La falsa alba democratica dell’India e la rinascita dell’autocrazia
Di nuovo sul caso della scrittrice Arundhati Roy, recentemente accusata di affermazioni ‘anti-national’ e incitazione al terrorismo per opinioni espresse durante un pubblico evento quattordici anni fa a Delhi, pubblichiamo questo contributo del giornalista indiano Samar Halarnkar, fondatore e direttore della testata web Article 14. Che in estrema sintesi segnala un progetto di allarmante erosione della più fondamentali libertà, tra cui la libertà di espressione: la falsa alba democratica dell’India
L’imminente processo contro la scrittrice Arundhati Roy e l’ex professore di diritto Sheikh Showkat Hussain ai sensi della draconiana legge indiana in materia di antiterrorismo, per affermazioni che risalgono a 14 anni fa, rende evidente che quel ‘nuovo mattino’ per la democrazia che sembrava annunciarsi dopo le recenti elezioni generali, era solo una falsa impressione.
Nemmeno una settimana dopo l’avvio del terzo mandato di Narendra Modi, il messaggio è forte e chiaro: non ci sarà tregua nel punire coloro che vengono percepiti come nemici dello Stato. Le leggi potranno essere utilizzate illegalmente e incostituzionalmente, e chiunque oserà sfidare la narrazione del governo e dei suoi alleati sarà perseguito, perseguitato e processato. Lo stato di diritto, la libertà di espressione e il passare del tempo non saranno fattori attenuanti.
Una decina di giorni fa (14 giugno, ndr), ancor prima che Narendra Modi assumesse la carica di primo ministro per la terza volta, la polizia di Delhi (che fa capo al Ministro degli Interni Amit Shah) ha rilanciato una denuncia presentata quattro anni fa contro tre giornalisti della testata Caravan da estremisti indù di destra, che avrebbero molestato sessualmente una donna, pronunciato insulti nei confronti di un musulmano e minacciato di ucciderli tutti e tre. In tutti questi anni, la polizia si è rifiutata di condividere una copia del cosiddetto FIR (Primo Rapporto Informativo) contro Caravan, come sarebbe richiesto dalla legge.
Questo caso rientra nella strategia utilizzata dai governi del Bharatiya Janata Party (BJP) sia a livello nazionale che statale negli ultimi dieci anni: agire non contro i criminali tra i loro stessi ranghi, ma contro le loro vittime. Così è stato nei confronti delle vittime di crimini d’odio, in maggioranza musulmani. Secondo un database, poi cancellato, gestito dal sito web Factchecker.in (di cui ero io stesso coordinatore), un terzo di tutti i casi di linciaggio legati alla gestione, trasporto o consumo del patrimonio bovino, archiviati dalla polizia negli ultimi dieci anni, erano contro le vittime. Nel 2020, uno dei giornalisti che gestiva quel database ha riassunto i risultati per la nostra testata Article 14.
Il 3 giugno 2024, la polizia dello stato del Chhattisgarh (governato dal BJP) ha arrestato l’attivista per i diritti umani Suneeta Pottam, trascinandola fuori da un ostello femminile dove si stava preparando per gli esami universitari, presumibilmente senza un mandato. Le accuse vanno dal tentato omicidio ai più vari “interventi provocatori”. Quest’ultimo capo di imputazione è particolarmente significativo del fatto che la parola (la libertà di espressione) è stata chiaramente criminalizzata sia nel primo che nel secondo mandato di Narendra Modi, come evidenziato dalle lunghe e continue incarcerazioni di scrittori, poeti, accademici, giornalisti e studenti – in maggioranza musulmani – coinvolti nelle proteste contro le politiche e le leggi del governo, o semplicemente nell’esercizio del loro lavoro.
La persecuzione della scrittrice Arundhati Roy e del professor Hussein – tra coloro che hanno parlato a sostegno dell’autodeterminazione del Kashmir in una conferenza del 2010 a Delhi – il caso di Suneeta Pottam e dei giornalisti del Caravan evidenziamo lo spettro di persecuzioni che il governo Modi ha adottato prima delle elezioni: sia contro coloro che dissentono che contro coloro che denunciano il dissenso.
Le prove presentate sono spesso inventate, fantasiose o false. Pottam, ad esempio, è stata accusata di aver piazzato delle bombe lungo una strada, proprio come gli imputati nel famigerato caso Bhima-Koregaon vennero a un certo punto accusati e arrestati per aver complottato per assassinare Narendra Modi (un’accusa che svanì subito dopo che gli imputati furono tradotti in prigione, e il caso iniziò il suo tortuoso percorso nel labirinto della burocrazia legale indiana).
Il governo si è ora ulteriormente armato contro il dissenso con tre nuove leggi penali – che entreranno in vigore dal 1° luglio 2024 – e quattro leggi relative alla protezione dei dati personali, ai servizi di radiodiffusione, alla registrazione della stampa e alle norme sulla tecnologia dell’informazione, che gli permetteranno di censurare ogni tipo di giornalismo. Alcune di queste leggi sono in varie fasi d’impugnazione presso le Alte Corti compresa la Corte Suprema. La nuova legislazione penale, oltre ad essere una versione banalmente rimaneggiata di leggi che risalgono all’era coloniale, rende più facile per le forze dell’ordine agire contro le libertà civili.
Ad esempio, la sezione 113 della Bharatiya Nyaya Sanhita (BNS) non solo amplia la definizione di “atto terroristico” rispetto alle interpretazioni già draconiane dell’Unlawful Activity (Prevention) Act o UAPA – la legge che verrà impugnata contro Arundhati Roy e Hussain – ma elimina l’obbligo di avviso di comparizione da parte del governo preliminare al processo, e la necessità di avere un’autorità indipendente per esaminare le prove prima di tale misura. Il luogotenente governatore di Delhi ha dato l’autorizzazione a perseguire i due imputati questa settimana, ma dal mese prossimo non sarà più necessario.
Il BNS reintroduce anche una legge sulla sedizione, la cui versione vecchia di 152 anni era stata sospesa dalla Corte Suprema nel 2022. Cinque delle otto petizioni citavano dati dal nostro database sulla sedizione dal titolo A Decade of Darkness, che ha richiesto un anno per essere completato; e per rivelare come 11.000 indiani si trovassero in un limbo legale dopo essere stati accusati di sedizione, capo d’accusa regolarmente utilizzata come arma dai governi statali e a livello nazionale.
Il 9 maggio 2022, il Ministero degli Affari Interni ha depositato una dichiarazione giurata dinnanzi alla Corte Suprema affermando che “l’Onorevole Primo Ministro ritiene che in un momento in cui la nostra nazione celebra Azadi Ka Amrit Mahotsav (75 anni dall’indipendenza) dobbiamo, come nazione, lavorare ancor più convintamente per liberarci del bagaglio coloniale che ha esaurito la sua utilità, il che riguarda anche leggi e pratiche coloniali obsolete.” La deposizione esortava la corte a “non investire tempo nell’esaminare ancora una volta la validità della sedizione” e ad attendere che l’Esecutivo riconsiderasse la disposizione davanti a un “forum appropriato”.
Quel forum era il Parlamento, dove invece di riconsiderare il reato di sedizione, il governo ha ravvivato il concetto, che nessuna democrazia liberale oserebbe adottare, imponendo le nuove leggi penali senza alcune discussione. Il 3 giugno 2024 abbiamo denunciato come il governo abbia ostacolato le richieste di diritto all’informazione presentate ai sensi dell’Articolo 14 per ottenere informazioni sulla creazione e sulla discussione delle nuove leggi penali. Le più alte corti hanno anche negato informazioni – per motivi “insostenibili” e “illegali”, hanno detto gli esperti – che cercavano di identificare le sfide in materia di trasparenza e responsabilità nei processi legislativi.
Gran parte del lavoro della nostra testata Articolo 14 sin dalla fondazione nel 2020 ha ruotato attorno a gravi violazioni della legge e della Costituzione da parte del governo e alla criminalizzazione del dissenso, della libertà di parola e del giornalismo. Se non l’hai già fatto, leggi questo articolo in cui il nostro collaboratore Shamik Bag (ed era il 2022) spiega in che modo, usando leggi sulla sicurezza, impiegando tecnologie di sorveglianza e sfruttando potenti narrazioni di interesse nazionale, il governo di Modi ha preso di mira qualunque voce critica e ha eroso lo stato di diritto in India, spesso in violazione della Costituzione, utilizzando scappatoie legali e aree grigie. Attraverso la lente degli eventi successivi agli scontri di Bhima-Koregaon, abbiamo studiato queste tattiche in modo approfondito e abbiamo raccontato come i cittadini stavano lottando per preservare la più grande democrazia del mondo.
Questa battaglia continuerà, nonostante i migliori sforzi del governo. È improbabile che i difensori della libertà di parola e della Costituzione facciano marcia indietro. Senz’altro non noi. Anche la polizia di Delhi ha presentato un avviso di indagine contro la nostra testata Articolo 14 nel 2022, per un tweet in cui si limitava a denunciare come i giornalisti che erano stati attaccati da estremisti di destra durante un evento in cui venivano pronunciati discorsi di incitamento all’odio, fossero stati portati in prigione. Nonostante i migliori sforzi dei nostri avvocati, non ci è mai stata consegnata una copia di quell’avviso.
E dunque l’India si prepara a perfezionare il suo governo autocratico mentre anche noi, media indipendenti, ci prepariamo per il futuro, contando sul massimo supporto dei nostri lettori.
Per gentile concessione della testata indipendente indiana Article 14
Fonte: Edit Note: India’s False Democratic Dawn & The Renewal Of Autocracy del 15 giugno 2024+
Traduzione di Daniela Bezzi per il Centro Studi Sereno Regis
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