I CAMPI DI STERMINIO IN CAMBOGIA E LO STATO DI DIRITTO – Johan Galtung

In questo paese ci sono molti luoghi del genere trattati estremamente male dalla storia. Un’enormità di violenza strutturale da parte di Phnom Penh sulla campagna circostante per secoli, legittimata da un sistema di caste hindu, ammorbidito da un buddhismo che alla fine divenne religione di stato. Invasioni e occupazioni thai e vietnamite. Colonialismo francese (come parte dell’Indocina) nel 1863, 1884, dal 1904 al 1953, che utilizzava i vietnamiti come burocrati a Phnom Penh, fomentando l’odio.
Occupazione giapponese dal 1941 al 1945. La guerra USA/Viêt Nam, 1961-75, che debordò con bombardamenti sulla Cambogia nel 1972-73 più intensi di quelli sul Giappone durante la guerra del Pacifico nel 1942-45, diretti da Phnom Penh (ambasciata USA-regime di Lon Nol; 600.000 è una stima del numero di vittime; questo fu secondo la CIA–e secondo William Shawcross nel suo libro del 1979 (Sideshow : Kissinger, Nixon and the destruction of Cambodia, London, Andre Deutsch, ndT)- un fattore primario dell’atrocità successiva). I khmer rossi svuotarono Phnom Penh, costringendo gli abitanti al lavoro forzato, affamandoli, torturandoli per confessioni fasulle, e uccisero 1.700.000 cambogiani, vietnamiti e cinesi fra il 1975 e il 1979.
Il Viêt Nam invase il paese, cacciò i khmer rossi, e occupò il paese dal 1979 al 1989; anni in cui USA-NATO-Lon Nol-Singapore-Malaysia-Thailandia-Cina-Khmer Rossi erano allineati contro Viêt Nam-URSS. Ne risultò che USA, UK e paesi NATO (come la Norvegia) sostennero i khmer rossi prima, durante e dopo il loro dominio, secondo la logica della guerra fredda.
Di tutte queste atrocità dal tribunale ONU-Cambogiano, ECCC (Extraordinary Chambers in the Courts of Cambodia, Camere Straordinarie nei tribunali della Cambogia), per la giustizia punitiva sono stati scelti i khmer rossi, mentre Kissinger non è fra gli imputati. Il Cambodia Daily riferiva l’8 maggio 2009 che “L’ambasciata giapponese disse mercoledì che in mattinata si era tenuto un raduno informale di donatori al tribunale per i khmer rossi all’ambasciata francese”.
Meglio stare dalla parte dei giudici che venir giudicati. Date le enormi atrocità, sia fatta giustizia punitiva. Ma senza aspettarsi alcuna riconciliazione, o senso di conclusione e guarigione quando i cinque o sei anziani capi khmer rossi ancora in vita saranno condannati.
I cambogiani conoscono tutta la complessa realtà meglio degli stranieri che si servono di uno per nascondere tutti gli altri; con una procedura processuale preferita dalle potenze dominanti. Sarebbe stato ben più significativo un processo in stile Verità e Riconciliazione sudafricano o un confronto in stile ga-ca-ca  ruandese, o un ho’o pono pono polinesiano per una giustizia riparatoria, o un approccio da manuale in stile tedesco scritto dalle vittime e dagli accusati a spiegazione dei propri angoli visuali, non da parte di giudici auto-nominati con legni storti da raddrizzare.
Inoltre immaginiamo, immaginiamo solo, le élite di Phnom Penh, francesi, giapponesi, USA, cinesi scusarsi per aver sfruttato i contadini cambogiani, uccidendoli in vario modo, ingannandoli politicamente e/o invadendoli culturalmente. Immaginiamo un monumento dedicato a tutte le vittime di tali atrocità, di tutti questi atti di commissione nonché quelli di omissione lasciando che tutto avvenisse, compreso il sostegno anti-vietnamita ai khmer rossi.
Immaginiamo un memoriale, un museo della pace, dedicato al passato e più ancora al futuro, dove i comuni cittadini possano articolare sogni e speranze per una migliore distribuzione città-campagna e una pace sostenibile con i vicini; con un rapporto cooperativo più razionale, dal delta del Mekong, verso il Viêt Nam.
Non impossibile in una città dove il fiume scorre in tutti e due i sensi, dove il boulevard Mao Zedong incrocia la Eisenhower Avenue e l’avenue Charles de Gaulle, e dove è successo che avversari elettorali ottenessero ciascuno un primo ministro e un ministro nei rispettivi ministeri. Quel che serve di più è un processo teso a una riconciliazione olistica, e un futuro d’equità fra città e campagna. Quest’ultimo, estremamente improbabile.
Il fiume Mekong scorre da Phnom Penh sino al Viêt Nam e il giornale già citato riferiva che il 97enne generale Vo Nguyen Giap, forse il maggior genio militare del secolo scorso, è stato celebrato per la sua vittoria sull’imperialismo francese di 55 anni fa; e sull’imperialismo USA, altra atrocità, di 24 anni fa, il 30 aprile. Niente Tribunale ONU per quelli.
E qui interviene lo stato di diritto, basato su lodevolissimi principi, come niente punizione se non in seguito a una sentenza, niente condanna se non secondo la legge, niente legge retroattiva, e sempre audiatur et altera pars pro et contra dicere ascoltare l’altra campana.
Ma c’è poi un quinto principio, molto più problematico in pratica: uguaglianza davanti alla legge. Per lo stesso delitto la stessa legge e la stessa sentenza. Così, ci fu genocidio in Indonesia solo dieci anni prima del genocidio khmer-rosso, anti-comunista, anti-cinese, a servizio degli interessi USA. Dov’è il tribunale ONU? E gli USA hanno attuato per anni la loro tortura in giro per il mondo per ottenere confessioni, probabilmente inducendo un numero (finora) ignoto di torturati a “confessare” qualunque cosa per far cessare il dolore, con numeri (finora) ignoto di persone che finivano “eliminate” comunque. Dov’è il tribunale ONU, invece di una discussione contorta in USA sui pro e contro delle commissioni per la verità e dei processi legali rispetto al “guardare avanti non indietro” dove il vero problema sotto lo stato di diritto sarebbe come internazionalizzare il tema. La tortura è un crimine perseguibile a prescindere da dove e chi, che è la ragione per cui il giudice spagnolo Balthasar Garzón sta trascinando sospetti torturatori americani in giudizio.
E abbiamo la Corte Penale Internazionale (ICC) affinché lo stato di diritto penetri oltre i confini degli stati e s’impossessi di coloro accusati di genocidio e tortura, crimini contro l’umanità e la pace, indipendentemente dal chi e dal dove. Come gli USA hanno preteso, e ottenuto, l’accettazione del loro solito eccezionalismo è un triste capitolo della storia contemporanea.
Ma alla loro mancata ratifica si sono uniti Israele e l’Iraq, la Russia e la Cina e l’India – le ultime due in procinto di diventare grandi potenze. Per come si prospetta adesso l’ICC è in pratica un tribunale situato nei Paesi Bassi che si limita a giudicare leader politici africani, assomigliando a una continuazione del Sud Africa prima della liberazione.
Stato di diritto? Come parodia, sì, come farsa. Ma lungi dalla realtà.

da Phnom Penh – 11.05.09
Traduzione di Miky Lanza per il Centro Sereno Regis
Titolo originale: CAMBODIA’S KILLING FIELDS AND THE RULE OF LAW
http://www.transcend.org/tms/article_detail.php?article_id=1222