“Israele ha il diritto di difendersi”. Che cosa significa veramente?

Robert C. Koehler

Se Israele vuole essere sicuro e protetto, il primo passo – Kamala, sono certo che lo sai – è valutare i palestinesi come esseri umani a tutti gli effetti, parlare con loro e ascoltarli.

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“Come ho detto allora, lo dico oggi, Israele ha il diritto di difendersi”. Questo è il militarismo fissato nella pietra. Le parole sono quelle del Vicepresidente degli Stati Uniti Kamala Harris, ovviamente, nella sua ampia intervista alla CNN della scorsa settimana – parole veloci che guidano la carica e sputano gloria, non importa quanto siano palesemente false.

A proposito: “Troppi palestinesi innocenti sono stati uccisi”.

Ha dovuto aggiungere una vaga e paradossale empatia, a quanto pare, solo perché la nazione che spera di guidare – USA! USA! – sta crescendo, almeno un po’, e un certo (scomodo) segmento dei suoi elettori ora mantiene lo scetticismo sull’efficacia, per non parlare della sanità morale, del militarismo. La Harris, ahimè, non aveva intenzione di affrontare la questione con intelligenza, né i media l’hanno spinta a farlo: Che cosa significa, infatti, autodifesa? Richiede sempre, indiscutibilmente, la violenza?

La violenza in Palestina – a Gaza e anche in Cisgiordania – continua, a che scopo? Nulla di ciò che scrivo qui è nuovo, ma ciò che voglio fare è spingere la questione oltre il regno della gloriosa astrazione certificata dai media. Israele ha il diritto di difendersi. Come si presenta in realtà questa situazione? Ecco un breve esempio recente dal sito Drop Site:

Per quasi una settimana, l’esercito israeliano ha assediato gli ospedali di Jenin e di altre città nella parte settentrionale della Cisgiordania occupata, limitando gravemente l’accesso alle cure mediche, prendendo di mira gli operatori sanitari e le ambulanze e tagliando l’acqua e l’elettricità, nell’ambito di una massiccia offensiva militare nella Cisgiordania occupata, la più grande operazione nel territorio palestinese in oltre due decenni.

…La mossa rispecchia le tattiche dell’esercito israeliano a Gaza, dove ogni ospedale è stato preso di mira e solo una parte è parzialmente funzionante, lasciando il sistema sanitario in rovina.

La Mezzaluna Rossa della Palestina ha rilevato che le truppe israeliane hanno “preso di mira direttamente” le ambulanze, ferendo due operatori sanitari e un medico volontario. Alle nostre squadre è stato impedito di trasportare diversi feriti, pazienti, anziani affetti da malattie croniche e donne in travaglio”. L’ulteriore emarginazione di comunità già vulnerabili rende l’area inabitabile”.

Ma Israele ha il diritto di difendersi! Immaginate se i media mainstream si rifiutassero di raccontare la guerra – la “legittima difesa” – come un’astrazione, soprattutto quando vengono presi di mira ospedali, ambulanze e campi profughi. Anche se c’è una giustificazione di qualche tipo per una particolare azione, questa è l’immagine dell’autodifesa. Il vero giornalismo non si disinteressa di questo aspetto.

Né toglierà gli eventi dal loro contesto allo scopo di creare una narrazione “buoni/cattivi”. Forse creare una tale narrazione fa parte del gioco della politica, ma il giornalismo onesto rifiuta di sottomettersi ad essa. Per esempio, come si legge sul sito web Decolonize Palestine:

L’inquadramento è importante. Essere in grado di dettare la narrazione, di avere la libertà di spiegare gli eventi in un modo che sia compatibile con la propria visione del mondo, può essere uno strumento incredibilmente potente. Come hanno dimostrato molti studi, nei media statunitensi è stato empiricamente dimostrato un pregiudizio verso la narrazione sionista e israeliana. Ciò significa che gli israeliani hanno avuto enormi vantaggi nell’inquadrare ciò che sta accadendo in Palestina.

In altre parole, l’attacco di Hamas del 7 ottobre è un fatto a sé stante: uno scioccante atto di barbara violenza perpetrato (senza alcuna ragione se non l’odio) su israeliani innocenti. Ma in realtà, per quanto orribile, l’atto è avvenuto in un contesto: sette decenni di occupazione israeliana, Gaza trasformata in un campo di concentramento a cielo aperto, palestinesi che vivono senza libertà e dignità.

Ignorare questo è l’equivalente, diciamo, di un brutale attacco indiano costruito da Hollywood contro una carovana di coloni americani. I bianchi sono le vittime! Hanno il diritto di difendersi.

Ma questo è solo il punto di partenza. Il giornalismo dovrebbe dire la verità al potere. È facile dirlo, ma la verità non è necessariamente semplice, tanto meno semplicistica.

Israele ha il diritto di difendersi. Permettetemi di concordare con l’aspirante Presidente Harris. Sì, Israele ha il diritto di difendersi. Ma cosa significa in realtà? L’autodifesa è molto, molto di più di uno stallo tra noi e loro. Se Israele vuole essere sicuro e protetto, il primo passo – Kamala, sono certo che lo sai – è valutare i palestinesi come esseri umani a tutti gli effetti, parlare con loro e ascoltarli. E naturalmente questa verità va in tutte le direzioni.

Chiunque non ne sia consapevole è… profondamente ignorante? O intendo semplicemente una parte della base elettorale di entrambi i partiti? Ascolto Harris dichiarare trionfalmente che gli Stati Uniti hanno la forza militare più letale del pianeta, seguito da un applauso risonante degli elettori, e tutto suona falso come la peggiore sceneggiatura cinematografica che possa immaginare. Ma a quanto pare rimaniamo intrappolati nel nostro budget militare.

Come ho scritto qualche mese fa: “Non entreremo nel futuro con la mente chiusa. Non troveremo la sicurezza, non ci evolveremo, se sceglieremo di rimanere asserviti al pensiero lineare “noi contro loro”. Non diventeremo pienamente noi stessi né avremo accesso alla nostra coscienza umana collettiva se sceglieremo di rimanere ingabbiati nella nostra giusta certezza”.

E sì, Israele ha il diritto di difendersi. Così come la Palestina. E anche tutti noi: abbiamo il diritto di difenderci dal nostro stesso militarismo.


Fonte: Common Dreams,

https://www.commondreams.org/opinion/israel-right-to-defend-itself

Traduzione di Enzo Gargano per il Centro Studi Sereno Regis


 

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