Guerra in Ucraina tra media e partiti tedeschi

Gerhard Friedrich

Armi per valori. La guerra in Ucraina nella prospettiva dei mass-media e dei partiti tedeschi

Tra le tante guerre dopo la Seconda guerra mondiale si distingue un tipo di conflitto definito “guerra per procura”. Si tratta di conflitti armati apparentemente di carattere regionale, geograficamente limitati, che essenzialmente però veicolano e promuovono gli interessi di potenze globali evitando contemporaneamente il loro scontro militare diretto.

Nel periodo della guerra fredda l’esempio più noto per questo tipo di guerra e quella nel Vietnam (1964-1975). Poi, dopo l’inizio del periodo di eterna pace (cioè dopo la caduta del muro di Berlino) ci sono anzitutto la guerra Jugoslava e la guerra in Siria. I veri protagonisti dietro le quinte di queste guerre rimangono quelli della guerra in Vietnam. USA/Ovest/Nato da una parte e il Blocco Sovietico, rispettivamente la Russia dall’altra. Le due invasioni USA nell’Iraq non sono da considerarsi guerre per procura ma semplicemente guerre americane.

Le origini di queste guerre per procura si trovano in generale in autentiche conflittualità regionali: tra il Vietnam del nord e il Vietnam del sud, la disintegrazione della Jugoslavia dopo la morte di Tito, la contestazione contro il governo Assad in seguito alla primavera araba. Conflittualità che nascono da dinamiche essenzialmente all’interno di questi paesi e che in seguito o già nel momento della loro nascita sono funzionalizzati e gestiti da protagonisti esterni a secondo dei loro interessi e che ci trovano spazi di manovra contro l’antagonista globale, anche lui coinvolto nella stessa conflittualità regionale. Sia solo ricordato che tutta questa complicata doppiezza nasce in ultima istanza dalla “impossibilità” di uno scontro aperto tra gli antagonisti globali a causa della minaccia incombente di una guerra nucleare che probabilmente porterebbe alla fine della civiltà umana.

L’Ucraina, caratterizzata da secoli da una identità interna labile, da secoli è teatro di scontri tra le potenze confinanti per ottenere il controllo di questa terra di confine tra est e ovest, tra nord e sud, tra Russia e Mediterraneo. L’Ucraina, nell’alto medioevo centro del primo regno della Rus tra il X e il XIII secolo con Kiev capitale, in seguito all’invasione dei mongoli nel 1240 vive secoli di divisioni. È dominata da potenze straniere (Polonia, Lettonia, Turchia) e torna solo nel 1654 alla Russia zarista con la capitale Mosca.

Nella storia moderna nel 1922 l’Ucraina diventa una delle repubbliche sovietiche e dopo il crollo dell’URSS ottiene l’indipendenza il 1° dicembre del 1991. Negli ultimi anni prima dell’invasione russa nel 2022, la politica interna dell’Ucraina è segnata dal conflitto tra forze che cercano l’orientamento del paese verso l’Ovest e l’adesione all’UE e anche alla NATO mentre l’altra parte del paese si orienta verso la storicamente, culturalmente e geograficamente vicina Russia. Già questa conflittualità interna fa intravedere che un suo inasprimento verso un conflitto armato poteva trasformarsi con grande probabilità in una delle guerre per procura tra l’Ovest e la Russia, frequenti nella  nostra epoca.

Visto la relativa vicinanza geografica della Germania, i suoi legami economici con la Russia e l’orientamento di una parte della classe politica ucraina verso l’UE, non può stupire che i mass media, l’opinione pubblica e la classe politica tedesca diano subito grande rilievo allo scoppio della guerra nell’Ucraina nel febbraio del 2022.

Nel linguaggio dei mass-media e dei rappresentanti politici si nota subito una specie di codice prestabilito nei termini usati a proposito dell’attacco russo all’Ucraina. Come formula fissa per denominare l’evento esiste solo un termine usato e riusato senza varianti o modifiche: “Der völkerrechtswidrige Angriffskrieg“ della Russia contro l’Ucraina. Traducibile con “l’aggressione che lede il diritto internazionale”.

Sembra una tautologia perché un’aggressione lede comunque il diritto internazionale. Perché aggiungerlo esplicitamente e poi perché con questa insistente ripetitività della canonizzazione? Questa domanda, solo apparentemente pignola, ci porta al nucleo del problema in questione. L’espressione preconfezionata sottolinea la fedeltà alla legalità e funge da codice di riconoscimento dell’appartenenza alla stessa fede, al popolo dei giusti. Chi fuoriesce da questo linguaggio standardizzato è subito individuato come Putinversteher, cioè chi comprende i motivi di Putin o, più direttamente, come Putinfreund, cioè amico di Putin. Così è stigmatizzato come compare del nemico. Si tratta quindi di un modo di gestire il dibattito pubblico che anticipa la logica della guerra: o amico, o nemico.

In mezzo c’è la terra di nessuno nella quale si trova relegato anche il Papa quando parla incautamente della possibilità di trattative per raggiungere la pace. Quindi una fede, la presunta fedeltà verso certi valori non negoziabili è la base che unisce la Germania, né aggredita né minacciata dalla Russia, all’Ucraina sotto attacco russo. I valori sono ben conosciuti: diritto internazionale, libertà e democrazia. Una delle frasi ricorrenti negli articoli dei giornali e nei discorsi dei politici per la motivazione dell’impegno della Germania per la difesa dell’Ucraina è: l’Ucraina difende i valori universali di libertà, diritto e democrazia quindi anche la nostra libertà, la nostra democrazia, quindi va appoggiata, va aiutata.

D’altronde, questi valori intesi come universali aprono la strada verso la giustificazione di interventi bellici in qualsiasi angolo del globo. Gli USA difendevano Freedom and Democracy in Vietnam, a Cuba, in Cile, nell’Iraq, in Siria, in Afghanistan, in Israele, la cosiddetta unica democrazia tra gli stati del Medio Oriente.

Nel caso dell’Ucraina la difesa della libertà non può ricorrere all’intervento militare diretto perché già l’altro global player, la Russia, è direttamente impegnato; quindi, per evitare lo scontro fatale diretto, la difesa dei valori può avvenire solo in modo indiretto, fornendo le armi all’esercito ucraino. Armi per valori. Non a caso l’attenzione principale riguardo l’appoggio all’Ucraina riguarda la messa a disposizione di armi.

Questo discorso vale per tutti i membri della NATO. In Germania, pur essendo il secondo fornitore di armi dopo gli USA, la discussione attorno alla messa a disposizione di armi per l’Ucraina è particolarmente accesa e le diverse posizioni rispetto a questa guerra si esprimono direttamente in una scala delle disponibilità maggiori o minori di fornire armi. Chi spinge di più, senza riserve, per il massimo armamento possibile dell’esercito ucraino è l’opposizione democristiana e anche parti della coalizione del governo nei partiti liberale e verde.

La logica, ampiamente diffusa dai giornali conservatori come la Frankfurter Allgemeine Zeitung o Die Welt è quella delle armi per la pace. La pace può solo essere il risultato della vittoria dell’Ucraina, perché una pace trattata comporterebbe cedimenti sul fronte dei valori. Cedimenti non compatibili con il carattere assoluto dei valori. Quindi il paese dev’essere ampiamente fornito d’armi per poter raggiungere questa vittoria senza scendere a compromessi. Alternative non sono considerate. Il dibattito pubblico attorno a questa guerra così è tendenzialmente ridotto al discorso tecnico militare perché non sembrano esserci altre questioni da chiarire.

Improvvisamente in Germania, dove da decenni i discorsi militari erano emarginati anzitutto a causa della traumatica esperienza della Seconda guerra mondiale (Nie wieder Krieg, mai più la guerra era il motto dominante per decenni) adesso si trovano al centro dell’interesse pubblico. I calibri di artiglieria, la gittata di missili, i vari pregi di vari carri armati ecc. dominano le pagine dei giornali e le notizie dei telegiornali.

Avviene una rapida e sorprendente militarizzazione del discorso pubblico. Per adesso il culmine di questa tendenza è da considerarsi la richiesta del ministro alla difesa, Pistorius, che la Germania deve diventare “kriegstüchtig“ cioè capace di condurre una guerra.  Questa retorica già supera i limiti della guerra per procura, cioè della guerra fatta combattere da altri   perché chiama in causa apertamente la Germania.

Questo però non è tutta la realtà tedesca. Il cancelliere Olaf Scholz e una grande parte del partito socialdemocratico seguono la linea più cauta di fornire solo armi e non truppe all’ Ucraina e anzitutto armi di gittata e potenza limitata da non poter essere usati per aggredire la Russia, temendo che armi tedesche di attacco potrebbero coinvolgere la stessa Germania in un conflitto armato diretto con la Russia.

La posizione di Scholz, quindi, bada a rimanere nei confini della guerra per procura. È la posizione del governo, però di un governo fragile, sotto continuo tiro dell’opposizione conservatrice e della maggior parte dei mass-media. Fino ad adesso questa opposizione si esprimeva nelle continue richieste di fornire armi più potenti ma proprio in questo periodo si sta per introdurre un nuovo discorso, si sta aprendo un nuovo fronte. Lo si potrebbe definire la concretizzazione del nemico.

La motivazione etica (difesa di valori comuni) data finora per il fornimento di armi all’Ucraina dev’essere affiancata da una minaccia russa più concreta e più sentita dalla popolazione per trasformare il nemico per così dire platonico per principi etici in nemico di fatto, pericoloso e temibile.

Il nuovo fronte aperto è quello delle attività coperte dei servizi segreti. Anzitutto per adesso solo presunti cyber-attachi da parte dei servizi russi servono per concretizzare il profilo della Russia come nemico reale e quindi per creare lo spettro di una minaccia reale e rendere plausibile la necessità di prendere misure di difesa e prepararsi a uno scontro diretto con la Russia.

Due proposte a proposito mi paiono particolarmente clamorose: introdurre una materia scolastica che prepara gli alunni a un eventuale casus belli e la proposta di reintrodurre la leva obbligatoria, abolita nel 2011. Tutto cio’ indica un radicale cambiamento del clima politico in Germania che dalla Seconda guerra mondiale e anche durante il periodo della guerra fredda nei mass-media e nei partiti politici era caratterizzata da una forte presenza di tendenze pacifiste. Una realtà che si rifletteva nel fatto che il motto “mai più la guerra” era forse l’unica massima etica-politica in comune ai due stati tedeschi nel periodo della divisione della Germania.

La Germania quindi si prepara a diventare, con le parole del ministro alla difesa tedesco, kriegstüchtig“, capace di condurre una guerra. E questo sicuramente non per difendere i valori universali di “democrazia e libertà” tante volte traditi dal cosidetto Occidente, ma per gli interessi ben più concreti che si potevano già intravedere nella politica dell’estensione della NATO verso est, verso i confini russi dopo il crollo dell’URSS. Questi interessi concreti, pudicamente velati da freedom and democracy consistono nel controllo e nel ridimensionamento della Russia a potenza regionale siccome vissuta come reale o potenziale rivale nella corsa al controllo globale delle risorse e ricchezze di questo nostro mondo.


 

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