Spiare per gli USA – e per la pace

Johan Galtung

The Washington Post ha pubblicato il 19 luglio 2010 un articolo di Dana Priest e William Arkin sull’immensa “impresa di sicurezza nazionale” USA. E il 26 luglio è arrivata la lungamente attesa “massima spifferata nella storia militare USA” – sul Guardian come “Afghanistan-i diari di guerra”, sull’International Herald Tribune come “La guerra afghana, nuda e cruda”, e su Der Spiegel come “Verbali di una guerra“-“Gli spifferatori – WikiLeaks: una benedizione o una dannazione per la democrazia?”– dal sito web wikileaks.org. Cosa significa, quindi, spiare per gli USA – e per la pace?

854,000 cittadini USA hanno un’autorizzazione di massima segretezza, un’attribuzione equivoca in uno stato uccisore. 2.000 agenzie private + 1.270 enti pubblici raccolgono informazioni in 10.000 posti. Non lo sanno con precisione neppure loro e qualunque coincidenza con la verità sarebbe appunto una (mera) coincidenza, per questa cancerosa patologia sociale.

Arkin e Priest dubitano della propria capacità di elaborazione dei xilioni di singole informazioni che ne alimentano e ledono il meccanismo. Io punterei l’indice sulla teoria che ci sta dietro, non solo la mancanza di teoria, ma su una teoria quanto mai sballata, come dimostrato dagli importanti avvenimenti che non si è stati in grado di predire (lo Sputnik, il muro di Berlino, la crisi petroliera, la caduta del muro di Berlino, la fine della guerra fredda, lo sfacelo di Wall Street [nel 2008], e così via).

Il che mi ricorda di quanto sentii a Tehran nel 1976 da un altolocato nel sistema locale di controspionaggio:

Le spie USA badavano al materiale militare, erano affidabili nel registrare posizione, velocità e potenziale di qualunque cosa mobile; ma erano molto deboli in “humint” (intelligence del fattore umano). I sovietici badavano alla “socint”[intelligence sociale], registrando scioperi e conflitti in generale per predire meglio l’inevitabile crollo del capitalismo. E i cinesi? Ritagliavano giornali per seguire le contraddizioni in una società all’insegna dello zoroastrismo e del capitalismo occidentale, ed erano numerosi. E così l’indovinarono i cinesi, a costo molto basso.

Non può essere facile per qualunque agente segreto accostarsi abbastanza alla genuina motivazione dei “taliban” disposti a dar la vita per l’islam contro il laicismo, contro Karzai, la sua Kabul, qualunque intrusione straniera. Combattono con i mezzi disponibili, ma credendo alla propria lotta, al contrario di molti soldati USA, che per ragioni imperscrutabili si suicidano, disertano, e spifferano segreti: forse piuttosto di morire in una guerra per basi militari, oleodotti e minerali per un impero morente, abbarbicato all’assurdità di Halford Mackinder di gestire il mondo dall’Asia Centrale. Una loro tragica attribuzione?

Come può la verità trovare un varco fra scempiaggini come “l’11 settembre dovuto all’invidia per la libertà e democrazia USA”? Forse la guerra gli ha fatto assaporare un po’ di quella “libertà” – uccidere – e “democrazia”, nascondere/mistificare? Al punto che preferiscano che l’Afghanistan non sia clonato dagli USA?

Julian Assange, il Daniel Ellsberg della guerra d’Afghanistan, e i suoi collaboratori trovano un varco a un po’ di verità. Ci sono differenze fra le guerre, ma non così importanti, come ha fatto notare Dan [Ellsberg/Schmitt] nella trasmissione CNN Larry King dal vivo il 27 luglio. Ovviamente, svelare 92.000 documenti – solo il campo base rispetto alla montagna di documenti ‘contrabbandati’, secondo il collega tedesco di Julian, Daniel Schmitt – fa sfigurare il fotocopiatore di Ellsberg. Il problema è come discernere il grano dal loglio, come le falsità disposte a mo’ di trappola da CIA-Pentagon. Ma Julian pare averne il timone secondo l’intervista a Der Spiegel.

Finora la reazione del Pentagono e di Obama è “nulla di nuovo”, e “ciò può mettere a rischio le forze alleate”, punto che indice che invece c’è qualcosa di nuovo, nei particolari, pur essendo scrupolosamente evitati i nomi concreti. Il problema non è chi abbia commesso, ma che cosa. E l’impressione è di una guerra con un impressionante spargimento di sangue a senso unico e uno sgocciolio nell’altro senso, combattendo gli alleati da ben protetti codardi, da nove anni finora e più lontani che mai da ogni “vittoria”, non sapendo neppure come potrebbe essere una vittoria.

Qual è lo stato di quello straripante meccanismo di sicurezza USA quand’è possibile uno svelamento di tali dimensioni? Il paese è in grado di combattere quella guerra, o una qualunque guerra? Ha un qualche senso esserne alleato con quell’incompetenza in cima alla catena di comando, esecuzione, e segretezza? Quanto ingenuo o disinformato dev’essere un paese per avallare un esercizio di tale genere? Lo si sarebbe approvato si fosse trattato di affari gestiti da un amministratore delegato e un consiglio d’amministrazione di qualità così dubbia?

Saranno queste le domande sussurrate nei ministeri della guerra della coalizione dei volonterosi; sfogliando al tempo stesso i documenti in cerca di qualcosa che hanno nascosto alle proprie rispettive popolazioni, in nervosa attesa del prossimo svelamento.  L’impatto maggiore sarà sulla pubblica opinione dei paesi belligeranti. Sentire e leggere di “assassinio collaterale” fa sembrare tutta quanta l’ISAF, o la NATO per quello, una “Assassinii, Spa.

Ciò non porrà fine alla guerra immediatamente, anche se Obama avrebbe potuto assurgere alla fama eterna se avesse cancellato proprio adesso quel massacro arbitrario invece di continuarne l’escalation. Ma è un presidente di guerra, che ha concesso un permesso di Operazioni Speciali in 75 paesi rispetto ai 60 dell’inizio dell’anno scorso. “Loro/la Casa Bianca sono disposti a farsi aggressivi ben più in fretta che il governo precedente” dice un alto ufficiale approvando. Proprio da vincitore di un Premio Nobel per la Pace. Il potente segretario del comitato premi Nobel dovrebbe dimettersi.

Per studiare un impero demoralizzante, studiamo un generale che la dice chiarissima in una rivista di musica, e le centinaia, o migliaia, che stanno dietro i documenti svelati. Ma non ne siamo ancora alla fine, e possono avvenire ancora cose brutte, seppure accelererà l’abbandono della nave che affonda da parte di alleati. Nel frattempo, annotiamo una nuova importante istituzione: Svelamenti, Spa, come pubblico servizio, disponibile gratis al consumatore, forse con qualche rischio per il produttore. Più sono i produttori, meno rischio c’è.

TRANSCEND Media Service continuerà il proprio approccio positivo, orientato alle soluzioni.  Ma esporre i crimini di guerra agghindati da “segreti” è un servizio per la pace. Ellsberg ha avuto il Premio Nobel Alternativo per la Pace. E così sarà per Assange.

Assange legge un comunicato dal balcone dell’Ambasciata dell’Ecuador in Londra – 2012. Foto Snapperjack from London, UK., CC BY-SA 2.0, via Wikimedia Commons


Originariamente pubblicato il 2 agosto 2010 – #123

EDITORIAL, 12 Aug 2024

#861 | Prof. Johan Galtung – TRANSCEND Media Service

Traduzione di Miki Lanza per il Centro Studi Sereno Regis

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