Terra bruciata. Oltre l’era digitale verso un mondo postcapitalista

Isabella Bresci

Jonathan Crary, Terra bruciata. Oltre l’era digitale verso un mondo postcapitalista, Meltemi, Milano 2023, pp. 142, € 14,00

Terra bruciataUn libro per cuori forti

Non è una lettura che concilia il sonno: quello notturno e quello della Ragione. È ironico che il titolo di Jonathan Crary precedente a questo sia: 24/7. Il capitalismo all’assalto del sonno (2015) che parla di come i ritmi sonno-veglia siano stati alterati pesantemente dal mondo moderno e di quanto questa cronica «insonnia» globale venga perpetrata con l’avvento di internet.

La tesi di questo nuovo libro è nelle prime righe:

«Se mai sul nostro pianeta avremo ancora un futuro vivibile e condiviso, si tratterà di un futuro offline, slegato dai devastanti meccanismi e sistemi del capitalismo 24/7. Qualsiasi cosa sia ciò che rimarrà del mondo, la rete, nel modo in cui la viviamo oggi, sarà diventata una parte marginale e fatiscente delle rovine sulle quali avranno potuto eventualmente edificarsi nuove comunità e nuovi progetti interumani. Se saremo fortunati, una breve epoca digitale sarà stata superata da una cultura materiale ibrida basata su vecchie e nuove modalità di vivere a lavorare in modo cooperativo. […]».

L’autore

Jonathan Crary, 72 anni, insegna Modern Art and Theory alla Columbia University, quindi non è un sociologo né un tecnico ma un critico d’arte. Infatti personalmente ho saputo dell’uscita di questo libro leggendo una recensione dal magazine «Artribune». Crary passa in rassegna gli aspetti della vita, praticamente tutti, che il capitalismo e il neocapitalismo hanno alterato in senso negativo, pervasivo e apparentemente irreversibile.

È proprio rispetto all’irreversibilità che questa lettura sfida il nostro pensiero e auspica un cambio radicale di atteggiamento e di azione. Forte di una poderosa ricerca documentale Crary cita moltissimi autori e ricercatori del passato e del presente che mettono in guardia dai danni di questo sistema globale che noi tutti diamo ormai per scontato.

Le analisi

Per far funzionare la rete internet 24 ore al giorno 7 giorni su 7, occorrono enormi server energivori che si stanno moltiplicando esponenzialmente. Una proiezione citata dall’autore attesta che se questo trend andasse avanti così, fra 50 anni si riempirebbe di server un territorio vasto come gli Stati Uniti. Ecco in cosa consiste nella realtà materiale lo spazio «virtuale» al quale ci si riferisce col gentile nome inglese di cloud, nuvola.

Vien da obiettare che internet ha permesso collegamenti prima inimmaginabili fra persone, velocità di interazione in caso di emergenza e ricerca, amicizie ritrovate, vite salvate,  ecc… ma l’autore ribatte:

«[…] Tutti i suoi propagandati benefici sono resi irrilevanti o secondari dai suoi impatti lesivi e “sociocidi” che a loro volta fanno sì che si continui a mettere in pericolo la nostra vita sul pianeta, senza una ribellione di massa; insomma, un circolo vizioso letale.

[…] L’avvento del 5G segnala questa stessa insignificanza nella schiacciante preponderanza dei flussi di dati fra “cose” piuttosto che nella comunicazione tra persone».

Avendo vissuto abbastanza per poter testimoniare le grandi ribellioni al sistema capitalistico degli anni Sessanta, Crary evidenzia l’attuale adeguamento da parte dei giovani evidenziandone la causa nella socialità ridotta al minimo e nell’isolamento.

«[…] Il complesso di internet è divenuto rapidamente parte integrante dell’austerità neoliberale, nella sua costante erosione della società civile e nella sostituzione delle relazioni sociali con dei loro simulacri online monetizzati. Esso promuove la convinzione di non essere più dipendenti gli uni dagli altri, l’idea per la quale siamo amministratori autonomi delle nostre vite, che possiamo gestire le nostre amicizie nella stessa maniera in cui gestiamo i nostri conti online. Intensifica inoltre ciò che la teorica sociale Elena Pulcini, ha definito “apatia narcisistica” di individui svuotati del desiderio per la comunità, che vivono nella passiva conformità all’ordine sociale esistente»*.

«[…] Nel corso degli ultimi due decenni, i giovani sono stati distolti dall’azione politica per diventare la fascia verso la quale le richieste di conformismo tecnologico e consumistico si sono fatte più spietate»

«[…] A partire dalla metà degli anni ’90, il complesso di internet è stato promosso come intrinsecamente democratico, decentrato e antigerarchico. […] Vi fu una breve fase di entusiasmo ingenuo simile alle speranze irrealizzate dalla diffusa disponibilità della tv via cavo negli anni ’70. […] Nella realtà internet si è rivelato essere un complesso di assetti che impediscono o bloccano anche l’emergere provvisorio di un’organizzazione e di un’azione antisistemica prolungata […]»

L’autore cita le

«[…] rivoluzioni colorate, le marce per il clima e le politiche dell’identità per le quali la rete ha funzionato strumentalmente per trasmettere informazioni ad un gran numero di riceventi e aiutare la mobilitazione a breve termine su singoli temi».

Ma continua scrivendo e ribadendo il concetto enunciato già in quarta di copertina:

«[…] Di fatto, in nessun altro ambito il complesso di internet è stato impiegato con meno successo che in quello della promozione anticapitalistica e antibellica. […] L’isolamento che produce diventa un incubatore di particolarismo, razzismo e neofascismo. […] La verità è inconfutabile: nei social media non esiste alcun soggetto rivoluzionario. La sconfitta sta nell’assurdità di voler perseguire il cambiamento sistemico attraverso quegli stessi apparati che garantiscono la sottomissione a concessioni e regole imposte da chi è al potere».

Anche l’«Economia Green» ha già svelato contraddizioni e inganni. La cosa paradossale è che ormai tutti siamo consapevoli dei danni al pianeta e molti cercano nel loro piccolo di limitare i consumi e inquinare meno adottando stili di vita più sobri, ma nel frattempo grandi società continuano a costruire giganti navi da crociera i cui gruppi elettrogeni non si spengono mai, i capitalisti multimiliardari mandano in orbita «costellazioni di satelliti» per raggiungere i due miliardi di persone ancora senza connessione perché tutti, ma proprio tutti, «devono» poter godere di questo grande privilegio… Continuano i deforestamenti per nuovi allevamenti intensivi, i supermercati sono ancora stracolmi di contenitori di plastica ecc., ecc., ecc… Alcune tecnologie per limitare il consumo di energia (luci a LED) o per uso medico (laser), hanno origine militare e vengono utilizzate per nuove e più precise armi o per nuove forme di identificazione biometrica.

Torna in mente la canzone di Giorgio Gaber L’obeso [2001, NdR], sarcastica e terribile metafora dell’«homo consumens» e del capitalismo che tutto divora e trasforma in merce.

Consiglio la lettura di questo libro? Assolutamente sì perché svela i particolari del criminale occultamento della devastazione in atto.

Bisognerebbe però allegare un bugiardino con le avvertenze:

  • Non assumere prima di coricarsi, può indurre insonnia
  • Assumere a piccole dosi, può indurre depressione
  • Dopo l’assunzione ricordarsi di alimentare il proprio sogno di un mondo migliore ed essere coerenti con esso.

I vegetariani non si sono arresi negli anni Settanta quando venivano ridicolizzati dalla massa. Ora in ogni città ci sono ristoranti e negozi per vegetariani e vegani. Questo per merito di tutti quegli individui che hanno continuato imperterriti a «nuotare controcorrente».

Non c’è altro da fare.


NOTA

* L’individuo senza passioni. Individuo moderno e perdita del legame sociale, Bollati Boringhieri, Torino 2001, pp. 168-173


 

 

 

 

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