Dal Mare Nostrum al Mare Mortuum: il disastro evitabile delle morti dei migranti in mare

Amy Goodman, Denis Moynihan

Sei anni fa, il dottor Orlando Amodeo ha pubblicato un video che mostrava i sacchi per i cadaveri dei migranti annegati che venivano calati su un molo, a bordo di una delle navi di soccorso di MSF. Ha intitolato il video “Dal Mare Nostrum al Mare Mortuum”, invocando l’antico nome romano del Mediterraneo, Mare Nostrum, “Mare Nostro”, e nominando quello che è diventato, Mare Mortuum, il Mare della Morte.

I corpi dei migranti annegati continuano ad affiorare sulle spiagge di Crotone, in Italia, nel Mar Mediterraneo. La loro barca di legno si è schiantata sugli scogli appena al largo di questa città turistica calabrese, trasformando la spiaggia, ha detto un abitante del luogo, “in un cimitero”. Il bilancio delle vittime è arrivato a 67 mercoledì, con 80 sopravvissuti. Si presume che i morti siano molti di più, dato che almeno 200 persone erano a bordo dell’imbarcazione quando è partita da Smirne, in Turchia, qualche giorno prima.

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“Ho curato i migranti per 30 anni e non ho mai visto nulla di simile”, ha dichiarato al Guardian Orlando Amodeo, un medico locale. “Queste persone hanno percorso 1.078 chilometri via mare per poi morire a tre metri dalla riva”.

Lo stesso Mar Mediterraneo è diventato un enorme cimitero negli ultimi anni. L’Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM) delle Nazioni Unite stima che almeno 26.000 migranti siano morti durante la traversata verso l’Europa, per lo più dalla Turchia e dalla Libia, in fuga dall’Afghanistan, dalla Siria e da nazioni africane devastate dalla siccità e dalla guerra. Molti altri migranti sono morti senza essere contati, perché i viaggi clandestini su imbarcazioni di fortuna, sovraffollate da trafficanti di esseri umani che vogliono massimizzare i profitti, troppo spesso scompaiono in mare senza lasciare traccia.

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“In questo caso c’è molta più attenzione da parte dei media perché la tragedia è avvenuta così vicino all’Italia”, ha detto Caroline Willemen, viceresponsabile delle ricerche e dei soccorsi di Medici senza frontiere, parlando del naufragio di Crotone al notiziario di Democracy Now! “Ma questo è qualcosa che accade, purtroppo, con una certa regolarità, anche molto spesso vicino, ad esempio, alle coste libiche, a persone che lasciano le coste libiche. Molto spesso queste notizie non arrivano nemmeno ai media occidentali”.

Oltre sette milioni di ucraini in fuga dall’invasione russa sono stati giustamente accolti in Europa. Teymoori Mohammad ha perso un parente nel disastro di Crotone. Parlando alla stampa, ha lamentato la mancanza di parità di trattamento per i rifugiati non bianchi:

“Perché hanno i capelli neri o non hanno gli occhi verdi o blu, non hanno salvato queste persone… il loro diritto umano. Perché hanno gli occhi neri o i capelli neri, non erano umani”.

MSF opera con navi di ricerca e soccorso nel Mediterraneo dal 2015, solcando acque pericolose per salvare migliaia di migranti che altrimenti sarebbero morti, schivando anche una serie crescente di regolamenti e restrizioni imposte dai Paesi europei intenzionati a bloccare l’immigrazione. L’ultima nave di MSF, la Geo Barents, è stata rimessa a punto e varata nel giugno 2021. Attualmente è sotto sequestro in un porto siciliano, vittima del nuovo giro di vite dell’Italia sulle operazioni di ricerca e soccorso umanitario, varato dal governo di estrema destra del primo ministro Giorgia Meloni.

“Questa nuova legislazione è rivolta solo alle ONG che svolgono attività di ricerca e salvataggio”, ha spiegato Willemen. “Tenete presente che la stragrande maggioranza delle persone che arrivano in Italia, o riescono ad arrivare autonomamente o vengono salvate dalla Guardia Costiera italiana, ma la legislazione prende di mira solo le ONG, il che la dice lunga”.

Medici senza frontiere non è l’unica organizzazione umanitaria impegnata nel salvataggio dei migranti ad essere perseguitata dai vari governi europei. Sea-Watch, RESQSHIP e altri gruppi con sede in Germania stanno condannando la nuova ordinanza tedesca sulla sicurezza delle navi, che sembra progettata appositamente per ostacolare le operazioni di salvataggio dei migranti civili.

Nel 2015, un progetto guidato da giovani ha portato all’acquisizione e alla conversione di un piccolo peschereccio battezzato Iuventa. La nave ha operato nel Mediterraneo centrale, considerato la rotta più pericolosa verso l’Europa, aiutando a salvare 14.000 migranti dal 2015 fino al sequestro da parte delle autorità italiane nel 2017. Ora, a distanza di oltre cinque anni, diversi membri dell’equipaggio vengono processati in Italia, insieme ad attivisti di MSF e Save the Children, con l’accusa di “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”.

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Sascha Girke, uno dei membri dell’equipaggio di Iuventa, ha rilasciato una dichiarazione in tribunale mercoledì:

“Vorrei iniziare questa dichiarazione oggi, in quest’aula, commemorando coloro che hanno perso la vita al largo delle coste di Crotone… mentre eravamo seduti in quest’aula sabato, hanno iniziato a lottare per le loro vite. In modo terribile e inequivocabile, la morte di queste persone ci ricorda ciò che è effettivamente sotto processo: il naufragio di Crotone è inseparabile da questo processo… Non è stato il cattivo tempo del mare – è stato il rifiuto di prestare soccorso dove era possibile. La risposta al disastro di Crotone è l’ampliamento delle capacità di salvataggio in mare e non la loro confisca. La risposta è rappresentata da rotte di ingresso sicure e legali e non dalla Fortezza Europa”.

Sei anni fa, il dottor Orlando Amodeo ha pubblicato un video che mostrava i sacchi per i cadaveri dei migranti annegati che venivano calati su un molo, a bordo di una delle navi di soccorso di MSF. Ha intitolato il video “Dal Mare Nostrum al Mare Mortuum”, invocando l’antico nome romano del Mediterraneo, Mare Nostrum, “Mare Nostro”, e nominando quello che è diventato, Mare Mortuum, il Mare della Morte.


Fonte: Democracy Now, 2 marzo 2023

https://www.democracynow.org/2023/3/2/from_mare_nostrum_to_mare_mortuum

Traduzione di Enzo Gargano per il Centro Studi Sereno Regis


 

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