La lama e la croce. Storie di cattolici che si opposero a Hitler
Francesco Comina, La lama e la croce. Storie di cattolici che si opposero a Hitler, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2024, pp. 175, € 15
È esistita un’opposizione tedesca a Hitler? Certamente sì, in Germania e in Austria sono state scritte pagine ammirevoli di resistenza al regime nazista. Il recente libro di Francesco Comina, La lama e la croce (Libreria Editrice Vaticana, 2024), è animato, come già alcuni dei suoi precedenti volumi, dal tentativo di far emergere tracce significative di queste storie: «in queste pagine, che non vogliono essere né un’opera storiografica né una galleria esaustiva di cattolici antinazisti, si ricordano alcune vite, solo alcune fra le tantissime vicende di uomini, donne, ragazzini rimasti fedeli alla coscienza in nome del Vangelo».
Non un saggio storico critico nel senso proprio del termine dunque, come l’autore stesso dichiara subito esplicitamente, ma di certo un resoconto memorialistico appoggiato su una solida base documentaria, che ricostruisce il nucleo essenziale di vite, in genere giovani quando non giovanissime, illuminate dalla volontà di opporsi a un potere tirannico e di non associarsi alla sua crudeltà.
Alcune di queste storie godono di una certa notorietà, come quella di Franz Jägerstätter, il contadino austriaco che rifiutò di far parte dell’esercito di Hitler, altre sono pressoché totalmente sconosciute, come quella di Heinrich Dalla Rosa, giovane prete nativo della zona di Merano, la cui parabola antinazista Comina stesso ha scoperto solo di recente.
In queste vicende possiamo rintracciare differenti modalità di contrapposizione al regime hitleriano: ci sono «i casi di testimoni “solitari”», come Max Josef Metzger o suor Angela Autsch, l’angelo di Auschwitz, oppure i casi di resistenti inseriti all’interno di un gruppo, una comunità di spiriti affini, come Eva-Maria Buch e Maria Terwiel, che erano parte dell’organizzazione della «Rote Kapelle», o Walter Klingenbeck e i suoi amici a Monaco di Baviera. O ancora un vero e proprio esempio di disobbedienza di massa, come fu quello delle 2.000 reclute di Bressanone, che nel febbraio del 1945 non pronunciarono la formula canonica del giuramento a Hitler, «l’unico gesto – sottolinea Comina – di ribellione da parte di una compagnia di soldati di cui si è a conoscenza sotto il nazionalsocialismo».
Ma se i percorsi possono essere stati diversi, comune a tutti è una concreta spinta ad agire che possiamo sintetizzare nella formula «obiezione di coscienza», l’insopprimibile necessità di disobbedire e di non essere complici di chi calpesta la dignità e i diritti fondamentali di altri uomini.
Oltre alla centralità dell’obiezione di coscienza, nel ripercorrere le memorie di queste vite si possono talvolta cogliere nelle loro azioni e nei loro pensieri dei segni precursori di un mondo futuro, sia in senso altamente drammatico, come l’ affacciarsi di una nuova guerra mondiale, intravisto da Max Josef Metzger già nel 1929, sia, in direzione opposta, nei germi di novità politica e religiosa alla base della costruzione di un’Europa più giusta e pacifica e di una Chiesa cattolica meno ripiegata su se stessa, ecco allora, sempre in Metzger, la proiezione di una Confederazione europea e l’aspirazione a un dialogo ecumenico fra chiese d’Oriente e d’Occidente, o le anticipazioni, presenti in padre Dalla Rosa e in altri, di istanze che saranno alla base del Concilio Vaticano II, in vista di un cattolicesimo più aperto al mondo moderno e capace di innovare la propria liturgia e la propria azione pastorale.
Una versione differente di questa recensione è pubblicata nella rubrica “Librarsi”, a cura del Centro Studi Sereno Regis, sul numero di maggio della rivista “Missioni Consolata”. Qui la versione web
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