Religioni: in tutte c’è una garbata saggezza

Johan Galtung

“I migliori auguri per le ricorrenze festive” si scrive e si legge per lo più in questi giorni. Riflettiamo dunque su religare, riconnettendoci con quel qualcosa là fuori e qui dentro in noi, per  le religioni, verità globalizzanti.

Alcuni anni fa queste righe inedite adatte al periodo sono state nel Pacifico, sotto un cielo terso e con le onde crestate di spuma al loro massimo; Rapa Nui – l’Isola di Pasqua – all’orizzonte, uno di quei luoghi dove la creazione degli umani appare antica quanto Dio stesso ed essi non sono ancora stati in grado di inquinare (esaurire, anzi!) tutto quanto. E la gratitudine che s’insinua dentro, con tanto di buone emozioni in corpo, mente e spirito: felicità, una sorta di liberazione. Sukha è la parola nella tradizione hindu-buddhista. Più in là c’è il nirvana, la dissoluzione al termine del pellegrinaggio.

Me ne stavo seduto in una piccolo nicchia di felicità, la PeaceBoat, tentativo di una ong giapponese di combinare crociere per il mondo con prove di comprensione degli innumerevoli conflitti, in modo di attirarvi la pace. Nella scia di quei conflitti seguono violenza e trauma al corpo e alla mente, sofferenza, dukkha nella tradizione hindu-buddhista.

Giusto adesso assistiamo a una delle peggiori consuetudini dell’umanità, vendetta e rappresaglia, con l’11 settembre 2001 come rappresaglia per l’ingiustizia inflitta agli arabi e la guerra dal 7 ottobre 2001 in Afghanistan come rappresaglia per quella rappresaglia. Con l’ovvia incombente rappresaglia per questa rappresaglia, con le armi nucleari appena sottobanco, eventualmente su ambo i versanti; che hanno Armageddon come parte della propria tradizione religiosa: il Giorno del Giudizio. Hanno entrambi il mandato da Dio/Alla’h per esercitare tale giudizio sugli altri. Dov’è la speranza?

religioni

Michelangelo, Public domain, via Wikimedia Commons

Le religioni sanno essere dure, e morbide e garbate, e ogni religione è tessuta di fili duri e morbidi, dove i fondamentalisti agiscono sui duri. Religare suona bene. Ma come?

Qualunque UNO Solo in “quell’àmbito” è anche latore del tessuto di fili duri e morbidi. Meno male che ce ne sono parecchi. I testi religiosi sono depositi della beatitudine e della sofferenza umane, sforzi di dare senso alla condizione umana, con molte risposte. Mi accosto a tutte, e con umiltà. Il mio interesse per la pace mi dirige verso le risposte morbide, a trovarci saggezza morbida e garbata, per la Feste, ovunque. Più precisamente:

NeIll’induismo, una trinità di creazione, preservazione e distruzione, come volontà di creare ancora altro di ciò che si trascina sukha nella scia, preservare ciò che si dimostra avere in sé sukha, e distruggere ciò che ha più che altro dukkha nella scia.

Nel buddhismo, una gran fede nell’ahimsa, la non-violenza, come metodo per ottenere il possibile [della sukha]. E la fede in engi, nella correlazione di tutto, nell’essere tutti nella stessa barca, nel condividere responsabilità per tutto ciò che avviene e che facciamo e – altrettanto importante – omettiamo di fare (commissione e omissione).

Nel daoismo, la profonda percezione dialettica che bene e male non arrivano nettamente distinti, ma che il bene può contenere del male, e il male del bene.

Nel cristianesimo, due importanti fonti d’ispirazione – la speranza che ci sia un barbaglio di luce là in fondo, e la centralità della responsabilità personale, che ciò che conta è la persona e ciò che decide, senza incolpare altri.

Nell’islam, la fede nella solidarietà, sottoporsi insieme alla brama collettiva per la pace, secondo la Sura 8:61: quando il tuo avversario tende alla pace, fa’ lo stesso.

E dal giudaismo colgo la fede nel dialogo, che la verità non è disponibile in un testo predisposto ma nel processo, nelle parole che si creano insieme, ancora e ancora. Ancora.

Tutto ciò può confluire in una unità superiore, insieme a un umanesimo morbido – non quello duro del capitalismo neoliberista o del socialismo di stato marxista.

Posso identificarmi con tutto ciò, e altro ancora. E sentirmi non solo felice, ma anche immensamente ricco e arricchito. Povero è chi si nega l’accesso alla saggezza altrui, costretto alla sola scarna dieta della varietà dura della propria fede.

Gloria a Madre Terra. Gloria al ricco spirito umano. E gloria a quell’ometto bruno in perizoma, Gandhi, che ha praticato tutte queste gemme di saggezza in una vita miracolosa.

Perché come umanità accettiamo questo miserevole duello omicida fra dittature con durissime fedi fondamentaliste e petrolio fin nelle viscere del proprio suolo e una democrazia petrol-dipendente con un impero in crollo, altrettanto fondamentalista, tutt’e due a invocare i propri dei come se gli avessero dato un mandato divino? In nome di Alla’h, in nome di Dio, in nome del Petrolio.

Non credo che qualunque creatore del mondo e degli esseri umani l’abbia fatto perché ci ammazziamo l’un l’altro e insieme ammazziamo Madre Terra. Potrebbero aver imparato una lezione da quell’ometto bruno per il quale Dio = Amore = Verità: la verità è un’economia più modesta, più giusta, più equità con rispetto per l’ambiente, e la verità della lotta non-violenta. Gandhi, indiano, hindu, buddhista; sovente cristiano migliore che molti cristiani e musulmano migliore che molti musulmani ed ebreo, hindu, daoista, buddhista migliore. Perché si è fatto ispirare da tutti quanti. Diventando una luce guida per tutti noi; in una persona.

Se solo la sua luce potesse splendere anche in noi, non solo per noi!

Pensieri come questi sono ulteriormente sviluppati in Galtung & MacQueen, Globalizing God [Globalizzazione di DIO], TRANSCEND University Press, 2008 www.transcend.org/tup


Editoriale già pubblicato il 25 dicembre 2008 – #42

EDITORIAL, 8 Jul 2024

#856 | Prof. Johan Galtung – TRANSCEND Media Service

Traduzione di Miki Lanza per il Centro Studi Sereno Regis

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