Nanni Salio compresente

Pietro Polito

Le persone come gli alberi stanno su se hanno delle buone radici. La morte di Nanni Salio è stata per me come la recisione di una delle mie radici. La nostra radice comune è stata il pensiero e l’opera di Aldo Capitini che, per Nanni, “ha gettato le basi sulle quali continuano a operare i «persuasi della nonviolenza»”.

Nanni appartiene alla schiera di coloro che – come scrive Capitini negli Elementi di un’esperienza religiosa – “mettono in azione un dubbio metodico, compiono un atto legittimo in quanto scartano le opinioni cristallizzate del bene, e risvegliano l’anima alla ricerca, all’ansia del meglio”.

Richiamo l’attenzione su questa feconda convergenza. Altrove, in una pagina de La realtà di tutti, Capitini ripropone l’elogio del dubbio: “È bene che sorga ogni tanto il dubbio su questo essere permanente della realtà”. Sia lo scienziato (Nanni) sia il filosofo religioso (Capitini) si riconoscono nell’idea che “il dubbio si riporta a un’esigenza morale” e “riguarda la nostra coscienza”. La scienza alla maniera di Nanni e la religione alla maniera di Capitini, sono due modi di “sentire” per raggiungere al massimo “l’atteggiamento critico nei riguardi della realtà, per sgombrarla così com’essa è, quando discordi dalle nostre intime esigenze”. Forse La compresenza dei morti e dei viventi è stato il libro di Capitini più amato da Nanni. Ebbene, se dovessi dire qual è il tratto capitiniano che meglio caratterizza il nostro amico direi che questo è “l’ansia del meglio”. Per Capitini, “la legge della compresenza è lo sviluppo del meglio”.

Nanni aveva fatto la proposta, che questa sera in un qualche misura stiamo celebrando, di una giornata della compresenza. Anzi direi che questa “giornata in memoria” che abbiamo voluto dedicargli avrebbe potuto e dovuto intitolarsi “giornata in compresenza di Nanni Salio”, perché la compresenza apre a un orizzonte più largo di quello della memoria.

Ci si potrebbe domandare: “Che cosa è la compresenza sul piano dei rapporti personali? In altre parole, mi chiedo: “Che cosa lega indissolubilmente i morti e i viventi nella compresenza?”. Come ho già detto, la memoria spiega fino a un certo punto. Credo che ci sia qualcosa “di più”. Che cosa?

Si può trovare una possibile risposta nella pagina finale di un altro libro di Capitini, La nonviolenza oggi. Questa pagina si intitola: Verso la persuasione della compresenza. La nonviolenza è un orientamento e come tale non può mai essere attuata completamente e compiutamente. Seguendo l’insegnamento di Capitini, “piuttosto che «nonviolenti», è meglio dirci «amici della nonviolenza». Questa amicizia, quanto più si apre e si fa profonda, quanto più diventa appassionata nel tu verso gli esseri vicini e lontani, e diviene risoluta anche per contrasto ai modi della violenza, tanto più intravede, comprende e vive interiormente la «realtà di tutti», arrivando a capire la sacralità di questo termine «tutti»”.

Sul piano personale l’amicizia appassionata nel tu è una approssimazione alla compresenza. I morti e i viventi nella compresenza rimangono legati da una amicizia che non si interrompe con la morte. Lo sapeva bene il nostro amico. Le sue ultime parole sono state per gli amici della nonviolenza che lo hanno preceduto nella compresenza: “pur nella continua incertezza esistenziale delle nostre vite, c’è di conforto pensare e percepire la vostra presenza nel grande oceano della compresenza capitiniana, dell’inter-essere, delle onde di coscienza individuali nel quale un giorno anche noi confluiremo”.


 

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