La Corte Penale Internazionale finalmente riguadagna credibilità?
Una versione differente di questo articolo è stata pubblicata sul Middle East Eye del 7 u.s. Benché non sia avvenuto nulla di sostanzioso frattanto, volevo richiamare più esplicitamente l’attenzione sui chiari sforzi di Netanyahu di esercitare pressioni sulla Corte Penale Internazionale da parte USA e delle altre ‘democrazie’ per indurla a respingere il tentativo del Sud Globale di criminalizzare l’uso della forza di Israele, dandolo a intendere come operazione difensiva giustificabilmente tesa a distruggere Hamas e al rilascio degli ostaggi catturati nel suo attacco del 7 ottobre [‘23].
Né i difensori né i critici d’israele hanno ancora riconosciuto la possibilità che la sua furia genocida sia [stata] in parte motivata dall’ambizione a un [più] Grande Israele da parte della coalizione estremista di questo governo in carica dall’inizio del 2023, ossia più di nove mesi prima dell’attacco di Hamas. Questa ricostruzione degli eventi non pare alterarne il carattere criminale in alcun modo ma influisce sulla sua politica e morale, aiutandoci a capire perché Israele si sia imbarcato in una linea d’azione così alienante ignorando parecchie alternative qualora il ripristino della propria sicurezza ne fosse davvero la motivazione dominante.
Prendere sul serio la La Corte Penale Internazionale: chi avrebbe pensato che a condurre fosse Netanyahu
Una partenza incerta per la la Corte Penale Internazionale
Fin dalla sua istituzione nel 2002, la Corte Penale Internazionale ha tribolato a trovare una sua strada alla legittimità. La sua istituzione fu un trionfo per il Sud Globale nell’estendere la portata potenziale del diritto penale internazionale, pur essendo fin dall’inizio dall’esistere al di fuori della cornice formale ONU e dalla mancata adesione dei ‘tre grandi’ geopolitici, USA, Cina e Russia, nonché, per quanto riguarda il presente tema, dal rifiuto d’Israele. La CPI ha tuttavia 124 membri comprensivi di tutte le democrazie liberali dell’Europa occidentale, tutti gli stati in Sudamerica, quasi tutti in Africa, e molti in Asia. Pur con tale grande rappresentatività, ha faticato tutto il tempo ad ottenere riconoscimento, influenza, rispetto, e legittimità.
Nei suoi primi anni fu accusata di focalizzare le sue attività sui presunti torti di capi africani subsahariani, suggerendo un criterio di natura razziale. In seguito, in rapporto ai presunti crimini di USA e Israele in Afghanistan e Palestina Occupata, il procuratore CPI se ne stette inerte pur con abbondanza di file incriminatori che avrebbero giustificato allo stretto minimo indagini diligenti per determinarne l’imputazione e la procedibilità a termini legali, dando così l’impressione che la CP fosse così debole da non poter contrastare le manipolazioni geopolitiche occidentali sottobanco. In questo caso l’inazione CPI fu in parte attribuita all’ultranazionalismo estremista della presidenza Trump che ebbe la temerarietà d’imporre sanzioni ad personam al procuratore CPI qualora il tribunale citasse in giudizio USA o Israele.
La storia procede, ma con nuove contorsioni. Quando la Russia attaccò l’Ucraina a inizio 2022, La CPI fu chiamata in causa dalla NATO [West?] ad agire con insolita fretta. E fu compiacente accelerando le proprie procedure per determinare su base d’emergenza se Putin ed altri dovessero essere immediatamente imputati di crimini di guerra. Questa insolita premura parve di nuovo servire gli interessi dell’Occidente, di nuovo con almeno qualche implicazione razziale in quanto l’attivismo CPI era per conto di una vittima cristiana bianca di presunti crimini di guerra, mai inserita prima come tale. La CPI si sdebitò, emettendo addirittura mandati d’arresto per Putin e uno stretto assistente, confermando così di poter essere forzata anche da non-partecipi allo Statuto di Roma come stati se richiedenti l’adesione.
Tale fretta riguardo alla Russia non è evidente rispetto all’urgenza ben maggiore relativa alla catastrofe umanitaria di Gaza, datene le dimensioni e la gravità nel contesto dei vari controversi avvenimenti nel volgere di parecchi mesi. Al momento la CPI ha negato una risposta all’iniziativa legale di Cile e Messico per far applicare la Convenzione sul Genocidio e la Prevenzione e Punizione del Crimine di Genocidio. Tali governi chiedevano un’indagine CPI e sue appropriate risposte alle evidenti madornali violazioni d’Israele della Convenzione sul Genocidio commesse nell’esecuzione della propria rappresaglia su Gaza dal 7 ottobre, la cui risposta sproporzionata sembrava ignorare fin dall’inizio l’innocenza civile dei palestinesi di Gaza in un’orgia protratta di castigo collettivo, già esso stesso violazione dell’articolo 33 della 4^ convenzione di Ginevra.
Questa differenza fra i tempi di reazione CPI fra i casi Ucraina e Gaza ha rafforzato l’impressione di applicazione di due pesi e due misure nel trattamento tribunalizio delle accuse di crimini internazionali. nel qual caso era inevitabile che la reputazione politicizzata della CPI sarebbe stata contrastata dai lodevoli sforzi della Corte Internazionale di Giustizia (CIG) per quel che poteva dichiarando la norma relativa al caso, sebbene senza potere coercitivo verso Israele o applicazione da parte ONU.
La CIG e la CPI: un confronto di prestazioni
Su tale sfondo era inevitabile che la CPI venisse considerate un’istituzione fiacca, soprattutto per non aver ottenuto inizialmente la partecipazione o cooperazione di stati importanti come USA, Russia, Cina, e ovviamente Israele. A tal proposito la CPI è stata comparata il più sfavorevolmente rispetto alla CIG, di cui tutti i membri ONU erano automaticamente partecipi. La CIG è stata ampiamente rispettata per aver mantenuto un alto grado di professionalità nel valutare i meriti delle dispute legali passatele per aggiudicazione, costantemente cauta ad usurpare diritti sovrani di stati internazionali.
Tale positiva reputazione della CIG è stata molto accentuate dai suoi ordini con causa pendente quasi unanimi di gennaio e marzo 2024 su parecchie misure provvisorie richieste dal SudAfrica per impedire il comportamento d’Israele, che parevano porre una base plausibile alla conclusione che Israele in futuro sarebbe stato riconosciuto colpevole di ‘genocidio’ a Gaza. A Israele fu anche ingiunto di permettere che gli aiuti umanitari raggiungessero i civili palestinesi senza interferenze date le condizioni emergenziali esistenti.
Tale ingiunzione sarebbe valsa almeno fino a una sentenza finale sui meriti della contesa sul genocidio da parte della CIG dopo che avesse risposto a ulteriori discussioni della causa orali e scritte delle parti, procedimento previsto durare parecchi anni; cosa riduttiva della rilevanza esistenziale della sentenza CIG poiché la strage sarebbe finita ben prima che la Corte avesse tempo di decidere. La decisione avrebbe comunque avuto ancora valore giurisprudenziale in quanto interpretazione autorevole del crimine di genocidio nonostante il sostegno geopolitico fornito a Israele da importanti stati membri ONU. Una sentenza tardiva della CIG avrebbe anche potuto essere ben accolta internazionalmente dando luogo a meccanismi reattivi preventivi e precoci in previsione di futuri genocidi.
Pur con la cauta professionalità legale della CIG una commissione quasi unanime dei diciassette giudici trovo Israele responsabile abbastanza di azioni che rendevano ‘plausibile’ temere un genocidio in termini tali da attuare Misure Provvisorie in risposta alla richiesta del SudAfrica. [Vigenza della Convenzione sulla Prevenzione e Punizione del Crimine di Genocidio nella Striscia di Gaza Strip (SudAfrica vs. Israele, Iniunzioni CIG, 192, 20240126 & 192 20240328, ProvMeasures)]; [v. anche la valutazione sistematica, meno giurisprudenzialmente inibita, della Special Rapporteur/se sulla Palestina Occupata per il Consiglio ONU sui Diritti Umani, Francesca Albanese, ‘Anatomia di un genocidio’ A/HRC/55/73, 25 marzo 2024].
Tali ingiunzioni chiedevano con forza legale a Israele di prendere una varietà di misure per smetter di agire con comportamento plausibilmente considerato dalla CIG come genocida, ivi compresa l’ interferenza con gli sforzi di provvedere di cibo e medicine i palestinesi affamati e disperati accalcati insieme in diffuso e rischioso stato miserevole per tutta Gaza, e non solo nella cittadina di Rafah al confine egiziano. La prospettiva di sanguinose estensioni del genocidio continua tuttora ad essere quotidianamente promessa dai capi israeliani pronti ad attaccare Rafah con i tocchi definitivi a un assalto provocatoriamente diretto contro le sensibilità morali dell’umanità oltre che le prospettive di vita dei palestinesi. Nell’apprestarsi all’attacco a Rafah, Israele ha finora rifiutato le pressioni ufficiali e ufficiose USA più apertamente che la CPI, che si è piegata e forse si piegherà ancora alla volontà dell’Occidente Globale.
Un momento redentivo per la CPI?
Se me l’avessero chiesto fino a una settimana fa, avrei detto che Bibi Netanyahu sarebbe stato l’ultimo al mondo ad accorrere al salvataggio istituzionale della La Corte Penale Internazionale, benché così facendo indirettamente abbia scelto un modo ambiguo. Netanyahu saltò su a denunciare la CPI dopo che voci in giro suggerivano che la Corte stave per emanare mandate d’arresto specificamente per Netanyahu, il ministro della Difesa Yoav Gallant, e il Capo di stato maggiore dell’esercito Herzl Halevi. La prospettiva in qualche modo disturbava talmente Netanyahu che scelse di passare all’offensiva in anticipo su qualunque azione formale. Vale la pena per chiunque guardarsi la sua sfuriata video di 5 minuti contro la CPI anche solo per farsi un’idea di quanto possa essere potenzialmente formidabile la CPI se funziona come deve. Se ci vuole Netanyahu per indurre la CPI per decenza a fare finalmente il suo lavoro, così sia.
You have to hear this to believe this. pic.twitter.com/msPDwc3H7t
— Benjamin Netanyahu – ?????? ?????? (@netanyahu) April 30, 2024
Al tempo stesso le grossolane distorsioni di Netanyahu di quanto stava accadendo a Gaza sono state così estreme da fornire materiale prezioso ai vari umoristi delle TV serali se intendevano passare una mano di bianco su sei mesi di catastrofe umanitaria senza precedenti che arrivava a mettere a repentaglio la sopravvivenza della popolazione civile di Gaza stra-abusata già da tanto. Il comportamento israeliano è così macabro da oltrepassare la bonaria commedia apolitica, o perfino la satira politica. Offre più di un’occasione per piangere e provare strazio per le vite rovinate e perse e per le tante devastazioni, di città, ospedali, luoghi di culto, scuole, e impianti ONU.
E’ entro questo ambiente che pare sia stata data alla CPI un’opportunità di agire finalmente in consonanza con il proprio mandato, redimere la sua reputazione di smidollata, e battere un colpo simbolico nella faticosa lotta sempre più coinvolgente il mondo per fermare il genocidio d’Israele a Gaza. E’ tecnicamente possibile e senza dubbio politicamente una tentazione per il procuratore deludere queste aspettative limitando l’azione CPI contro i capi di Israele e di Hamas ai loro presunti delitti precedenti al 7 ottobre; evasione che sarebbe nell’àmbito dell’ iniziativa del 2015 della Palestina, aderente allo Statuto di Roma, che fu avviata in modo tale che qualunque crimine dopo il 2014 fosse potenzialmente perseguibile. Una tale evasione sarebbe una doppia delusione per chi cerca di aumentare la pressione su Israele perché accetti una tregua seguita da una serie di atti riparatori che potrebbero comprendere direttive punitive di risarcimento, riparazione, responsabilità e ricostruzione.
Ci resta l’interrogativo del perché della reazione d’Israele alla CPI, alla luce della sua bassa stima istituzionale, considerata tanto più minacciosa per la dirigenza israeliana che le direttive più focalizzate della ben più affermata CIG. Che sia perché il carattere penale della CPI e la natura personale dei mandati d’arresto costituisca una minaccia maggiore che la prospettiva di un mero regolamento legale? È ovviamente rilevante notare che la CIG non è un tribunale penale e abbia l’autorità solo per valutare dispute legali fra stati sovrani e dare ‘consulenza’ legale in risposta a richieste di organi ONU.
Netanyahu ha espresso la sua argomentazione chiave contro i mandati d’arresto come minaccia mortale al diritto delle democrazie di difendersi contro i propri nemici terroristi, che siano regimi o attori non-statuali, eccetto l’Iran. Una tale opinione inverte le percezioni dei popoli di tutto il mondo salvo quei governi ed elementi di destra che sostengono Israele nell’Occidente Globale e il nocciolo più duro degli zeloti sionisti oltre oceano. Sempre più, perfino nelle fortezze dell’influenza sionista, versioni più blande di sionismo e voci ebraiche più indipendenti parteggiano per i manifestanti pro-Palestina, reagendo alla trista realtà del genocidio.
Annotazione conclusiva
Dovremmo ormai sapere tutti che Israele non ha alcuna intenzione di rispettare il diritto internazionale, qualunque sia la fonte dell’autorità. In questo senso, l’importanza della Corte internazionale di giustizia e, potenzialmente, della Corte penale internazionale, è quella di rafforzare la crescente marea di sentimenti pro-palestinesi in tutto il mondo e un consenso emergente per rafforzare le iniziative di solidarietà della società civile del tipo che ha contribuito alla sconfitta americana in Vietnam nonostante la totale superiorità militare sul campo di battaglia e che ha poi condannato il regime sudafricano dell’apartheid.
A questo proposito, le dichiarazioni delle più influenti istituzioni internazionali incaricate di interpretare il diritto internazionale hanno un impatto comportamentale maggiore in situazioni politiche di alto profilo come quella di Gaza, di quanto non facciano la Corte internazionale di giustizia o la Corte penale internazionale e, se vogliamo, anche il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. I governi possono sfidare l’autorità legale, mentre la società civile si mobilita per attuare le sue conclusioni se queste sembrano rafforzare le convinzioni morali e politiche.
Ancora una volta, se il popolo palestinese riuscirà a realizzare i propri diritti fondamentali, sarà grazie alla resistenza di coloro che ne sono vittime, rafforzata dall’attivismo della società civile di tutte le persone. Forse, lanciando il suo attacco al vetriolo contro la Corte penale internazionale, Netanyahu ha inconsciamente tenuto un mendace sermone ai popoli del mondo che si rifiutano di dare ascolto a queste ipocrisie autoassolutorie.
TRANSCEND MEMBERS, 13 May 2024
Richard Falk | Global Justice in the 21st Century – TRANSCEND Media Service
Traduzione di Miki Lanza per il Centro Studi Sereno Regis
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