Abbasso le armi! Un ritratto di Bertha von Suttner – Isabella Bresci

A volte il destino è clemente, come nel caso di Bertha von Suttner che dopo una vita passata a promuovere la causa della pace tra le nazioni, morì il 21 giugno 1914, cioè una settimana prima del fatale attentato di Sarajevo che diede inizio alla prima guerra mondiale. Fu una pioniera del movimento per la pace che ebbe origine verso la fine dell’Ottocento e fu la prima donna a ricevere il premio Nobel per la Pace nel 1905; se vi recate in Austria troverete il suo volto raffigurato sulla moneta da due euro.

In Italia pochi la conoscono, purtroppo, ma quest’anno si celebrano i cento anni dall’inizio della Prima Guerra Mondiale e la sua figura riemerge da quel passato che non è poi così lontano. Era di famiglia aristocratica, infatti il suo nome completo è Bertha Sophia Felicita dei conti Kinsky von Chinic und Tettau, però lei sentiva di non appartenere a quel mondo e infatti col tempo se ne allontanò per vivere del suo lavoro come istitutrice e segretaria. La vita degli anni della giovinezza le permisero in seguito di descrivere efficacemente quell’ambiente conservatore dove la carriera militare e la gloria delle medaglie era la massima aspirazione e un modo di avanzare nella scala sociale.

Bertha von Suttner fu una scrittrice prolifica ma il vero successo arrivò solo con il romanzo Abbasso le armi! uno straordinario documento storico attraverso il quale riuscì a diffondere efficacemente le idee pacifiste che le stavano a cuore. Il libro all’inizio trovò le solite resistenze alla pubblicazione da parte degli editori a causa delle idee rivoluzionarie che veicolava ma infine venne pubblicato a Dresda nel 1889 quando l’autrice aveva quarantasei anni e in seguito venne tradotto in circa venti lingue. La sua intuizione che un romanzo avvincente sarebbe stato sicuramente più efficace di un trattato per divulgare le sue idee, si rivelò corretta. Leggendo si è indotti a pensare che la protagonista Martha sia in realtà l’autrice, tanto la narrazione è intensa e realistica. Con un abile artificio narrativo scavalca i dubbi di proselitismo: «Non hai qualche timore? Si nota la tua intenzione e questo può irritare – fa dire al figlio della protagonista verso la fine del romanzo – Ciò può valere soltanto quando si intuisce che l’autore crede di poter tenere nascosta la sua intenzione con furbizia. Ma la mia è lì, chiara come la luce del sole; è già resa nota dalle tre parole del titolo. (…)».

Questo successo si spiega per vari motivi: prima di tutto il grande talento narrativo, la capacità di descrivere i caratteri e i sentimenti umani con notevole approfondimento psicologico unita alla conoscenza dettagliata della situazione politica. Le novità rappresentate dal romanzo erano innanzitutto il racconto della guerra dalla prospettiva di una donna e le descrizioni incredibilmente realistiche delle spaventose battaglie che nessuno aveva mai fatto. Il tema della pace, rivoluzionario per quell’epoca, riuscì a scuotere molte coscienze; il grande Tolstoj scrisse: «La pubblicazione del vostro libro è per me un buon segno. Il libro La capanna dello zio Tom ha contribuito all’abolizione della schiavitù. Dio faccia sì che il vostro libro serva allo stesso scopo per l’abolizione della guerra».

Il libro uscì in concomitanza con alcuni importanti eventi e questo favorì l’attenzione del pubblico verso di esso: l’Esposizione internazionale a Parigi, le celebrazioni per il centenario della Rivoluzione Francese ma soprattutto il Congresso Universale della Pace che diede modo di incontrarsi a tutti gli attivisti per la pace del mondo e ai parlamentari che costituirono l’Unione Interparlamentare. Il romanzo venne anche pubblicato a puntate sulla rivista «Varwarts» (Avanti), la von Suttner infatti simpatizzava per i socialisti perché il pacifismo era un punto importante del loro programma ma non aderì mai ad alcun partito politico perché la Lega per la Pace aveva come unico obiettivo la pace internazionale e Bertha era sicura che questa avrebbe alleviato la povertà e la tensione sociale, era infatti fermamente convinta che prima fosse indispensabile il disarmo e che le condizioni sociali sarebbero migliorate di conseguenza.

Il racconto non manca ogni tanto di punte di ironia e di sarcasmo, specialmente quando parla delle contraddizioni insite nei discorsi religiosi relativi alla protezione degli eserciti in guerra:

«(…) Non rimane che invocare la benedizione del cielo sui combattenti. Poiché questo è certo: al buon Dio deve interessare molto che il protocollo dell’8 maggio sia mantenuto e che la legge del 13 gennaio sia annullata. Egli deve guidare le cose in modo da fare sì che muoiano tanti uomini e brucino tanti villaggi quanti ne occorrono perché il ramo dei Gluckstadt o quello degli Augustenburg regni sopra questa piccola particella del globo terrestre. (…)».

Abbasso le armi! è un libro poco conosciuto in Italia; viene tradotto e pubblicato la prima volta nel 1897 dalla famosa Fratelli Treves Editori, e nel 1996 viene ripreso dal Centro Stampa Cavallermaggiore. Quest’anno, nell’anniversario della prima guerra mondiale, è stato ristampato e spero vivamente che venga riscoperto perché oltre a essere una lettura avvincente, ci rende consapevoli di come fosse terribile la guerra anche prima del Novecento: scontri tra eserciti fatti di feroci combattimenti sui campi di battaglia dove i feriti venivano abbandonati agonizzanti per giorni perché il servizio infermieristico era assolutamente inadeguato. Viene riportato che il Ministro francese delle Finanze Dunajewski nel 1890 disse: «Signori, prendetevi alcune ore di tempo per leggere Die Waffen nieder!. Vergogna a tutti quelli che, avendolo letto, si sentono ancora in grado di muovere guerra!».

Il romanzo è basato su approfondite ricerche di materiali e resoconti sulle atrocità della guerra, incontri avuti con generali, studio di cifre e bilanci dell’esercito e della Croce Rossa allora appena istituita. Questa ebbe un inizio travagliato per l’opposizione di molti e la von Suttner ne apprese i dettagli. Avviò quindi una corrispondenza col fondatore, lo svizzero Henri Dunant, che grazie alla sua influenza personale su Alfred Nobel, nel 1901 ottenne il Premio Nobel per la Pace.

Queste sue parole rendono bene l’idea del suo pensiero in proposito:

«(…) La cosa più stupefacente, a me sembra, è che gli uomini si possano mettere da soli, volontariamente, in uno stato simile; che gli uomini che hanno visto cose simili non cadano in ginocchio prestando il giuramento più appassionato di fare la guerra alla guerra e, se sono re o principi, non gettino via la loro spada e, se invece non hanno potere, non consacrino almeno la loro attività di parola, di penna, di pensiero, d’insegnamento e di azione ad uno scopo: abbasso le armi! (…)».

Come donna occupava una posizione privilegiata. Era accettata in un mondo di uomini, partecipava come gli uomini a molti eventi ufficiali, come la Conferenza de L’Aja, ove aveva lo status speciale di giornalista acquisito fondando la rivista «Die Waffen nieder!» (Abbasso le armi!) avente come scopo di appoggiare l’Unione Interparlamentare e i Congressi Universali della Pace. L’aver iniziato la sua carriera di pacifista al Campidoglio di Roma, prima donna ad aver tenuto un discorso, le conferì probabilmente grande coraggio e fiducia. Da quel momento diventò uno dei conferenzieri più famosi del suo tempo, riconosciuta come scrittrice di livello e leader pacifista. Ispirava rispetto e nessuno rimaneva indifferente perché aveva l’autorevolezza di chi lavora instancabilmente per un alto ideale. La stampa maschilista dell’epoca la deride con vignette satiriche ma lei non se ne cura e continua a dire: «(…) le donne non staranno zitte. Scriveremo, terremo discorsi, lavoreremo, agiremo. Le donne cambieranno la società e loro stesse (…)» e dopo il suo discorso in campidoglio l’ironia maschile si tramutò in ammirazione. Non aderì direttamente al movimento femminista ma lo seguì con interesse incoraggiandolo sempre.

E’ da poco stato tradotto e pubblicato da Moretti&Vitali il volume Alfred Nobel, Bertha von Suttner – Un’amicizia disvelata, il carteggio della corrispondenza tra i due dal 1883 al 1896 che ci permette di comprendere le circostanze e seguire i passi che avrebbero portato all’istituzione del premio Nobel per la pace. Bertha von Suttner ebbe frequenti contatti con Alfred Nobel, ma allo stesso tempo prese le distanze dalle sue teorie secondo le quali la pace doveva essere «armata». Nella complessa personalità di Alfred Nobel convivevano il chimico e il poeta, l’inventore della dinamite e il pacifista, il misantropo e l’amico fedele della von Suttner. La pace armata di Nobel implicava un potenziale di distruzione bellica che, se portava all’eliminazione degli eserciti, metteva però in pericolo tutta l’umanità e comportava uno spreco di risorse e di energie che si potevano utilizzare altrimenti. I quarantacinque anni di Guerra Fredda hanno tristemente dato ragione alla nostra autrice… La soluzione ipotizzata dalla von Suttner consisteva invece nel disarmo totale di tutte le nazioni e nell’istituzione di una «Corte d’Arbitrato» che risolvesse i conflitti internazionali facendo ricorso al diritto e non alla violenza; vi è stato un tentativo di realizzare questo con l’istituzione dell’ONU ma come è ormai evidente esso è miseramente fallito.

Curiosamente, uno dei pericoli per la pace, per la von Suttner consisteva nell’americanizzazione globale: «(…) un fenomeno ravvisato da alcuni dei nostri contemporanei più perspicaci. Qua lè la necessità per gli uni di essere assorbiti dagli altri? Non è meglio che le culture si compenetrino l’un l’altra e che si viva insieme dopo aver realizzato l’unità al maggior livello possibile? Questo è lo scopo della società umana che lavora per il progresso (…)». Fino alla fine continuò a viaggiare per diffondere la sua missione di pace, a scrivere e a tenere conferenze, anzi, col passare degli anni il suo impegno aumentò. Aveva compreso che era necessario convincere le classi dominanti a schierarsi per la pace, e sapeva che era necessario rivolgersi ai politici, quindi cercò di farsi ascoltare servendosi della sua influenza. Incontrò molti dei leader del suo tempo e per questo viaggiò moltissimo in Europa e negli Stati Uniti e molti compresero il suo messaggio. I risultati che ottenne però, purtroppo non furono sufficienti ad arrestare il nazionalismo estremo e l’aggressività delle politiche imperialiste che stavano aumentando in quel periodo e che sfociarono infine nella prima guerra mondiale. Forse per un presentimento, nell’ultimo periodo si sentiva più sfiduciata e pessimista perché non sentiva coinvolgimento da parte dei giovani e la situazione internazionale non sembrava migliorare.

Come si diceva all’inizio il destino le risparmiò di assistere all’ecatombe della prima guerra mondiale che vedrà l’utilizzo di molte armi nuove come la mitragliatrice, i gas, i carri armati e gli aerei e dove ci furono circa dieci milioni di morti tra i militari, circa sette tra civili in seguito a azioni militari e carestie e ventuno milioni di feriti. Dopo questa carneficina i suoi libri, i suoi appelli e il ricordo dei suoi sforzi caddero nell’oblio per lungo tempo come spazzati via dall’immane tragedia.

Il suo importante messaggio però era come un piccolo seme destinato a germogliare molto tempo dopo, come spesso accade nella storia dell’umanità, i tanti movimenti internazionali lo testimoniano anche se purtroppo la guerra, non solo esiste ma è diventata come si usa dire «diffusa» cioè globale, senza più un nemico facilmente individuabile perché messa in atto per accaparrarsi le risorse del pianeta e spesso portata avanti da bande di mercenari assoldati dalle varie potenze.

«(…) Ogni guerra, qualunque sia il suo esito, contiene sempre il germe di una guerra successiva. Ed è più che naturale. Un atto di prepotenza offende sempre qualche diritto. L’offeso fa valere presto o tardi le sue ragioni e allora il nuovo conflitto viene risolto da una nuova prepotenza, gravida di ingiustizie, e così di seguito senza fine. (…)».

Cosa direbbe oggi, a noi contemporanei, Bertha von Suttner? Molto probabilmente ci spronerebbe dicendo: «Non arrendetevi mai e lavorate per diffondere e realizzare l’ideale della Pace!».

Il suo messaggio è più attuale che mai.

Bertha von Suttner (Praga, 9 giugno 1843 – Vienna, 21 giugno 1914)

3 commenti
  1. Carla
    Carla dice:

    Grazie, grazie e grazie per questa meravigliosa testimonianza….da anni ammiro Bertha…come madre, sorella, maestra, guerriera e portatrice di luce…di "un pane di luce per il mondo"..
    Grazie!
    Carla

    Rispondi
  2. Suela
    Suela dice:

    Grazie! Sto scrivendo una relazione sulla Pace, ho conosciuto Bertha di recente solo perché mi ha colpito da subito al Centro Nobel per la Pace di Oslo, ho scritto subito su Abbasso le Armi di lei! ??

    Rispondi

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