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HUMANS of the Balkans – Bratunac 3

Benedetta Pisani

HUMANS of the Balkans – Bratunac 3. Diciotto giorni nei Balcani, per incontrare persone e ascoltare le loro storie. Da Lubiana a Tirana, 55 ore di autobus e tanta voglia di condivisione.

Capitolo 3 – Incontro con Nikolina Vujadinovic

Gli occhi azzurri, che diventano due piccole lune quando sorride. I capelli biondissimi, raccolti in una coda bassa e ribelle. La sua voce è delicata e potente, ma ama il silenzio. Nina sta seduta sulla banchina, con i piedi che sfiorano l’acqua della Drina. È concentrata mentre ascolta un crime podcast, vuole raccogliere gli indizi e risolvere il caso. Mi siedo vicino a lei, in silenzio e chiudo gli occhi.

Francesco gioca con due bambini, lanciano i sassi sul fiume. Cecilia e Ilias sono seduti sulla riva serba e parlano per ore. Mica e Martina sono stese sui loro teli colorati, agognando i raggi del sole dopo un bagno nell’acqua gelida. Nina ha risolto il caso e vuole spiegarmi come ha fatto. Il suo sogno è diventare una detective, capire cosa scatta nella mente di chi commette crimini. Nina vuole studiare, andare al college, seguire il suo percorso e essere l’unica responsabile delle sue scelte.

Vuole essere libera. 

“Molti genitori dicono alle proprie figlie di trovare un uomo ricco e sposarlo. Ma io non ho nessuna intenzione di farlo. Voglio essere libera di prendere le mie decisioni, di essere chi voglio e non chi qualcun altro vuole che io sia. La libertà, per me, è poter andare ovunque si voglia, parlare con la propria voce, decidere per sé. Qualche anno fa, ho iniziato ad avere molti dubbi sull’Universo. Volevo capire come si fosse formato o chi lo avesse creato…

I miei fratelli mi dicevano che erano domande stupide e che ero ancora troppo piccola per queste cose. Così, ho deciso di non parlarne più perché avevo paura di sembrare stupida e non volevo consentire a nessuno di farmi odiare qualcosa che amavo. Poi, crescendo, ho capito di avere una voce e che dovrei essere libera di dire ciò che penso e che amo.”

Una delle sue materie preferite a scuola è Arte, perché la aiuta a riconoscere e a esprimere le proprie emozioni attraverso qualcosa di esterno e visibile. Che, poi, è quello che facciamo ogni giorno, con le piccole cose della quotidianità. Quando scegliamo di percorrere una strada nuova per ammirare un paesaggio diverso. E quando ci trucchiamo e quando decidiamo di non farlo. Quando guardiamo le nuvole e ci vediamo un volto familiare. Una risposta definitiva ai suoi dubbi sull’Universo, Nina per fortuna non l’ha trovata. Ma per lei una cosa è certa: “C’è arte nella Galassia, è veramente troppo bella.”

Ogni tanto, le piace anche l’ora di Religione, un momento di confronto e conforto da vivere insieme alle persone che, come lei, credono in Dio.

“La religione, per me, si basa sulla volontà di un gruppo di persone di incontrarsi per pregare e parlare. Sono stata cresciuta in un contesto molto religioso: mi è stato insegnato che sono cristiana e che non posso essere atea o cambiare la mia religione. Alcuni credono che il mondo si sia creato da solo. Io credo che l’abbia creato Dio, così come i musulmani credono che sia stato Allah. Mia madre mi ha sempre detto di ringraziare Dio per tutto quello che ha fatto per noi e di chiedere perdono per ciò a cui abbiamo creduto anche se non è stato Lui a dirlo, come l’Astrologia.”

Ci sono alcune cose a cui si crede e basta. Io ho sempre un po’ di difficoltà a entrare in quest’ordine di idee. Anatomizzando sempre tutto, rischio di perdermi la bellezza dell’irrazionale. Nina mi insegna che ci si può chiedere come sia nato l’Universo, senza dubitare che a creare la Terra in quello spazio infinito sia stato Dio. Che si può essere credente e libera.

“Impedire alle donne di abortire è semplicemente assurdo. Molte ragazze vengono violentate ed è terribile privarle della loro giovinezza costringendole a diventare adulte prima che siano state loro a decidere. Le donne sono costantemente sotto pressione, per tutto. Tutto ciò che a un uomo non verrebbe mai contestato. Come si vestono, cosa dicono, cosa fanno e cosa non fanno. Se un uomo tradisce, è nella sua natura. Ma se una donna tradisce, allora è una poco di buono. È contro ogni logica… E, poi, nessuno dovrebbe tradire.”

C’è una consapevolezza nelle parole di Nina che mi regala grande speranza per il futuro. La consapevolezza che esiste un sistema di ruoli e aspettative così articolato e potente da direzionare ogni decisione quotidiana – dal colore del grembiule alla carriera lavorativa – in base al genere assegnato alla nascita. E così, i bambini imparano a correre nei prati senza paura di sporcarsi, a essere irruenti e forti come gli eroi dei film (che, non a caso, trovano una rappresentazione maggiore e sicuramente più affascinante in personaggi maschili). Viene detto loro di non piangere, di non fare la femminuccia.

Possono giocare con le macchinine, possono essere piccoli scienziati, possono trasformarsi in orribili mostri. Quando crescono, ci si aspetta che siano pragmatici, che occupino una posizione lavorativa stabile, autorevole o stimabile, e che abbiano uno stipendio sufficientemente alto per potersi sentire veramente realizzati nella vita (quantomeno più alto di quello delle donne con cui condividono la vita privata, per non sentirsi minacciati).

Sul binario parallelo, ci sono le bambine con i vestiti scomodi – che devono rimanere immacolati – e quelle additate come maschiacci perché di quei vestiti non gliene frega nulla. Le bambine costrette nelle scarpette da punta, quando avrebbero voluto mettere quelle da calcio. Quelle che crescono confrontando il proprio corpo con quello di miniature di donne magre, bianche, con i capelli lisci, biondi e lunghi (ma senza peli), gli occhi azzurri e un fidanzato abbronzato e muscoloso.

Le stesse bambine che da adulte verranno giudicate per il loro aspetto, che spenderanno quantità esorbitanti di soldi per avere la pelle vellutata e i capelli lisci come la seta, che combatteranno ogni giorno con il proprio corpo anche – e soprattutto – quando viene detto loro di amarsi e accettarsi così come sono. Le bambine a cui viene insegnato che se un maschietto le tratta male è perché è interessato a loro e quelle che a Natale ricevono una mini cucina attrezzata, per iniziare a fare pratica.

Nelle parole di Nina c’è la voglia di capire e ribellarsi a tutto questo. Poi, su quali meccanismi di autosabotaggio si celino dietro un gesto apparentemente impulsivo come il tradimento, ci sarebbe molto da dire e so che, nonostante la giovanissima età, Nina avrebbe potuto elaborare un suo pensiero critico e profondo. Ma davanti a quegli occhi azzurri colmi di fiducia nei confronti degli esseri umani, ho deciso di essere d’accordo con lei senza indagare oltre. Il tradimento fa male, a chi viene tradito e anche a chi tradisce. 

“Mi piaccione le persone. Non sempre, ma il più delle volte. Non mi importa della religione o del colore della pelle; non mi importa se sono ricchi o poveri. Tutti hanno un potenziale unico, a me piace credere che sia così. E il mondo sarebbe un posto decisamente più bello se non provassimo più a cambiare il modo in cui siamo per sentirci accettati dagli altri. Ho avuto tante belle esperienze con persone di etnia e religione diverse dalla mia… Mi hanno aiutato quando avevo bisogno e io ho fatto lo stesso con loro, perché alla fine, quando andiamo a dormire la sera, siamo tutti umani.”


 

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