Da Washington DC una richiesta di pace

Da Washington DC una richiesta di pace forte e partecipata

Daniela Bezzi

Enorme, partecipatissima, coloratissima, sventolante delle bandiere e striscioni e messaggi più diversi: Il movimento pacifista americano non ha aspettato la data del 24 febbraio, anniversario dell’invasione russa in Ucraina, per mobilitarsi. E basta passare qualche ora nel surfing tra le varie piattaforme sul web, e poi sui vari canali social, per capire che già da giorni (sebbene le notizie che riceviamo dagli Stati Uniti siano tutt’altre) è tutto un fervore di riunioni preparatorie o vere e proprie convocazioni. Arriva da Washington DC una richiesta di pace forte e partecipata

Ed ecco infatti che già domenica appena passata, 19 febbraio, si sono radunati in migliaia per le strade di Washington, per protestare contro la politica guerrafondaia del governo US, per la continua fornitura di armi dell’amministrazione Biden all’Ucraina e (udite udite) per metter fine alla NATO.

I vari cortei si sono poi uniti alla manifestazione più importante numericamente che si è tenuta di fronte al Lincoln Memorial, con il combattivo slogan Rage against the War Machine, ovvero Rabbia contro la macchina della guerra. Armati in realtà di pacifici cartelli e striscioni i manifestanti hanno ribadito in tutti i modi possibili l’urgenza di colloqui di pace e la necessità di mettere fine all’invio di aiuti finanziari e militari in Ukraina, considerata anche l’emergenza sociale che da tempo affligge un crescente numero di americani.

E prendendo spunto dal discusso ma indubbiamente esplosivo scoop pubblicato l’8 febbraio scorso dal pluripremiato giornalista Seymour Hersh, circa il diretto coinvolgimento anzi direzione della NATO nel sabotaggio del gasdotto Nordstream 1 e 2 (che assicurava alla Germania e a tutti noi in Europa forniture di gas russo a condizioni straordinariamente convenienti, ma sgradite agli americani), molti slogan hanno scandito anche l’urgenza di mettere fine alla cosiddetta alleanza atlantica, ritenuta responsabile di troppe guerre e relativi crimini in tutto il mondo.

E insomma sarà pur vero che la stampa mainstream americana ha fatto di tutto per ignorare e se possibile denigrare persino una grande firma della statura di Seymour Hersh (come documenta una puntuale analisi su The Mint Press News). Ma così non è stato sul web, dove il suo dettagliato articolo ha avuto milioni di visualizzazioni in tutte le lingue del mondo, e dove le critiche, e la prevedibile polarizzazione delle posizioni, hanno sollecitato una quantità di interviste e complessivamente favorito la diffusione della notizia.

E se in Europa, inspiegabilmente, non si sono registrate reazioni di nessun tipo, neppure tra la componente Verde del parlamento tedesco rispetto a quella che (al di là di ogni considerazione) è stato anche un enorme disastro ambientale (300.000 tonnellate di metano disperse in un colpo solo nelle acque del Mar Baltico non sono uno scherzo), all’interno della multicolor galassia pacifista US ecco rafforzarsi ogni giorno di più l’indignazione per il danno, anzi crimine di guerra obiettivamente compiuto nei confronti di un Governo sovrano come la Germania, e contro quell’Europa di cui gli Stati Uniti sarebbero alleati!

All’inchiesta di Hersh, ha fatto riferimento in particolare Dennis Kucinich, ex membro del congresso nelle fila del Partito Democratico e sindaco di Cleveland, sottolineando che “il più grande talento della Casa Bianca è fabbricare disinformazione per meglio manipolare i media e creare divisione nell’opinione pubblica con le armi dell’odio e della paura, diffondendo ogni genere di notizie allarmistiche, che sono l’opposto di ogni democrazia.” E nel sollecitare al più presto una Commissione di Inchiesta che possa fare luce su quanto denunciato da Hersh, ha promesso a nome dei manifestanti che ai responsabili non verrà data tregua. “Non ci fermeremo fino a che non saranno rivelati i nomi di chi ha commesso questo ennesimo crimine di guerra.”

Prima e dopo di lui hanno parlato Tulsi Gabbard, Ann Wright, Ron Paul e i vari portavoce delle tantissime organizzazioni che hanno aderito alla manifestazione, da Veterans for Peace e Bring our Troops Home, a TNT Radio, World Beyond War, Actions4Assange, AntiWar.com e molte altre. Promossa dal Libertarian Party e dal People’s Party l’iniziativa era stata concepita infatti all’insegna della massima convergenza di posizioni, e aperta al maggior numero di rappresentanze della società civile, unite dal comune obiettivo di mettere fine all’interventismo e allo stato di guerra permanente di cui gli Stati Uniti sono in effetti i principali responsabili o in qualche modo protagonisti dalla fine della WWII ad oggi.

E infatti dai filmati che si vedevano ieri sui canali social spiccava in particolare la varietà dei messaggi, sulla soleggiata spianata del Lincoln Memorial: gli striscioni di Abbasso NATO accanto a quelli di Free Julian Assange, un grande poster con il benevolo sorriso di Papa Francesco accanto alla bandiera rossa dei socialisti e così via.

Tra gli interventi più applauditi, quello di Chris Hedges, anche lui giornalista pluripremiato e autore di numerosi libri contro la guerra, oltre a servire come Ministro Presbiteriano. E non poteva mancare in chiusura di manifestazione un messaggio a distanza di Rober Waters, come sempre molto personale e coinvolgente nel ricordo della madre che quando era ragazzino gli raccomandava di “leggere, leggere, leggere, per imparare ad ascoltare le ragioni di chi magari non la pensa come vorremmo noi, ecc ecc…”, decisamente da vedere questo messaggio di Roger Waters soprattutto dove si rivolge al Presidente Biden pregandolo di “fare la cosa giusta, do the right thing… interrompi le forniture di armi per una guerra che ha già causato fin troppi morti e che sta inesorabilmente precipitando nell’Armageddon nucleare…”

Niente da fare. Nelle stesse ore in cui di fronte alla Casa Bianca si levava così forte e chiara la richiesta di pace, Joe Biden si preparava a volare verso Kiev per la visita a sorpresa al protegé Kelensky: per assicurare lui (e tutti noi) che questa ennesima ‘guerra di libertà’ andrà avanti oltranza e whatever it takes.

Una cosa però è certa: la rinascita del Movimento pacifista americano, come molti commentatori hanno detto a caldo e come non mancheremo di osservare nei prossimi giorni, con le tante manifestazioni previste in tutte le più importanti città degli Stati Uniti, NY, Boston, San Francisco, Filadelfia, Madison Santa Fè andando verso il 24 febbraio sarà una marea. E speriamo che come già è successo per la Guerra in Vietnam, la marea abbia ragione della War Machine.

Pubblicato anche su Pressenza Italia


Il discorso di Chris Hedges alla manifestazione di Washington DC dal titolo “Rabbia contro la macchina della guerra

Traduzione  di Daniela Bezzi dalla versione in Iinqua originale a cura di Pressenza New York

Da Washington DC una richiesta di pace

Chris Edges al #rageagainstwarmahcine

L’idolatria è il peccato originale da cui derivano tutti gli altri. La tentazione di diventare Dio che ci arriva dagli idoli, che esigono il sacrificio altrui nella folle ricerca di ricchezza, fama o potere. Ma l’idolo finisce sempre per richiedere il sacrificio di sé, lasciandoci morire sugli altari intrisi di sangue che abbiamo eretto per gli altri.

Poiché gli imperi non possono essere soppressi, si suicidano ai piedi degli idoli da cui sono dominati.

Siamo qui oggi per denunciare i sommi, non eletti, e irresponsabili sacerdoti dell’Impero, che incanalano i corpi di milioni di vittime, insieme a trilioni della nostra ricchezza nazionale, nelle viscere della nostra versione Moloch, l’idolo cananeo.

La classe politica, i media, l’industria dell’intrattenimento, i finanzieri e persino le istituzioni religiose perseguono come lupi il sangue dei musulmani, dei russi o dei cinesi, o di chiunque l’idolo abbia demonizzato come indegno di vivere. Non c’erano obiettivi razionali nelle guerre in Iraq, Afghanistan, Siria, Libia e Somalia. Non ce ne sono in Ucraina. La guerra permanente e l’industria del massacro sono la loro stessa giustificazione. Lockheed Martin, Raytheon, General Dynamics, Boeing e Northrop Grumman guadagnano miliardi di dollari in profitti. Le ingenti spese richieste dal Pentagono sono sacrosante.

La cricca di opinionisti, diplomatici e tecnocrati guerrafondai, che si compiacciono di declinare qualsiasi responsabilità per la serie di disastri militari che orchestrano, sono proteiformi, si spostano abilmente a seconda delle correnti politiche, passando dal Partito Repubblicano al Partito Democratico e poi di nuovo, presentandosi di volta in volta come implacabili combattenti, oppure neoconservatori, o interventisti liberali. Julien Benda ha definito questi cortigiani del potere “i barbari dell’intellighenzia che si sono fatti da soli”.

Questi fanatici della guerra non vedranno mai i cadaveri delle loro vittime. Io li ho visti. Compresi i bambini. Ogni corpo senza vita che ho visto come reporter in Guatemala, El Salvador, Nicaragua, Palestina, Iraq, Sudan, Yemen, Bosnia o Kosovo, mese dopo mese, anno dopo anno, ha rivelato la loro bancarotta morale, la disonestà intellettuale, la malata sete di sangue e le loro fantasie deliranti. Sono marionette del Pentagono, uno Stato nello Stato, e dei produttori di armi che finanziano lautamente i loro think tank. Ecco l’elenco: Project for the New American Century, Foreign Policy Initiative, American Enterprise Institute, Center for a New American Security, Institute for the Study of War, Atlantic Council e Brookings Institute.

Come un ceppo mutante di un batterio resistente agli antibiotici, non possono essere sconfitti. Non importa quanto si sbaglino, quanto siano assurde le loro teorie di dominio globale, quante volte mentano o denigrino altre culture e società come incivili, o quante ne condannino a morte. Sono puntelli inamovibili, parassiti vomitati negli ultimi giorni di tutti gli imperi, pronti a venderci la prossima giusta guerra contro chiunque abbiano deciso sia il nuovo Hitler. La mappa cambia. Il gioco resta lo stesso.

Pietà per i nostri profeti, che vagano in questo paesaggio desolato gridando nell’oscurità. Pietà per Julian Assange, sottoposto a un’esecuzione al rallentatore in una prigione di massima sicurezza a Londra. Ha commesso il peccato mortale per l’Impero. Ha denunciato i suoi crimini, i suoi meccanismi di morte, la sua depravazione morale.

Una società che proibisce la capacità di dire la verità estingue la capacità di vivere nella giustizia.

Alcuni che sono qui oggi possono pensare di essere dei radicali, addirittura dei rivoluzionari. Ma ciò che stiamo chiedendo allo spettro politico è, in realtà, conservatore: il ripristino dello Stato di Diritto. È semplice e basilare. In una repubblica degna di questo nome, non dovrebbe essere una richiesta incendiaria. Ma vivere nella verità in un sistema dispotico, quello che il filosofo politico Sheldon Wolin ha definito “totalitarismo al contrario”, diventa sovversivo.

Illegittimi sono gli architetti dell’imperialismo, i signori della guerra, i rami legislativo, giudiziario ed esecutivo del governo controllati dalle multinazionali e dai loro ossequiosi portavoce nei media e nel mondo accademico. Pronunciate questa semplice verità e sarete banditi, come è toccato a molti di noi, messi ai margini. Dimostrate questa verità, come ha fatto Julian Assange, e sarete crocifissi.

“Anche la Rosa Rossa è scomparsa…”. Bertolt Brecht scrisse della socialista Rosa Luxemburg, quando venne assassinata.

“Ha osato dire ai poveri come dovrebbe essere la vita, e così i ricchi l’hanno eliminata.”

Abbiamo subito un colpo di stato da parte del sistema corporativo, per cui i poveri e le donne e gli uomini che lavorano, la metà dei quali non ha 400 dollari per coprire una spesa di emergenza, sono ridotti a una cronica instabilità. La disoccupazione e l’insicurezza alimentare sono endemiche. Le nostre comunità e città sono in uno stato desolante. La guerra, la speculazione finanziaria, la sorveglianza costante e la militarizzazione poliziesca che funziona come un esercito interno di occupazione, sono le uniche vere preoccupazioni dello Stato. Persino l’ habeas corpus non esiste più.

Noi, come cittadini, siamo merce usa e getta per i sistemi aziendali di potere. E le guerre infinite che combattiamo all’estero hanno generato le guerre che combattiamo in patria, come ben sanno gli studenti ai quali insegno nel sistema carcerario del New Jersey. Tutti gli imperi muoiono nello stesso atto di autoimmolazione. La tirannia che l’impero ateniese imponeva agli altri, nota Tucidide nella sua storia della guerra del Peloponneso, alla fine la imponeva anche a se stesso.

Opporsi, tendere la mano e aiutare i deboli, gli oppressi e i sofferenti, salvare il pianeta dall’ecocidio, denunciare i crimini interni e internazionali della classe dominante, chiedere giustizia, vivere nella verità, distruggere gli idoli, significa portare il marchio di Caino.

Dobbiamo far sentire la nostra collera a coloro che detengono il potere, mediante azioni costanti di disobbedienza civile non violenta e di sabotaggio a livello sociale e politico. Il potere organizzato dal basso è l’unico che può salvarci. La politica gioca sulla paura. È nostro dovere far sì che chi è al potere abbia molta, molta paura.

L’oligarchia al potere ci tiene chiusi nella sua morsa mortale. Non può essere riformata. Oscura e falsifica la verità. È alla ricerca maniacale di accrescere la sua oscena ricchezza e il suo potere incontrollato. Ci costringe a inginocchiarci davanti ai suoi falsi dei. E quindi, per citare la Regina di Cuori, metaforicamente, ovviamente, dico: “Via le teste!”.

Chris Hedges, giornalista vincitore del Premio Pulitzer, autore di numerosi libri antimilitaristi e attivista


 

 

 

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