; non è la musica e il canto delle sfere che ci mancano, ma le orecchie per udire; non è il senso che ci manca, ma l’intelligenza per scoprirlo», pp. 51-52

Come bambini, meravigliamoci!

Leloup, ma non solo, ha già associato il bambino allo sciamano, nel loro comune modo di vedere le cose. Noi adulti «normali» invece, non più bambini e non ancora sciamani, non ci meravigliamo più, quindi guardiamo alle cose come niente fosse, quindi crediamo che «una cosa vale l’altra», con atteggiamento annoiato ormai crediamo di conoscere tutto, quindi di poterne disporre a nostro piacimento, tanto «abbiamo già visto», no? No. Ogni alba è una meraviglia, ogni fiore, ad ogni primavera, è una meraviglia, ogni oliva è un dono meraviglioso (e l’olio è davvero come oro), se guardiamo con occhi di bambino, se ci convertiamo:

«La ragione non si vende né si disprezza, la meraviglia non si acquista né si compra. […] In uno spirito “ecosofico” bisognerebbe allora tradurre: “esercita la tua ragione e va fino alla meraviglia», p. 35

«Esercita la tua fede, ma non fermarti in un’immagine, una rappresentazione, un’idea, un idolo di Dio, va fino all’invisibile, all’innominabile, all’irrappresentabile, all’inafferrabile; va alla meraviglia e fa di questa meraviglia la tua dimora, nella luce vedi La Luce…», p. 36

«È in questa coscienza che Yeshua ha voluto condurci quando sulle rive del lago ha detto ai suoi discepoli: metanoiete , che, invece che con “convertitevi”, deve essere tradotto più letteralmente con “passate oltre (meta) il mentale e vedete. Vedete il mondo come lo vede la pura coscienza. […] Mediante l’ecosofia dobbiamo riscoprire lo sguardo della Vita, della Coscienza infinita e dell’Amore incondizionato sul creato, riscoprire […] il cuore del cuore», p. 25

Francesco di Assisi e la «realtà aumentata»

Per spiegare meglio che la vocazione dell’uomo non è semplicemente di stare in piedi e andare in giro, calpestando tutto – anche i diritti degli altri fratelli, umani e non umani, alberi, piante e montagne – Leloup racconta con dovizia di particolari la vicenda delle droghe somministrate a Hitler e un po’ a tutto l’esercito tedesco durante la Seconda guerra mondiale*. Narra della «realtà aumentata» (artificialmente) che ha permesso le imprese impossibili di soldati e comandanti tedeschi durante il conflitto.

Dapprima si pone – e ci pone – qualche domanda sulla posizione eretta:

«Stare in posizione eretta, era questo il fine? L’antropogenesi si è completata con il sapiens sapiens o sapiens demens, come lo chiama Edgar Morin?», p. 39

Poi ci fornisce una possibile risposta, il suo personale punto di vista; la posizione eretta raggiunta dall’uomo va perfezionata, secondo Leloup:

«[…] l’uomo deve ancora alzare le braccia; in quella postura dell’orante che vediamo nelle catacombe di Roma […]. È attraverso la gioia e la grazia che fiorisce la nostra umanità “aumentata”, non con il dominio, l’appropriazione, lo sfruttamento della terra e dei suoi abitanti. Quando le braccia, l’intelligenza e il cuore non si levano più verso il cielo, quando l’essere umano perde il suo orientamento e la sua postura verticale, cioè la sua apertura alla trascendenza, il riconoscere che la vita gli è donata, che nulla gli è dovuto […] le braccia gli cadono, l’intelligenza comincia a strisciare […] l’amore per la vita si trasforma in pulsione di morte», pp. 43-44.

Pulsione di morte. Vero. Investigando sulla vicenda dei soldati tedeschi dopati si scopre che, oltre ad aumentare la resistenza, quelle droghe (in uso ancora oggi, con altri nomi) inibiscono i sentimenti tipicamente umani, il rispetto, la compassione. Al loro posto c’è indifferenza verso la propria e l’altrui sofferenza. L’uomo «aumentato» non sente più nulla, diventa un automa che combatte senza stancarsi, senza soffrire, senza provare compassione:

«È così che un leader depresso, un artista fallito e un esercito di uomini fragili sono riusciti a farci credere nell’onnipotenza della razza ariana», p. 41

Come contraltare, in degna chiusura del capitolo Francesco e i transumanesimi, l’autore narra un’altra vicenda, quella di Francesco d’Assisi, anch’egli bisognoso, anch’egli sofferente, anch’egli debole (come Hitler e le sue armate, drogati per continuare a stare in piedi, marciare e combattere). Ma invece di scappare dalle sofferenze, invece di cercare modi per non sentire la debolezza, Francesco, in punto di morte, scriverà il Cantico delle Creature, che Leloup posiziona qui, alla fine del capitolo, battezzandolo «cantico di Francesco» e riportandolo a p. 47 nella versione in italiano moderno.

Approfondiamo dunque?

Per rendere sempre più «profonda» la pratica dell’ecologia, avevamo già pubblicato altro materiale di riflessione. Qui alcuni links per accedere a recensioni passate che possono esserci sfuggite:


Nota

*Norman Ohler, High Hitler, Éditions La Découverte 2018.


 

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