Antifascismo e Costituzione

Enrico Peyretti

Appunti scritti dopo l’assemblea antifascista del 6 marzo, nel tentativo di concentrare intorno ad alcuni valori programmatici anche la nostra attività di cultura positiva della pace.

L’antifascismo è urgente e importante, è qualità costituzionale del nostro paese, da custodire e sempre da realizzare meglio. Il termine suona ancora negativo, ed è bene volgerlo in positivo: essenzialmente la Costituzione democratica del 1948.  Mi sembra di vedere tre maggiori valori programmatici, del tutto alternativi ai germi di fascismo: 1- Politica internazionale, 2- Dialogo interculturale, 3- Pace multipolare.

1 – L’umanità ha ormai una sorte inseparabile, unica: o il disastro globale, o una nuova civiltà. Ogni nazionalismo e rivalità, e ogni volontà di dominio e superiorità sono ritardo fallimentare sulla storia e danno di tutti. Le nazioni-fazioni fratturano l’umanità e le sue vere forze vitali. Il rischio ambientale, il pericolo nucleare, l’economia di morte nella moltiplicazione degli armamenti, le nuove epidemie, le rivalità di influenza e dominio, le gravi diseguaglianze che producono fame e offese totali, e fughe di milioni di profughi disperati, le possibili tecnologie disumanizzanti, tutti questi rischi e dolori esigono una consapevolezza interculturale per una cosmopolitica di giustizia, per una costituzione politica mondiale e pluralistica, per la comunicazione costruttiva tra i popoli e le culture, per una nuova coscienza libera, pacifica, plurale e progressiva della specie umana.

2 – Le diverse culture umane antiche e nuove possono dialogare nel rispetto e nella collaborazione, nella pluralità delle forme e nell’unità dell’etica essenziale:  la “regola d’oro” (non fare all’altro ciò che non vuoi che sia fatto a te; fai all’altro ciò che attendi per te) che esprime il reciproco riconoscimento di valore tra gli umani, ed è (come è documentato) nel centro di tutte le culture umane sviluppate, di ogni luogo e tempo.

Questa coscienza, e non la violenza, è la vera forza che difende e promuove una vita di qualità umana. Questa consapevolezza, coltivata nell’educazione e in tutta la comunicazione sociale, è fondamento essenziale e possibile della soluzione nonviolenta e dialogica dei conflitti vitali e promotori. Il conflitto di per sé non è guerra, ma una giusta rivendicazione, una nuova differenza che può arricchire la realtà umana se è gestito con giustizia e sapienza, senza la stoltezza suicida della violenza.

La cultura del dialogo, dei diritti umani, dell’amore per l’umanità in evoluzione, è l’antidoto ad ogni violenza, sia diretta e fisica, sia strutturale, sia mentale nelle ideologie di sopraffazione. E’ possibile, ed è un degno obiettivo della cultura e della politica, un nuovo umanesimo della “convivialità delle differenze” (Tonino Bello).

3 – La pace vitale e giusta non risulta mai dalla vittoria delle armi, che premia solo il maggiore “omicidio militare”, ed è sempre seme avvelenato di rivincita bellica, e sempre offesa dei diritti umani essenziali: “La guerra è l’antitesi del diritto” (ripeteva Norberto Bobbio con i maggiori saggi della storia). La pace giusta non è neppure un dominio statico, una “pace d’impero” (tipo “pax romana”). Il dominio offende la qualità umana, anche nel dominatore stesso.

La vittoria vera e comune sul fallimento umano è l’uscita dal conflitto violento, col cessare di uccidere e distruggere, con la trattativa ragionevole, saggia, paziente, lungimirante e rispettosa equilibrata di tutti i diritti, aiutata dalla mediazione autorevole delle istituzioni internazionali, di cui l’umanità ha saputo dotarsi dopo la tragedia immane 1939-1945 e sono oggi da consolidare politicamente. La pace positiva e vera, a cui l’umanità tende nella propria evoluzione civile, è la progressiva coscienza e attuazione dei diritti e doveri umani in tutti i popoli e le persone. Mi sembra che anche la politica quotidiana nei problemi correnti  possa non degenerare se alimentata ai questi valori programmatici.


 

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