Verso un nuovo ordine internazionale. Una prospettiva nonviolenta

Elena Camino

Cento anni sono trascorsi

Il 28 novembre 2022 è stato presentato – presso la Sala Gandhi del CSSR – un libro appena pubblicato a cura della Casa Editrice Artestampa (Modena, 2022): Tempo (quasi) scaduto. Come l’industria delle armi sta portando l’umanità all’autodistruzione.

L’Autore è Massimo Rubboli: oltre a essere stato professore presso l’Università di Genova nelle discipline di Storia dell’America del Nord e Storia del Cristianesimo, da molti anni si occupa di Storia del pacifismo e della nonviolenza.  E’ stato membro del Consiglio Internazionale della Peace History Society.

Il libro include anche una interessante prefazione di Giorgio Grimaldi, docente di Storia delle relazioni internazionali a Roma (Università Link).

La prima pagina del libro si apre con la citazione di un testo di Michail Bulgakov (La guardia bianca), del 1925, che riprendo qui.

Pagherà mai qualcuno per il sangue versato?
No. Nessuno.
Semplicemente la neve si scioglierà, spunterà la verde erba ucraina, coprirà la terra…germineranno le biade rigogliose… tremolerà l’aria torrida sui campi e del sangue non resterà traccia.
Costa poco il sangue sui campi vermigli e nessuno lo riscatterà.
Nessuno.

Era il 1925. Sono trascorsi quali 100 anni. Viene spontaneo interrogarsi: come sarà tra 100 anni, quando non solo le comunità umane, ma anche la Terra – intrapresa questa sua nuova avventura del cambiamento climatico – sarà probabilmente tanto diversa?

Per evitare il suicidio dell’umanità

Le trasformazioni in corso sul nostro pianeta, dal cambiamento climatico agli effetti di nuovi conflitti armati che insieme agli umani minacciano ogni altra forma di vita a livello globale, giustificano l’accorato appello dell’Autore, che a pag 49 riassume alcuni cambiamenti ‘improrogabili’ che a suo parere gli umani dovrebbero mettere in atto per evitare il suicidio dell’umanità.

Si tratta di cambiamenti drastici nella politica internazionale e in quella delle singole nazioni: l’abbandono del dogma dello stato sovrano nazionale, il superamento dell’ideologia dell’”Europa delle patrie” e la scelta degli stati nazionali di cedere una parte della loro sovranità per passare da una comunità di stati a una vera e propria federazione sovranazionale, configurata come stato federale superiore. Un primo passo in questa direzione sarebbe la trasformazione dell’UE in senso federale, salvaguardando le specificità culturali e locali. Ulteriori passi dovrebbero portare al coinvolgimento di Russia, Cina, India e altri paesi”.

Queste conclusioni sono il frutto di un ampio lavoro di lettura e riflessione dell’Autore su molti aspetti dell’attualità, nello sforzo di connettere situazioni passate, ma recenti, con eventi che incalzano in un presente in cui ai conflitti reali –  scontri corpo a corpo sui campi di battaglia e macerie di città bombardate –  si accompagnano guerre di parole, interpretazioni polarizzate, decisioni contraddittorie.

Rubboli invoca l’emergere di un nuovo ordine politico internazionale, basato su accordi e strutture sovranazionali, che potrebbe portare al controllo dell’industria bellica globale e ad una autentica politica di disarmo, a partire da una progressiva eliminazione delle armi di distruzione di massa.

Uno sguardo sistemico

Non è facile per uno storico affrontare un compito così arduo come quello di suggerire degli orientamenti per uscire dalla situazione caotica in cui ci troviamo. C’è il rischio di concentrarsi sulle proprie competenze, sulla disciplina che si padroneggia, sviluppando un pensiero che inevitabilmente – nella sua specialistica ‘semplicità’ –  non è in grado di cogliere la complessità dei problemi, la varietà di interpretazioni, l’imprevedibilità dei possibili esiti delle decisioni prese.

Massimo Rubboli è riuscito, rendendo accessibile e apprezzabile il suo testo anche a lettori non specialisti, a offrire una varietà di sguardi sullo scenario dell’attualità, e in ciascuno evidenziare responsabilità e possibilità di azione.

L’Autore segnala e documenta la progressiva imposizione della visione ‘bellica’ delle relazioni internazionali da parte del complesso militar-industriale, accompagnata dalla commercializzazione della violenza (dalla produzione di armi alla compravendita di armi e mercenari).

Mette in luce la crescente inconsapevolezza (per mancanza di informazione, per inerzia, per censura) della società civile sui rischi della proliferazione incontrollata delle armi di distruzione di massa, e sottolinea anche un aspetto finora assai sottovalutato: i danni già compiuti contro il mondo naturale, da cui siamo dipendenti, e le drammatiche trasformazioni in atto sul clima e sui grandi processi che regolano la vita nel nostro pianeta.

La violenza esercitata dalla guerra sull’ambiente non è solo quella distruttiva esercitata in campo con i bombardamenti, ma è anche quella causata dalla produzione e dall’utilizzo di risorse minerarie e fossili nella produzione bellica, e dal costo ambientale, oltre che economico, impiegato nel formare, mantenere e spostare un’enorme numero di combattenti – militari, mercenari, tecnici…

La via della nonviolenza

Il terzo capitolo di questo libro è dedicato a fornire importanti – e spesso poco note – informazioni sulla ‘Difesa civile disarmata e resistenza nonviolenta’.

Inascoltate dai governi e dai centri di potere, liquidate dai media come le utopie dei ‘soliti pacifisti’, in realtà sono numerose le realtà, associazioni e gruppi che con diverse strategie e modalità sono impegnate a praticare forme di resistenza nonviolenta e a sperimentare proposte di trasformazione nonviolenta dei conflitti, dal livello individuale a quello internazionale.

L’Autore offre qui una carrellata di realtà che da molti decenni sono impegnate, sia sul piano teorico che nella organizzazione pratica, a proporre alternative alla visione del mondo armata e militare: la difesa civile nonviolenta, i Corpi Civili di Pace, interventi di interposizione, il servizio civile volontario, percorsi di formazione ed educazione… fino alla creazione recente di gruppi e movimenti impegnati a fermare la guerra in corso.

Questo capitolo è di particolare interesse, perché fornisce informazioni importanti e poco conosciute sulla galassia dei gruppi, associazioni, studi e ricerche universitarie, istituzioni educative: tutte realtà che, pur svalorizzate e censurate da politici e media, prive di finanziamenti adeguati, contribuiscono a proporre e in parte a costruire una narrazione del mondo che è davvero alternativa allo scenario violento e disperante dell’attualità.

Verso la difesa ambientale nonviolenta

Un altro aspetto interessante del libro, che l’Autore meritoriamente segnala e che varrebbe la pena approfondire, è la ‘difesa ambientale non violenta’. Finora non riconosciuta come tale, in realtà comprende da decenni un numero crescente di individui, gruppi, associazioni impegnate nella difesa di quello che genericamente viene identificato come ‘ambiente’ – o ‘mondo naturale’. Quasi che l’umanità potesse essere considerata separatamente dal contesto che la ospita.

Migliaia di attivisti da decenni continuano a pagare con la repressione, la prigione, l’uccisione il loro impegno nonviolento a difesa delle tantissime comunità ecosistemiche minacciate dalla violenza strutturale e diretta esercitata dalla costruzione di manufatti, le ‘grandi opere’. Si tratta di miniere, dighe, autostrade, ferrovie, aeroporti, la cui costruzione sistematicamente provoca ecocidi, incurante della presenza di foreste, fiumi, lagune, comunità umane che in ogni luogo avevano vissuto per centinaia, migliaia di anni in equilibrio con l’ambiente circostante.

L’Autore ha dedicato grande attenzione a evidenziare la violenza del sistema industrial-militare contro le comunità umane: ampliando  lo sguardo e moltiplicando il riconoscimento dei movimenti e delle pratiche nonviolente anche alla difesa delle comunità che includono sia umani che non umani, la nonviolenza potrà assumere maggiore forza, e convincere un numero crescente di persone a resistere e a proteggere i sistemi della vita: dalle specie in estinzione ai fiumi sbarrati, dalle collettività degli organismi marini fino alle popolazioni del suolo – miliardi e miliardi di creature che rendono possibile l’agricoltura e l’alimentazione….

Un impegno condiviso della comunità dei viventi

Il libro appena pubblicato da Massimo Rubboli aiuta a evidenziare le connessioni tra aspetti ed eventi del recente passato (quello bellicista e quello nonviolento) con le tragiche notizie di attualità; può servire a dare spessore storico ai conflitti in atto, a far crescere la consapevolezza delle terribili minacce nascoste nella produzione e nell’uso dell’energia atomica.

Offre informazioni preziose sulle iniziative che la prospettiva nonviolenta offre a tutt* (dai governanti alla società civile, a ognuno di noi) di assumere un ruolo attivo per un cambiamento epocale nelle relazioni sul nostro prezioso pianeta, e indispensabile per la sopravvivenza di viventi – umani e non.

Come già sottolineato, Rubboli invoca l’emergere di un nuovo ordine politico internazionale, basato su accordi e strutture sovranazionali, che potrebbe portare al controllo dell’industria bellica globale e a una autentica politica di disarmo, a partire da una progressiva eliminazione delle armi di distruzione di massa.


 

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