La mia visione per il Sudan

Johan Galtung

Car* amic* in pace, la pace sia con voi, Salaam Aleikum!

Il mio compito al termine di questa conferenza davvero impressionante con 150 partecipanti qui a Hermannsburg nella Brughiera di Lüneburg è quello di sorvolare le scialbe, malriuscite attuazioni dei numerosi accordi di pace, riferirne le visioni e indicare le possibili soluzioni provate con successo altrove. Non dico certo “fa’ questo, fa’ quello”, ma riferisco sì ciò che mi viene in mente, la mia visione per il Sudan a quattro livelli: politica mondiale, rapporti coi vicini, la costruzione del Sudan e il livello locale, in particolare il Darfur, home of the fur. Alcuni anni fa l’attenzione principale era rivolta al Sud*.

Vorrei cominciare anche con un noto proverbio africano:

“Quando gli elefanti combattono, l’erba soffre e quando fanno l’amore, ancor di più”.

Ci sono due elefanti a piede libero, gli Stati Uniti e la Cina, entrambi ebbri per il petrolio. Lì c’è la loro droga. Parte della violenza in Sudan è una guerra per procura. I propri vicini tengono per l’uno o l’altro elefante, così fanno parti e partiti in Sudan. Siamo nella Seconda Guerra Fredda da quando USA-NATO-Giappone hanno iniziato ad accerchiare Russia-Cina-India e altri paesi, portando alla SCO, Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai. Si rischia di diventare un campo di battaglia. Si potrebbe anche rischiare che un giorno si accordino sulle quote per l’altrui petrolio e le impongano. Il loro egoismo non ha spazio per gli effetti sul malcapitato, ma temono una guerra totale. [Dunque …]

Vorrei trattare tre punti oltre a lasciare che il Sudan – l’erba – cresca bella alta, robusta e, perché no, ispida.

Innanzitutto, si sarebbe protetti dai diritti umani [riconosciuti]: la Convenzione sui Diritti Economici, Sociali e Culturali stabilisce che i proventi derivanti dalle risorse naturali di un paese debbano andare alla sua popolazione; né a stranieri, né solo alle élite. Come ci si potrebbe aspettare, gli USA non l’hanno ratificata.

Secondo, si potrebbe considerare l’idea di fare in proprio una sostanziosa lavorazione e intascarne il valore aggiunto anziché esportare solo il greggio, quotando ovviamente i propri prezzi in una valuta forte.

In terzo luogo, il petrolio sta venendo meno come una causa principale del riscaldamento globale. Esistono alternative come l’energia eolica e quella solare, e di entrambe ne avete in abbondanza. Il petrolio potrebbe diventare la vostra dannazione anziché una benedizione.

Volando un po’ più basso, vedo il Sudan con i suoi numerosi vicini definiti dai confini coloniali, non dalle vostre stesse nazioni africane. Il confine fra anglofoni e francofoni è un solo: alcuni vi sconfinano dentro, altri corteggiano un elefante o l’altro. Si potrebbe prendere in considerazione la creazione di una confederazione, una comunità di tutti voi, con confini aperti quanto più possibile e molta cooperazione. Si guardi oltre gli attriti di oggi, alcuni dei quali generati dagli elefanti. E si guardi quel branco di elefanti della UE, che sta mettendosi assieme con le norme.

A livello più basso, il Sudan riempie l’orizzonte: uno stato e molte nazioni, per religione, storia condivisa e attaccamento all’aspetto geografico. Una nazione arabo-islamica che pretenda di possedere tutto è inaccettabile quanto il colonialismo occidentale: genera resistenza e secessionismo.  Nel mondo ci sono circa 200 stati, 2.000 nazioni e 20 stati-nazione, il resto è multinazionale. Ma ci sono tre alternative all’unitarismo: devoluzione, federazione, confederazione. Ci sono circa 25 federazioni al mondo, che ospitano il 40% dell’umanità: Svizzera, India e Malesia sono di grande ispirazione. La formula generale per le circa 25 funzioni di stati moderni; 4 sono gestite dal centro; congiunti sono affari esteri, sicurezza, finanza e infrastrutture; e il resto gestito dalle Parti, come le 7 regioni del Sudan, in particolare su temi delicati come religione, lingua storia e legami geografici. Separati, uguali e uniti.

Guardiamo la Svizzera: 4 lingue, 2 cristianesimi, e nessuno di essi imposto dall’alto.  Il federalismo rende possibile la democrazia poiché nessuna maggioranza nazionale può imporsi. Ma attenzione: il diritto consuetudinario si porta appresso anche un codice culturale. “Tu hai il tuo codice e noi abbiamo il nostro” va bene, ma ancor meglio è unire le forze, come quando l’arcivescovo di Canterbury ha aperto a qualche applicazione della shari’a – coraggioso.

Non bisogna che il federalismo sia simmetrico. Pertanto, il Sud potrebbe richiedere* autonomie aggiuntive; e la giustizia non si assicura con scarpe n° 40 per tutti. Una corte Costituzionale può mediare le controversie.

Avvicinandomi poi ancora alla gente di questo gigantesco paese appare chiaro il peggiore di tutti i problemi: il 90% con meno di 1 $ al giorno. Una regola d’oro: dare priorità ai bisogni primari dei più bisognosi; se ne possono facilmente identificare 4: sopravvivenza – garantita da processi politici ordinati e formazione alla nonviolenza, libertà – garantita dalla democrazia; identità – garantita dal federalismo e dal benessere dato da cibo, abitazione, abbigliamento, servizi medici, istruzione, attraverso un’economia che badi alle persone, non solo a élite e priorità. Meglio ottenerlo sollevando la gente che minacciando le élite.

La mia visione per il Sudan

Foto UNAMID | UNAMID Patrol in Kabkabiya (CC BY-NC-ND 2.0)

Alla radice della violenza in Darfur secondo la Corte Penale Internazionale specifica (come ci si potrebbe aspettare, gli USA non l’hanno ratificata) è la questione della terra. Può essere utile una distinzione tra proprietà pubblica e “utilizzazione” privata, adeguata.  Il diritto al cibo è fondamentale; possedere terra e non usarla adeguatamente è antiumano, come lasciare che il carburante per gli autoveicoli prevalga sul cibo per gli umani.

C’è troppa sofferenza oggi in Sudan, troppa violenza come monumento ai conflitti in cerca di soluzioni. Ma la riconciliazione senza soluzione è pacificazione, un lecca-lecca che non inganna nessuno. La soluzione di queste quattro aree di conflitto con la riconciliazione è la pace.

Pace con tutti noi. Salaam aleikum.


* Attn!: scritto precedente la dichiarazione di stato indipendente del SudSudan (9 luglio 2011)

Pubblicato originariamente da TMS il 26 maggio 2008 – # 10

EDITORIAL, 3 Jun 2024

#851 | Prof. Johan Galtung – TRANSCEND Media Service

Traduzione di Miki Lanza per il Centro Studi Sereno Regis

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