L’obsolescenza della guerra

Nadia Mejjati

La guerra non ci serve. Rappresenta il peggio dell’umanità. Per fortuna, oggi disponiamo di strumenti nonviolenti per gestire i conflitti in modi che favoriscono la vita. Nadia Mejjati approfondisce il tema dell’obsolescenza della guerra.

I sostenitori della guerra dicono che la violenza è necessaria per “difendersi”. Ma è vero? L’umanità ha imparato a spazzarsi via in pochi minuti con una frazione delle sue armi nucleari. La nostra atroce cultura della violenza mostra migliaia di bambini uccisi a sangue freddo come un implacabile film dell’orrore che scorre sui social media. Abbiamo inventato droni-killer per compiere massacri senza assistere personalmente agli orrori inflitti. Di fronte alla minaccia di estinzione della nostra specie, dobbiamo fare di meglio. A cominciare dal vedere la guerra per quello che è.

La guerra è grottesca. Rappresenta il peggio dell’umanità: la crudeltà di una rabbia non trattenuta e di un trauma non guarito, guidati da leader avidi e lontani dalle prime linee, che giocano con le vite umane. Non importa chi vince o chi perde, il risultato è dolore e aumento del trauma da entrambe le parti, alimentando ulteriori ingiustizie e oppressioni.

Benjamin Casteillo descrive:

“In passato, ai pericoli di ostilità, scarsità e rifiuto si rispondeva con impulsi primari di dominio, accumulo e conformismo, intrappolando così gran parte dell’umanità in rivalità auto-perpetuantesi per il potere, le risorse e lo status. Tuttavia, nell’attuale contesto di sviluppo tecnologico esponenziale che ha portato ad armi di distruzione di massa, capacità estrattive moltiplicate e capacità amplificate di ingegneria sociale, questi impulsi primari stanno diventando sempre più obsoleti e insostenibili, con conseguenti rischi esistenziali di guerre catastrofiche, distruzione degli ecosistemi e obsolescenza umana, minacciando la vita stessa”.

La guerra non crea armonia. Nonostante ciò, la glorifichiamo nei nostri corsi di storia quando potremmo insegnare la storia e la pratica della nonviolenza, a nostro vantaggio. Erica Chenoweth e Maria Stephan ci hanno fornito prove statistiche del fatto che la nonviolenza ha molto più successo della violenza nel raggiungere gli obiettivi di una campagna. In altre parole, la convinzione di dover rispondere alla violenza con altra violenza per stabilire la pace è ormai superata da fatti documentati.

La guerra è debole, soprattutto se paragonata al duro lavoro della lotta nonviolenta, della diplomazia e della costruzione della pace. Il cambiamento trasformazionale richiede coraggio e impegno. La nonviolenza non è una scelta velleitaria che facciamo perché abbiamo genitori hippy. È una risposta alla violenza nelle nostre comunità, nelle nostre famiglie e, soprattutto, in noi stessi. È un desiderio dedicato di trovare altri modi di essere, modi che favoriscano la vita.

La guerra non ha senso, a meno che non si tragga profitto dalla vendita di armi e dalla distruzione della vita. Siamo di fronte al collasso ecologico del nostro pianeta, mentre il complesso militare-industriale inquina a dismisura, superando il record di consumo di combustibili fossili, cancellando la vita e il paesaggio. Le guerre sono un tributo terribile per i sistemi viventi. Ma anche gli affamati di potere e i commercianti di armi che si arricchiscono con la brutalità della guerra non saranno in grado di fare festa se ci sarà una guerra nucleare, o se ci buttiamo ciecamente giù dal precipizio del collasso ecologico.

La biologa evoluzionista Elisabet Sahtouris ci dice:

“Nei quasi quattro miliardi di anni di evoluzione della Terra, specie dopo specie, dai batteri più antichi fino a noi, sono passate attraverso un ciclo di maturazione dall’individuazione e dalla competizione feroce alla collaborazione matura e all’interdipendenza pacifica. Il punto di svolta di questo ciclo di maturazione si verifica quando le specie raggiungono il punto in cui è più efficiente dal punto di vista energetico – quindi meno costoso e più realmente economico – nutrirsi e collaborare in altro modo con i propri nemici piuttosto che ucciderli”.

Una specie intelligente come l’umanità (che ha fatto il giro della luna e ha trapiantato cuori) può gestire i conflitti in modi più intelligenti rispetto alla morte e alla distruzione che la guerra porta con sé. È giunto il momento per l’umanità di maturare e fermare la guerra.

Il conflitto è normale e può essere affrontato in modo rigenerativo. Sebbene affrontare le avversità faccia parte della vita, esistono modi costruttivi per farlo.

La protezione civile non armata, o UCP, si è dimostrata efficace nel servire le comunità a livello internazionale con metodi nonviolenti. Oltre a proteggere le persone, l’UCP facilita le comunità nel dare voce ai bisogni e nell’apprendere competenze e strategie per il mantenimento della pace. Le relazioni e la fiducia vengono costruite nel tempo tra tutti i soggetti coinvolti, con l’obiettivo della pace che appartiene alla popolazione locale.

Le tecniche di mediazione e di nonviolenza, utilizzate da professionisti qualificati, sostituiscono le chiamate della polizia nelle situazioni di crisi mentale con risultati molto migliori. La violenza e la guerra si verificano quando non comprendiamo “l’altro”. La nonviolenza riconosce la nostra comune umanità, dimostrata in modo così toccante dai nostri bisogni universali. Perciò cerca la comprensione compassionevole, sia per gli individui in difficoltà che per le nazioni su larga scala. Questo approccio di cura ci spinge a trovare soluzioni, a guarire e a riconquistare la pace per tutti, invece di rimandare i problemi a un momento successivo.

Le pratiche di giustizia riparativa sono preziose sia per le vittime che per i colpevoli. Riducono la recidiva nei diversi contesti carcerari e scolastici. La criminalità diminuisce nelle comunità in cui non ci si concentra semplicemente sulla punizione, ma si creano opportunità per imparare la responsabilità personale e la condotta morale, per trasformare i comportamenti dannosi e asociali, recuperando la dignità nel fare ammenda. La verità e la riconciliazione è una forma di giustizia riparativa che ha avuto luogo in aree dove un tempo c’era grande discordia, come il Sudafrica e il Ruanda. Affrontando il conflitto e affrontandolo in modo onesto, sentito e continuo, l’umanità può elaborare i problemi e mirare ad andare avanti con una crescita post-traumatica.

La ricca storia della lotta nonviolenta esemplifica la sua preziosa utilità nel perseguimento di obiettivi importanti come la tutela dei diritti civili e la fine dell’oppressione. Mentre la guerra usa la forza, la paura e la separazione, la nonviolenza costruisce con l’empatia, il riconoscimento della dignità e la creatività edificante.

La nostra accettazione della violenza ci ha permesso di fare la guerra al suolo, all’aria e all’acqua, come se la natura fosse il nostro nemico. Invece di promuovere l’amore universale, trattando gli altri e la nostra amata casa terrestre con cura e rispetto, abbiamo causato danni, senza legami. La scienza ci mostra che la Terra prospera come un insieme unificato che favorisce la biodiversità. Applicando la biomimetica, la nostra specie farebbe bene ad abbracciare l’unità che racchiude l’incredibile diversità dell’umanità e a riarmonizzare la nostra esistenza attraverso un’intricata cooperazione.



Noi esseri umani sembriamo aver perso fiducia nella nostra capacità di fare scelte sagge, di sognare e di agire per realizzare il nostro futuro collettivo. Dobbiamo rifiutare con forza il mondo che aborriamo – le guerre e l’ecocidio – e sostenere attivamente un nuovo paradigma. Internet, come il micelio, facilita immense possibilità co-creative per riaffermare la volontà di una vita armoniosa. Stiamo condividendo metodologie di guarigione a livello internazionale e collaborando a una miriade di progetti emergenti per ripristinare la nostra amata Terra. La conoscenza e la saggezza di diversi gruppi in tutto il mondo sono accessibili, comprese le pratiche indigene di ripristino della Terra, la vera democrazia dei cittadini, i metodi di controllo delle nascite (in modo che la nostra popolazione rispetti la capacità di carico della Terra), le tecnologie per la salvaguardia della vita e le tecniche di nonviolenza.

Stiamo già assistendo a un’evoluzione della coscienza nel lavoro di organizzazioni pionieristiche come Nonviolent Peaceforce, The Choose Love Movement e The Tariq Khamisa Foundation, solo per citarne alcune. Esse insegnano abilità pratiche di risoluzione nonviolenta dei conflitti, coltivando relazioni che favoriscono la vita e comunità compassionevoli. Questi leader dimostrano che possiamo superare le avversità con coraggio, nutrendo il nostro amore per la vita.

Abbiamo le soluzioni di cui abbiamo bisogno. Se accettiamo la guerra come obsoleta, che tipo di mondo possiamo creare?


Questa storia è stata prodotta da Campaign Nonviolence.
Fonte: Waging Nonviolence, 3 luglio 2024

Traduzione di Enzo Gargano per il Centro Studi Sereno Regis

 

3 commenti
  1. Luca abrate
    Luca abrate dice:

    Buongiorno, esistono già dei libri di storia che ne diano una lettura non in chiave di successione di eventi di conquista e dominio? Intendo libri di scuola o affiancandoli a quelli scolastici. Intendendo come basilare il cambio di pensiero comune e diffuso per uscire dallo stallo cui ci obbliga il pensiero guerresco. Se no è un’ipotesi percorribile quella di scriverlo?

    Rispondi
  2. angela
    angela dice:

    grazie Luca. C’è molto bisogno di libri come quelli che auspichi. Tra i libri di testo, ti segnalerei soprattutto quello di Laterza a cura di Anna Bravo, Lisa Foa e Lucetta Scaraffia, I fili della memoria: uomini e donne nella storia, uscito nel 2000 e riedito nel 2003; di Anna Bravo ci sono diversi testi utili per approfondire: In guerra senza armi (con Anna maria Bruzzone) e soprattutto, La conta dei salvati, 2013; di Ercole Ongarto, Resistenza nonviolenta, 2013 e No alla grande guerra, 2015; prima ancora era stato pubblicato da Sonda nel 1993, mi pare, J.Semelin, Senz’armi di fronte a Hitler, sulla rtesistenza civile in Europa sotto il nazifascismo. Sempra Sonda ha recentemente pubblicato il lavoro di Erica Chenoweth sulla resistenza civile , Come risolver ei conflitti, 2023. In ambito di ricerche curate da nonviolenti ci sono tutti i testi di Giorgio Giannini e quelli di Tonino Drago, tra cui:Le rivoluzioni nonviolente dell’ultimo secolo. I fatti e le interpretazioni, Nuova cultura, 2010
    Enrico Peyretti ha curato un’ampia bibliografia di testi e articoli su questi temi, che puoi trovare in internet (non ho il link a portata di mano…
    Altri potranno aggiungere ciò che ho dimenticato
    Un caro saluto
    Angela

    Rispondi

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