Mykhailo Shpakov

Mykhailo Shpakov, attore di “Coming Out Etnico, orgogliosi di essere Rom e Sinti: il rap per raccontare un popolo

Benedetta Pisani

Benedetta Pisani intervista Mykhailo Shpakov – Il rap per raccontare un popolo 

Quando Ivana mi ha chiesto di aiutarla a cercare uno spazio per il suo spettacolo, ho pensato subito che sala Poli del Centro Studi potesse essere il luogo perfetto. Così, con un po’ di organizzazione logistica (GRAZIE Umberto), abbiamo deciso di provarci. Nell’ultimo mese, mi sono immersa in una realtà fatta di vissuti diversi e belle persone. Tra queste, c’è Mykhailo Shpakov, Mike. 

“Sono un essere umano, studio all’università per diventare informatico e sono anche un migrante. Sono nato in Donbass da una famiglia rom e ho vissuto a Leopoli per quasi tutta la vita con mia zia e i miei cugini. Prima di quel momento, non parlavo la lingua romanes perché a casa i miei genitori parlavano solo russo. In casa dei miei zii tutti parlavano romanes, mio cugino aveva dei cavalli e mio zio preparava le fruste con il pelo. Così, con loro ho cominciato a vivere maggiormente la vita Rom e apprezzare la bellezza della sua cultura e tradizioni. Tre anni fa, mi sono trasferito in Italia. Sommando il mio passato, la mia cultura e le interazioni che ho avuto nel corso della vita, ottieni Mike. In breve, sono una persona che cerca di vivere la vita perché credo che questa vita valga. Per me è sempre stato importante restare in contatto con il mio popolo, perché mi affascina la sua storia.

Proveniamo dall’India del Nord e siamo un po’ dappertutto. Abbiamo assorbito le varie culture dei Paesi in cui siamo arrivati… Siamo come dei piccoli pezzi di uno specchio spezzato, siamo molto diversi, ognuno ha sfumature di colore diverse. Però se uniamo tutti questi pezzettini riusciamo ancora a vedere il nostro riflesso. Quando sono arrivato in Italia non avevo molti amici con cui interagire, ma volevo scoprire come fosse il popolo rom in Italia, quindi sono entrato in contatto con l’associazione Kethane. Mi sono reso conto che siamo un po’ diversi e questo, ovviamente, dipende dal paese in cui si vive, dalle politiche interne e dalle dinamiche della società. Ma questa diversità mi ha aiutato ad aprire un po’ la mente, senza dimenticare chi sono io, quali sono i miei valori.”

L’associazione Kethane ha determinato l’inizio del viaggio di Mike nel mondo dell’attivismo in Italia, ma storicamente la sua famiglia è stata protagonista della Resistenza romanì antinazista. Nel 2021, durante una manifestazione a Roma dedicata alla liberazione delle persone Rom e Sinte dal campo di Auschwitz, Mike ha incontrato Ivana. 

“Sono andato a Roma per raccontare la storia dei miei nonni, che erano soldati dell’Armata Rossa e combattevano contro i nazisti. A questo evento c’era anche Ivana, che raccontava di sua nonna partigiana, uccisa dai fascisti perché nascondeva le lettere dei partigiani nei capelli. L’evento si è concluso con una sua performance e una mia esibizione di rap. Così ci siamo conosciuti. Quello stesso anno, Ivana mi ha proposto di fare il viaggio della Memoria e io ho deciso di cogliere l’opportunità e partire. Quando sono entrato ad Auschwitz sono rimasto letteralmente sotto shock. Gli esseri umani possono essere molto violenti e facilmente condizionabili dalle dinamiche e le ideologie della società in cui vivono. Fare politica è un po’ come educare dei bambini, perché le persone credono a quello che i mass media comunicano. C’è una grande responsabilità in coloro che divulgano le ideologie, così come in chi le accetta e le mette in pratica.”

La comunicazione è tutto. Può liberare e distruggere. Oggi, la narrazione sulla comunità Rom e Sinti è distruttiva, distorta, pericolosa. Unilaterale e non veritiera. L’arte può essere uno strumento per ampliare lo sguardo e donare lenti antirazziste a una società che spesso preferisce chiudere gli occhi. Mike ha trovato nel rap il suo mezzo liberatorio, intimo e politico. 

“Faccio rap per esprimere la mia opinione e combattere i miei timori. Prima scrivevo in ucraino, anche se tutti i miei amici erano a conoscenza del fatto che io fossi Rom. Anche se in Ucraina appartenere alla comunità Rom non è fonte di vergogna o pericolo, io vivevo la mia cultura e la mia lingua solo a casa, forse perché ero bambino e non ne capivo il potenziale. Poi, quando avevo 18 anni, ho lavorato un paio di mesi in un bar a Leopoli e lì la gente mi guardava incuriosita perché non riusciva a capire le mie origini. Da quel momento, mi sono interessato alla cultura Rom in tutto il mondo e non solo quella relativa al mio paese.

Ho iniziato a cercare qualcosa che ci accomuna, che possa essere considerato una ricchezza anziché fonte di tristezza e pregiudizi. Poco prima di partire per l’Italia, quindi, ho deciso di scrivere rap in lingua romanes per raccontare la mia cultura e esprimere il mio orgoglio. La prima canzone l’ho dedicata al mio popolo, perché credo che nella nostra diversità sia nascosta la nostra ricchezza. ”


 

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