Si produce cibo sufficiente per una popolazione di 10 miliardi di persone e ciononostante non si è in grado di eliminare la fame – Eric Holt-Gimenez

Una nuova ricerca dall’Università McGill e dall’Università del Minnesota pubblicata nella rivista Nature ha messo a confronto le rese da produzione biologica e da quella convenzionale presentate in 66 ricerche e oltre 300 prove sperimentali. I ricercatori hanno trovato che in media, i sistemi di coltivazione convenzionali superano di oltre il 25% i sistemi biologici- per lo più sui cereali e in relazione alle condizioni di coltivazione.

Sposando una posizione di comune saggezza, gli autori sostengono una combinazione di agricoltura convenzionale e biologica per far fronte “alla duplice sfida di avere cibo per una crescente popolazione, con una domanda crescente per diete carnee e maggior valore calorico, ed allo stesso tempo minimizzare gli impatti ambientali globali”.

Sfortunatamente, né la ricerca né la saggezza convenzionale si riferiscono alle cause reali della fame. La Fame è causata dalla povertà e dalle diseguaglianze e non dalla scarsità. Nelle ultime due decadi, la produzione alimentare globale è cresciuta ad un tasso più elevato del tasso di crescita della popolazione mondiale. Il mondo produce già più di una volta e mezza di cibo sufficiente per ciascuna persona nel pianeta. Questo è sufficiente per dare da mangiare a 10 miliardi di persone, la popolazione prevista per il 2050.Ma le persone che guadagnano meno di 2 dollari al giorno- la maggioranza delle quali sono contadini molto poveri di risorse, che coltivano piccole parcelle di terra- non si possono permettere di comprare questo cibo.

In realtà, il grosso delle colture cerealicole prodotto industrialmente è destinato ai bio-carburanti e agli allevamenti industriali (feedlots) piuttosto che ad alimentare il miliardo degli affamati. La raccomandazione di raddoppiare la produzione di cibo per il 2050 si applicherebbe solo se si continua a dare priorità alla crescente popolazione di bestiame e alle automobili piuttosto che alla gente affamata.

Ma che dire della contestata “ differenza nelle rese unitarie” fra agricultura convenzionale e biologica?

Veramente, ciò che questo nuovo studio ci dice è quanto molto più piccola è la differenza fra biologico e convenzionale di quanto I critici dell’agricoltura biologica avevano supposto. Infatti, per molte colture e in molti casi la differenza è minima. Con I nuovi progressi nell’incrocio delle sementi per sistemi biologici. E con transizione da aziende biologiche di tipo industriale a sistemi diversificati di agricoltura che hanno mostrato di ottenere rese ancor più alte, questa differenza nelle rese unitarie finirà per essere annullata.

Rodale, lo studio più lungo di confronto fra metodi di agricoltura chimica convenzionale con metodi biologici (datato adesso di 47 anni) ha dato risultati che mostrano che le rese di coltivazioni biologiche sono pari a quelle dell’agricoltura convenzionale nelle annate buone, ma che sono decisamente superiori in condizioni di siccità e sofferenza ambientale- una proprietà importante poiché il cambiamento climatico ci riserva condizioni climatiche estreme. Inoltre, le pratiche agro ecologiche ( sostanzialmente, coltivando come un ecosistema diversificato) offre una più alta resistenza a eventi climatici estremi che si traducono in più bassa vulnerabilità e più alta sostenibilità nel lungo periodo.

L’articolo di Nature ha esaminato le rese unitarie in termini di tonnellate per acro e non ha esaminato l’efficienza ( ad es. le rese per unità di acqua o energia utilizzata) e neppure esternalità ambientali ( ad es. I costi di produzione ambientali in termini di emissione di gas serra, l’erosione dei suoli, la perdità di biodiversità, etc.) e si dimentica di dire che la ricerca per l’agricoltura convenzionale ha goduto di 50 anni di massiccio appoggio finanziario privato e pubblico per il miglioramento genetico delle colture, rendendo il finanziamento per l’agricoltura biologica rispetto a quella convenzionale ad un rapporto di 99 a 1.

I rendimenti più alti dei metodi convenzionali rispetto a quelli biologici possono reggere se fatti in aziende che siano ambedue essenzialmente monoculturali. Questo confronto ingannevole mette l’agricoltura biologica come un uomo di paglia che facilmente viene abbattuto dai suoi avversari convenzionali. Mentre raramente viene ricordato che metà del cibo del mondo è prodotto da 1 miliardo e mezzo di contadini che lavorano su piccoli appezzamenti nei quali monocolture di qualsiasi tipo sono insostenibili.

Coltivazioni diversificate su base non industriale sono migliori quando si tratta di produrre diete bilanciate e ridurre i rischi di perdite, e possono prosperare senza i prodotti chimici

I metodi agroecologici che esaltano una ricca diversità di colture nel tempo e nello spazio conservano i suoli e l’acqua e hanno dato prova di dare evidenti e sostenibili risultati in tempi rapidi. In zone dove i suoli siano già stati degradati dai “pacchetti” di agricoltura chimica convenzionale, i metodi agro ecologici possono aumentare la produttività del 100-300 percento.

Questa è la ragione per cui il Relatore Speciale sul diritto al cibo delle Nazioni Unite ha presentato un rapporto in cui si raccomandano riforme strutturali e una cambiamento di paradigma a favore dell’agroecologia. E’ questa la ragione per cui 400 esperti incaricati per la Valutazione Internazionale sull’agricoltura ,la scienza e la tecnologia per lo sviluppo (International Assessment on Agriculture, Science and Knowledge for Development (IAASTD 2008) ha concluso che l’agroecologia e le economie alimentari su base locale ( piuttosto che il mercato globale) sono le migliori strategie per combattere la povertà e la fame.

Aumentare la produttività per contadini poveri di risorse è una parte della strategia per porre fine alla fame, ma come questo viene fatto –e se questi contadini possano avere accesso a più terra— farà una grande differenza nel combattere la povertà e nell’assicurare una vita sostenibile. I metodi convenzionali già impiegati per decadi dagli agricoltori poveri hanno registrato magri risultati in proposito.

Potrebbe l’agricoltura convenzionale produrre quanto è necessario per alimentare 10 milioni di persone nel 2050? Tenendo conto del cambiamento climatico, la risposta è un insostenibile “ può darsi”. La domanda è: a quale costo sociale e ambientale? Per eliminare la fame occorre eliminare la povertà e le ineguaglianze. Per questa sfida i metodi agro ecologici e le riforme strutturali, che assicurino ai contadini poveri la terra e le risorse di cui hanno bisogno per una vita sostenibile , sono sicuramente la migliore strategia.

2 maggio 2012, Huffington Post Social Reading

26 giugno 2012, Traduzione italiana di Giorgio Cingolani per il Centro Studi Sereno Regis

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