Munizioni

Elena Camino

Con munizione, in ambito militare, si intendono gli oggetti destinati a colpire il nemico allo scopo di danneggiarlo o neutralizzarlo. Il termine deriva dal latino munire, nel medesimo senso dell’italiano, poiché le munizioni costituiscono dotazione principale del soldato. Il termine indica anche ciò che costituisce il caricamento di un’arma da lancio. Nel caso di armi da fuoco, è sinonimo di cartuccia, mentre nel caso di arma da lancio d’artiglieria le “munizioni” corrispondono semplicemente ai proiettili che vengono lanciati. (Da Wikipedia) 

Urgente l’acquisto di munizioni

Con il comunicato stampa del 3 maggio 2023 la Commissione Europea riunita a Bruxelles annuncia l’adozione di una nuova legge che consentirà ai Paesi dell’Unione di produrre rapidamente una quantità crescente di munizioni e di missili. Leggendo il testo apprendiamo che “La Commissione Europea ha adottato oggi la legge a sostegno della produzione di munizioni (ASAP), concretizzando la linea di azione 3 del piano concordato dal Consiglio il 20 marzo, volto a fornire urgentemente munizioni e missili all’Ucraina e aiutare gli Stati membri a ricostituire le loro scorte. […] Con l’introduzione di misure mirate, anche di finanziamento, la legge mira a potenziare la capacità di produzione dell’UE e a rimediare all’attuale carenza di munizioni e missili, e dei relativi componenti. Sosterrà lo smaltimento delle scorte degli Stati membri (linea d’azione 1) e le acquisizioni congiunte di munizioni (linea d’azione 2). […]

La Commissione propone lo stanziamento di 500 milioni di € a prezzi correnti. Grazie alla ridistribuzione degli stanziamenti, l’importo è alimentato da diversi strumenti, in particolare il Fondo europeo per la difesa e il futuro EDIRPA[1]. Tuttavia, se si legge con attenzione la dichiarazione della Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, citata nel comunicato stampa, si apprendono alcuni dettagli non irrilevanti (il grassetto è mio): 

“[…] L’Europa sta intensificando il suo sostegno su tre linee d’azione. In primo luogo, gli Stati membri stanno fornendo ulteriori munizioni attingendo alle scorte esistenti, grazie anche al nuovo sostegno di 1 miliardo di euro dello strumento europeo per la pace. In secondo luogo, insieme agli Stati membri procederemo ad appalti congiunti per procurarci più munizioni per l’Ucraina: stiamo mettendo a disposizione un ulteriore miliardo di euro a tale scopo.

Oggi teniamo fede ai nostri impegni per quanto riguarda la terza linea d’azione: potenziare e velocizzare la produzione industriale di munizioni in Europa. Saranno fornite così più munizioni all’Ucraina per la difesa dei suoi cittadini e saranno rafforzate le capacità di difesa europee. Insieme agli Stati membri mobiliteremo un ulteriore miliardo di euro per potenziare le capacità in tutta Europa. Si tratta di un elemento essenziale della capacità strategica dell’Europa di difendere i suoi interessi e valori e di contribuire al mantenimento della pace nel nostro continente.”.

Quanti miliardi di Euro, dunque, saranno destinati alla produzione e all’acquisto di munizioni? E quanto contribuiranno i cittadini europei?

Informazioni secretate

E’ molto difficile, per chi non è un ‘addetto ai lavori’, trovare informazioni aggiornate e attendibili sui flussi di materiali bellici inviati dalle nazioni dell’Unione europea, sia complessivamente dall’inizio della guerra tra Russia e Ucraina, sia di recente.

Nel primo pacchetto di aiuti, inviati il 28 febbraio 2022, l’Italia ha fornito crediti all’Ucraina per circa 310 milioni di euro su base bilaterale, mentre gli aiuti umanitari sono stati quantificati per un totale di 40 milioni di euro, cui è necessario aggiungere circa 390 milioni allocati agli aiuti militari. L’aiuto economico, umanitario e militare è costato in questa prima fase circa 800 milioni di euro,

Relativamente alla tipologia di armamenti forniti dal nostro paese, secondo quanto è emerso a mezzo stampa, l’Italia avrebbe inviato in Ucraina munizioni di diverso calibro, armi leggere come mitragliatrici MG, mortai da 120mm, lanciarazzi Milan, mezzi Lince, artiglieria trainata Fh70 e semoventi Pzh2000.

Il segreto imposto dal governo italiano sulla natura e sulla consistenza degli aiuti militari forniti all’ Ucraina (in termini di mezzi, addestramenti, uomini) rende impossibile conoscere il nostro livello di responsabilità in questa guerra. Dalla lista di ‘aiuti’ pubblicata sul sito del Ministero degli Esteri (in una pagina senza data) estraggo la prima ‘voce’ invitando i lettori a leggere l’intero elenco: L’Italia ha finora approvato 6 consistenti pacchetti di sostegno militare alla difesa dell’Ucraina, comprensivi di equipaggiamenti sia letali che non letali, basati sulle esigenze delle Forze Armate ucraine.

Per quanto riguarda l’Europa, il 18 maggio 2023 l’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Unione europea Josep Borrell ha proposto di aggiungere 3,5 miliardi di euro a un fondo, l’European Peace Facility (EPF), che ha già stanziato circa 4,6 miliardi di euro in aiuti militari per l’Ucraina, nonostante fosse stato concepito (nel 2021) per aiutare i Paesi in via di sviluppo ad acquistare attrezzature militari. Tuttavia, i 27 Paesi europei hanno rapidamente deciso di usarlo anche per portare armi all’Ucraina dopo l’invasione della Russia nel febbraio dello scorso anno.

In Italia, nel decreto Legge “Lavoro” approvato dal governo Meloni lo scorso 1° maggio vi è una norma che autorizza una spesa di 14,5 milioni di euro a favore dell’Agenzia Industrie Difesa: la spesa sarà suddivisa in 5,5 milioni per il 2023 e 9 milioni per il 2024. La misura ha lo scopo di potenziare la filiera delle munizioni, e “risponde alle conseguenze dell’aggressione russa all’Ucraina sul sistema produttivo e sul mercato degli armamenti, in particolare sul settore del munizionamento”.  

Munizioni per difendere interessi e valori

Tra i suggerimenti che accompagnano l’approvazione della legge per l’acquisto di munizioni, gli Stati membri europei sono invitati a procurarsi congiuntamente munizioni da 155 mm e, se richiesto, missili per l’Ucraina nel modo più rapido possibile entro il 30 settembre 2023. Nel testo della legge e negli annessi non sono specificate le caratteristiche delle ‘munizioni’: l’unico dettaglio fornito riguarda munizioni da 155 mm e missili. Il termine ‘missili’ è troppo generico per poter approfondire. Invece, sulle munizioni da 155 mm si può sapere qualcosa di più, cercando sul web.

U.S. Marines Corps Cpl. Cris Lee, left, and Staff Sgt. Nicholas Feldman prepare powder charges in Helmand province, Afghanistan, Oct. 29, 2009. Lee, a cannoneer, and Feldman, a motor transport chief, are attached to November Battery, 5th Battalion, 14th Marine Regiment. The 5th Battalion is to attached 3rd Battalion, 11th Marine Regiment, and is deployed with Regimental Combat Team 7, which conducts counterinsurgency operations in partnership with the Afghan National Security Forces in southern Afghanistan. (U.S Marine Corps photo by Sgt. Christopher R. Rye/Released)


Si tratta di una categoria di proiettili da artiglieria pesante del calibro di 155mm: Wikimedia Commons ne descrive 8 sottocategorie, che sono illustrate a questo link.  Questi proiettili vengono caricati su obici (una versione moderna di cannoni), pezzi di artiglieria che possono essere spostati agevolmente su campo di battaglia; sono in grado di colpire con precisione bersagli lontani decine di chilometri, e possono sparare anche più colpi al minuto. Ecco il video di un obice in azione.

Sul costo unitario di questo tipo di munizione non sono riuscita a trovare informazioni: chissà quanti se ne possono comprare con 500 milioni di Euro?

Da testa a testa: storia di un proiettile

Può essere interessante – a proposito di munizioni – ascoltare le parole di uno studioso, il Prof. Francesco Gonella – che in una lezione tenuta presso l’associazione TED[2] –  da testa a testa  (di 16,26 minuti) – racconta il viaggio di un proiettile dalla testa di un ingegnere a quella di una bimba afgana, attraverso la contabilizzazione eMergetica, cioè il calcolo dei flussi di energia e materia necessari per la costruzione della munizione.  Il proiettile preso in esame in questa conferenza è un proiettile da fucile… ma i conti fatti dal Prof. Gonella sui flussi di energia e materia si potrebbero adattare al proiettile da 155 mm, che ha un peso di 43,5 kg.

La conta dei morti

In passato, alla fine delle battaglie, e poi delle guerre, si cercava di capire quanti erano stati i morti dall’uno e dall’altro fronte.  I dati sono sempre stati incerti e controversi, e ciò che resta nella memoria è l’ordine di grandezza dalle tragedie che hanno accompagnato l’umanità.

Secondo il sito di Wikipedia, il totale delle perdite causate dal primo conflitto mondiale si può, con molte incertezze, stimare a più di 37 milioni, contando più di 16 milioni di morti e più di 20 milioni di feriti e mutilati, sia militari che civili. Anche la stima del numero totale di vittime della seconda guerra mondiale non è determinabile con certezza e varia molto, ma le cifre più accertate e per cui tutti vanno più o meno d’accordo parlano di un totale, tra militari e civili, compreso tra 60 milioni e più di 68 milioni di morti.

Di Chmee2Opera propria, CC BY-SA 3.0


L’utilizzo dell’aviazione, durante la seconda guerra mondiale, consentì di uccidere tantissime persone in una sola operazione bellica: tra i numerosi ‘bombardamenti strategici’ da parte di inglesi e americani, particolarmente violenta fu, a partire dal 13 febbraio 1945 una serie di bombardamenti, che distrussero la città di Dresda, le cui rovine restarono in fiamme per più di una settimana. Vi morirono 135 mila persone.

L’evoluzione dei sistemi militari consentì di passare dai fucili e dalle baionette tra le trincee della Grande guerra, alle bombe incendiarie di piccole dimensioni e alle pesanti bombe da centinaia di Kg sganciate dai bombardieri nel secondo conflitto mondiale.

I bombardamenti con armi atomiche

Particolare interesse ha suscitato la conta delle vittime dei due bombardamenti compiuti dagli Stati Uniti sulle città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki. A distinguere questi eventi dai precedenti scontri armati fu l’utilizzo di un armi atomiche, estremamente potenti, in grado di uccidere all’istante centinaia di migliaia di persone, e caratterizzate dall’emissione di radiazioni dannose a lunga persistenza.

Un recente numero del Bulletin of Atomic Scientists ripropone la lettura di un articolo scritto dallo storico Alex Wellerstein nel 2020: Counting the dead at Hiroshima and Nagasaki. L’Autore, che ha svolto ricerche estremamente approfondite su questo tema, conclude che a suo parere è impossibile dare una risposta univoca alla domanda sul numero di vittime: non perché ci sia stata esplicita malafede o manipolazione nella raccolta dei dati, quanto per l’estrema varietà di informazioni disponibili, di soggetti, di punti di vista.

Wellerstein conclude così il suo articolo:  In pratica, autori e rapporti sembrano raggrupparsi attorno a due numeri, che chiamerò stima “bassa” e stima “alta”. Le stime “basse” sono quelle derivate dalle stime degli anni ’40: circa 70.000 morti a Hiroshima, e circa 40.000 morti a Nagasaki, per un totale di 110.000 morti. Le stime “alte” sono quelle che derivano dalla rivalutazione del 1977: circa 140.000 morti a Hiroshima, e circa 70.000 morti a Nagasaki, per un totale di 210.000 morti totali. Dato che le stime “alte” sono quasi il doppio delle stime “basse”, si tratta di una differenza significativa. Non vi è alcuna ragione intellettualmente difendibile per presumere che, ad esempio, una media (105.000 morti a Hiroshima, 55.000 morti a Nagasaki) sarebbe più accurata o significativa.

Le due bombe atomiche spazzarono via in pochi secondi un numero di persone pari a quelli che i bombardamenti a tappeto nella seconda guerra mondiale impiegarono alcuni giorni ad uccidere: non fu tanto il risultato finale a fare la differenza, quanto la potenza che la tecnologia militare riuscì a esprimere, e le conseguenze irreversibili della radioattività sprigionata nell’esplosione.

Responsabilità concentrata …

Gli esecutori materiali delle stragi causate dalle due bombe atomiche furono i militari americani che pilotarono i bombardieri sulle due città giapponesi. Alcuni di essi, come  Paul W. Tibbets e Charles W. Sweene, non mostrarono mai segni di pentimento. Tibbets , pilota del bombardiere Enola Gay, in una intervista affermò:

Personalmente non ho rimorsi. Mi fu detto – come si ordina a un soldato – di fare una certa cosa. E non parlatemi del numero delle persone uccise. Non sono stato io a volere la morte di nessuno. Guardiamo in faccia alla realtà: quando si combatte, si combatte per vincere, usando tutti i metodi a disposizione. Non mi posi un problema morale: feci quello che mi avevano ordinato di fare. Nelle stesse condizioni lo rifarei.”

Claude Eatherly, invece, responsabile di aver dato l’ordine di sganciamento della bomba Little Boy sul cielo di Hiroshima, fu – dei due equipaggi di piloti dei bombardieri – l’unico a farsi avanti per confessare pubblicamente il proprio rimorso per ciò che aveva fatto. Nel 1959 il filosofo tedesco Günther Anders venne a conoscenza del caso Eatherly e incominciò un rapporto epistolare con l’aviatore, per aiutarlo a uscire da quella condizione[3]. I contatti divennero più intensi con il tempo e i due si incontrarono qualche anno dopo. Anders suggerì all’ex pilota di scrivere una lettera di scuse in cui descriveva il suo dolore, il suo rimorso e la sua vita dopo quella ricognizione. I superstiti di quell’inferno gli risposero che in fondo lui era solo un’ennesima vittima di Hiroshima.

I maggiori responsabili dei bombardamenti atomici furono principalmente gli attori del sodalizio militar-industriale USA e gli scienziati che offrirono le loro competenze per la produzione di questi terribili ordigni.

… o responsabilità distribuita…

Come si combatte l’attuale guerra tra Ucraina e Russia?  A giocare un ruolo essenziale sono state finora le “forze pesanti” (unità corazzate, fanteria pesante, unità esploranti di supporto al combattimento e logistiche): dunque, il carro armato resta uno dei protagonisti indiscussi del teatro. Ma – come insegnano gli strateghi militari – le forze in prima linea devono essere sostenute da azioni in profondità, a distanze crescenti rispetto alla linea di contatto, che consentano di effettuare “manovre disperse”.

In questo ambito gioca un ruolo determinante l’artiglieria tradizionale. In questo video, un plotone di carri armati ucraini spara sulle trincee russe dopo una missione di combattimento nei pressi di Bakhmut. Il comandante di un plotone, richiesto di commentare il previsto impatto di armi e munizioni occidentali sul conflitto, risponde così: “Ci aspettiamo di rinforzarci molto con i nuovi veicoli militari, che sono più moderni e hanno armi migliori”. Un altro militare dice che non ha paura di usare un T-64, vecchio modello di epoca sovietica: “Quando sei in missione, non pensi al pericolo di essere ferito o ucciso”.  Qui invece, obici russi bombardano postazioni ucraine.[4]

Alla fine di ogni azione, i bombardamenti tra mezzi militari terminano con i corpo a corpo finali, dove sono le persone ad affrontarsi direttamente, tra fossati, barricate, trincee a zig-zag, campi minati, filo spinato…

Finanziare e approvare l’invio di munizioni implica una assunzione di responsabilità da parte dei governi, e dei cittadini che hanno dato loro l’autorizzazione.

… e la responsabilità inconsapevole?

La guerra russo-ucraina si sta dunque svolgendo utilizzando munizioni convenzionali? Non solo: un ruolo importante che si è affacciato allo scenario di guerra è la tecnologia informatica che guida i movimenti delle truppe, i coordinamenti tra le manovre, l’utilizzo mirato dei droni, l’indirizzamento dei proiettili verso i bersagli.  La commistione tra condotta tradizionale delle operazioni terrestri e la presenza sul campo di battaglia di sistemi d’arma tecnologicamente avanzati come droni e missili di precisione a lunga gittata, sta spingendo gli eserciti a un costoso sforzo di evoluzione e trasformazione continua.

Come spiega efficacemente l’Azienda Leonardo,  oggi  ci sono sistemi integrati in grado di collegare in maniera diretta e immediata ogni singolo soldato con il centro decisionale, adottando un approccio omnicomprensivo in cui tutte le componenti delle operazioni militari comunicano tra loro all’interno di un sistema interconnesso basato sulla digitalizzazione dei sistemi di Comando e Controllo.

Entro la fine del 2023 saranno consegnati all’Ucraina due sistemi di difesa aerea dal valore di 183 milioni di franchi, poco meno di 182 milioni di euro. I sistemi sono stati sviluppati dalla Rheinmetall Air Defence. L’azienda illustra in un video le prestazioni di questi nuovi mezzi militari, di cui è parte integrante il cannone antiaereo Skynex, adatto a fronteggiare situazioni belliche nuove, che richiedono competenze tecniche ed informatiche molto innovative.

L’innovazione tecnologica assume un ruolo sempre più rilevante nei conflitti armati, e coinvolge un numero crescente di soggetti che non sono direttamente impiegati nel mondo militare. Sono sempre più numerose, anche in Italia, le persone coinvolte in impegnative e raffinate ricerche in ambiti e su tematiche che sono funzionali alle applicazioni militari, anche se ciò non è immediatamente riconoscibile.

Per esempio, nel programma di sviluppo di un nuovo aereo da combattimento, il GCAP (Global Combat Air Programme), al quale l’Italia collabora con Gran Bretagna e Giappone, sono in fase di avvio ricerche per lo sviluppo di ‘accessori’ tecnologicamente innovativi, in grado di integrare l’elemento principale, l’aereo Tempest, con i risultati delle ricerche in corso su sistemi di propulsione, sistemi ottici e laser, sensori IR (infrarosso), materiali e metamateriali a bassa osservabilità o a elevate performance termiche, sistemi di navigazione, generazione di modelli e sviluppo di digital twin dei sistemi aeronautici, intelligenza artificiale applicata alla gestione di sistemi autonomi e sistemi di missione, cyber security e dispositivi elettronici integrati.

Termini dei quali i cittadini non esperti non sono in grado di capire i possibili utilizzi, se non cercando di individuare quali sono i proponenti di tali ricerche, e da quali finanziamenti dipendono i loro stipendi. Ma il più delle volte il mondo della ricerca e i settori produttivi privilegiano le opportunità di impiego all’analisi critica delle finalità del loro lavoro.   Così le competenze professionali e le doti di creatività e di ingegno finiscono per contribuire ad alimentare le guerre, e la loro tragica conta dei morti.[5]

L’uccisione selettiva

Nonostante gli straordinari progressi della tecnologia per la raccolta e comunicazione delle informazioni, ad oggi non sono disponibili dati attendibili sul numero di vittime della guerra in corso tra Russia e Ucraina.  Dopo un anno dall’inizio del conflitto le Nazioni Unite riportano – sono dati di gennaio 2023 – settemila civili uccisi e undicimila feriti in Ucraina. Il numero dei morti militari è incerto, si parla di 100 mila vittime, sia tra russi e ucraini. Ma sono dati poco affidabili, che variano tantissimo a seconda della fonte. E’ sempre più evidente che anche la verità è ormai una delle tante vittime della guerra.

Al 12 aprile 2023 l’Agenzia Reuters segnala che 354.000 soldati, tra russi e ucraini, sono stati uccisi o feriti nella guerra in Ucraina, secondo una serie di presunti documenti dell’intelligence statunitense pubblicati online.

Sono ancora stime che provengono dagli USA quelle pubblicate il 2 maggio: secondo il portavoce del National Security Council sarebbero 20.000 i soldati russi uccisi da dicembre 2022. L’alto Commissario dell’Ufficio delle Nazioni Unite per i Diritti Umani (OHCHR) ha verificato un totale di 8.836 morti tra i civili durante l’invasione dell’Ucraina, e 14.985 persone ferite.

Mentre continuano gli scontri, e gli attacchi e i bombardamenti si fanno ancora più intensi, anche le guerre dei numeri subiscono un’escalation. A metà maggio – riferiscono agenzie e quotidiani – i soldati russi morti sarebbero in totale più di 191.000: le fonti sono bollettini militari ucraini, che i russi hanno immediatamente smentito.

Un articolo recente (17 maggio) pubblicato sulla rivista Internazionale  cita un dato che si riferisce invece al fronte ucraino, secondo il quale sono stati uccisi tra i 15.500 e i 17.500 militari e ne sono stati feriti tra  109.000 e  113.500.  Altri 7.000 soldati risultano dispersi.

Al di là della tragedia delle vittime civili – dai bambini agli anziani – di questa terribile guerra, la maggior parte dei morti sono dei giovani, che si assomigliano, per età, per lingua, per tradizioni: selettivamente sacrificati in nome di ideali sui quali per lo più non sono stati neppure interpellati.  Le responsabilità della loro tragica fine non sono solo dei loro governi, ma di tutti coloro che direttamente o indirettamente sono coinvolti in questo conflitto, e che non hanno saputo, o voluto, impegnarsi con tutte le loro forze a cercare la strada del dialogo. E che hanno contribuito anche materialmente ad alimentare lo scontro armato, acquistando, con le loro scelte politiche e con i loro soldi, quelle munizioni che stanno provocando un crescente numero di giovani morti: sono l’Europa, gli Stati Uniti, l’Italia.

Le prospettive per il futuro: la ricerca accademica entra in guerra

L’industria italiana, in collaborazione con il Ministero della Difesa, ha messo a punto un articolato piano di sviluppo che vede il mondo accademico coinvolto nella ricerca di ‘innovazioni dirompenti’ in grado di rivoluzionare i sistemi di difesa armata. E’ del 2021 la firma di un accordo tra Italia, Gran Bretagna e Giappone per la progettazione e costruzione di un nuovo sistema d’arma, un aereo da combattimento, chiamato Tempest, fornito di numerosi e sofisticati accessori, tanto che in alcuni documenti viene chiamato ‘sistema di sistemi’.

A gennaio 2023 è stato firmato un contratto tra l’azienda Leonardo in qualità di partner, insieme alle aziende nazionali leader nei rispettivi domini (Elettronica, Avio Aero e MBDA Italia) e il Ministero della Difesa italiano per sviluppare, attraverso un processo di transizione tecnologica, il programma GCAP (Global Combat Air Programme), basato su piattaforme di combattimento aereo di sesta generazione capaci di operare in scenari multi-dominio. L’industria collaborerà con università, centri di ricerca, PMI e start-up e in stretta sinergia con il Ministero della Difesa, per indirizzare lo sviluppo tecnologico e, di conseguenza, il supporto industriale nella realizzazione del GCAP, che è appunto l’aereo da combattimento Tempest, ‘sistema di sistemi’.

Torino ‘Città dell’Aerospazio’

Torino si accinge a diventare ‘Città dell’Aerospazio’, coinvolgendo il mondo della ricerca, il tessuto imprenditoriale, la formazione dei giovani.  In un’area con una superficie complessiva di circa un chilometro quadrato   sono previsti spazi per le aziende del settore aerospaziale (Leonardo, Thales Alenia, Altec…) che amplieranno impianti già esistenti, nuove start up, piccole e medie imprese del settore, laboratori, campus di Università e Politecnico, oltre a una zona residenziale.

La Regione sostiene con un investimento di 15 milioni di euro i lavori, che inizieranno a fine novembre. Secondo il Presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio  “Il tessuto imprenditoriale piemontese è sicuramente pronto, come dimostrano i progetti di ricerca industriale per i quali sia i big player, sia le PMI che le startup hanno saputo intercettare importanti finanziamenti da bandi regionali, nazionali e comunitari”.

Nello stesso periodo prenderanno il via le iniziative di Diana, l’acceleratore di startup della Nato. In autunno 2023 partiranno i primi programmi in tandem con alcuni acceleratori, tra cui le Officine grandi riparazioni (Ogr) di Torino, per selezionare, finanziare e far crescere imprese che stanno lavorando a innovazioni strategiche per la sicurezza e la difesa.  Al Politecnico di Torino si stanno selezionando i programmi di ricerca che, grazie all’ingegno e alla creatività di giovani ingegner*, contribuiranno a realizzare la rivoluzione digitale della Difesa, il coordinamento C4I: Comando, Controllo, Comunicazione, Computer e Intelligence.

Che cosa ne sa la società civile? Vale la pena approfondire questo tema… a presto!


Note

[1] European defence industry reinforcement through common procurement act: proposta di coordinamento tra gli Stati Membri per gli appalti destinati alla difesa.

[2] TED (Technology Entertainment Design) è una serie di conferenze, chiamate anche TED talks, gestite dall’organizzazione privata non-profit statunitense Sapling Foundation.

[3] G. Anders. Pilota di Hiroshima. Ovvero la coscienza al bando, Edizioni dell’Asino, 2016.

[4] Non so se le scritte che accompagnano i video corrispondono a verità…le fake news rendono sospette tutte le informazioni.

[5] Secondo il Ministro della Difesa, Crosetto, servono approcci innovativi per continuare a essere efficaci nel garantire la sicurezza della Nazione e sono convinto che un dialogo strutturale tra il mondo militare, il sistema universitario, l’industria di settore e l’ambiente dell’informazione sia uno strumento essenziale per conseguire l’obiettivo. Il “Comitato per lo sviluppo e la valorizzazione della cultura della Difesa” da poco istituito, mira proprio ad “avvalersi del contributo della società civile, favorendo uno sguardo aperto che sommi alla capacità di analisi delle strutture militari quello di professionalità d’eccellenza”. Parole ambigue, che nascondono l’intenzione di favorire l’accettazione della difesa armata come soluzione privilegiata dei conflitti tra comunità e tra nazioni.


 

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