«Sarò io ad aiutare Dio». Il cammino spirituale di Etty Hillesum

Cinzia Picchioni

.Antonio Gentili, «Sarò io ad aiutare Dio». Il cammino spirituale di Etty Hillesum, Àncora, Milano 2014, pp. 104, € 13,50

Non sono i fatti a contare nella vita,
conta solo ciò che grazie ai fatti si diventa
(p. 56)

«Sarò io ad aiutare Dio»Si chiamava Ester, era nata in Olanda, a Middelburg, il 15 gennaio 1914, è morta (si può dire «è morta»? Forse meglio «è stata uccisa»?) ad Auschwitz. Ma prima era stata confinata nel campo di Westerbork, «tetro, sconfortante, indegno e senza sbocchi» (sono parole sue) insieme a Edith Stein e a Benedetta della Croce (proclamata santa da Giovanni Paolo II nel 1987). Insieme a oltre 100.000 deportati (di cui solo 900 sopravvissero fino alla liberazione del ‘45). Dove avvenivano in media 4 suicidi alla settimana.

Se non la conoscete – Etty Hillesum, è di lei che stiamo parlando – questo libro è un buon inizio.

Vi si trovano molte tracce del cammino interiore della sventurata giovane. Vi si scoprono i suoi autori di riferimento (sant’Agostino, Rilke, Dostoevskij, Eckhart), le sue letture (Talmud, Corano, Antico e Nuovo Testamento), parole dal famoso Diario, dall8 marzo 1941 al 13 ottobre 1942 (Adelphi 2012), e dalle Lettere (un’ottantina, Adelphi 2013), inviate da Amsterdam o da Westerbork, da agosto 1941 fino al 7 settembre 1943, giorno della deportazione ad Auschwitz, cui seguirono «tre mesi coperti da un angoscioso silenzio, quantunque alcuni sopravvissuti ci assicurano che sino all’ultimo si rivelò una personalità luminosa». E quell’ultima cartolina, spedita nell’universo, lanciata da una fessura del treno che la trasportava verso la morte, insieme a quasi mille altre persone.

Nel libro, dopo il racconto della fine, si trovano le Preghiere, scritte tra il 1941 e il 1942. A quel tempo Etty lavorava come segretaria per il Consiglio Ebraico e poi – trasferita a metà del 1942 nel campo di Westerbork – al dipartimento di aiuto sociale alle persone che via via venivano deportate (per lo più ad Auschwitz). E infine ce n’è una, ripresa da una lettera del 18 agosto 1943 (in Lettere, pp. 129-130): «Sono molto, molto stanca, già da diversi giorni, ma anche questo passerà, tutto avviene secondo un ritmo più profondo che si dovrebbe insegnare ad ascoltare, è la cosa più importante che si può imparare in questa vita», p. 101. Dopo 20 giorni Etty sarebbe stata deportata ad Auschwitz.

Un libro per meditare, riflettere, pensare, come ci suggerisce l’autore*. Alla fine di ogni capitolo ha raccolto «le suggestioni che possiamo ricavare da una delle testimonianze più memorabili ed elevate che ci ha insegnato il Novecento […]», p. 15.

*Antonio Gentili, barnabita, dopo aver operato per anni nella Casa di ritiri spirituali di Eupilio (CO), ha dato inizio a un nuovo centro di spiritualità a Campello sul Clitunno (PG), dove fra l’altro tiene, con collaboratori, Corsi di preghiera profonda e Settimane di digiuno e meditazione. Sempre per Àncora ha pubblicato numerose altre opere, tra cui un Manuale di meditazione 11 edizioni).


 

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