Da questa parte del bancone

Cinzia Picchioni

Plastica: Coca-Cola, Pepsi e Nestlé si riconfermano i marchi più inquinanti. Greenpeace lancia una petizione e spetta a noi la scelta, da questa parte del bancone

Il rapporto Branded – diffuso martedì 15 novembre u.s. dalla coalizione internazionale Break Free From Plastic, di cui fa parte Greenpeace (insieme a oltre 2000 organizzazioni) – rivela che la plastica monouso dei marchi Coca-Cola, Pepsi e Nestlé è risultata, nell’ordine, la più frequente tra i rifiuti in plastica dispersi in natura raccolti e catalogati negli ultimi 5 anni.

Dal 2018 a oggi, più di 200mila volontari in 87 Paesi hanno raccolto rifiuti plastici dispersi nell’ambiente; identificarne la provenienza ha permesso di stilare una triste classifica: gli imballaggi Coca-Cola sono risultati i più presenti, rispetto alla somma del packaging riconducibile ai marchi Pepsi e Nestlè, rispettivamente al secondo e terzo posto. I risultati di quest’anno hanno individuato più di 31mila prodotti del marchio Coca-Cola, più del doppio rispetto al 2018.

La multinazionale di Atlanta è stata sponsor della conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP27) tenutasi a Sharm El-Sheikh, in Egitto. Considerando che il 99 per cento della plastica prodotta a livello globale deriva dalla raffinazione di petrolio e gas fossile, la partnership tra Coca-Cola e il più importante vertice dedicato all’emergenza climatica è quantomeno paradossale.

E gli impegni sulla plastica presi da queste multinazionali sono del tutto inefficaci. «Solo un trattato globale sulla plastica, con meccanismi legalmente vincolanti e che includa politiche serie di riduzione della produzione e utilizzo, può efficacemente contrastare la crisi globale dell’inquinamento», dichiara Greenpeace. Giuseppe Ungherese (responsabile campagna inquinamento di Greenpeace Italia) ha dichiarato: «Anziché favorire il greenwashing di aziende come Coca-Cola, i governi di tutto il mondo devono spingere le multinazionali a investire nelle vere soluzioni, come la ricarica e il riutilizzo degli imballaggi, che permettano di ridurre la nostra dipendenza dal monouso in plastica […] I governi, incluso quello italiano, anziché focalizzarsi sul riciclo come unica soluzione, devono affrontare il problema nella loro interezza già a partire dal prossimo incontro internazionale sul trattato globale sulla plastica, in programma a fine novembre in Uruguay».

Greenpeace lancia una petizione per chiedere ai leaders internazionali un trattato globale sulla plastica, legalmente vincolante e con interventi sull’intero ciclo di vita di questo materiale, per azzerare l’inquinamento che ne deriva, inclusi gli impatti climatici legati alle emissioni di gas serra durante la sua produzione.

Da questa parte del bancone

Il titolo dell’articolo si riferisce al fatto che ci siamo noi, alla fine (o all’inizio) della produzione delle multinazionali. E mentre si aspetta – e si spera – che le firme siano raccolte, che i Trattati globali siano firmati, che i governi spingano le multinazionali a investire in soluzioni più efficaci, che i Vertici ottengano qualche risultato, nel frattempo ma da subito abbiamo il potere di non chiedere – seduti al bancone di un bar – una Coca-Cola, né una Pepsi. E nei supermercati possiamo da subito (quello è il nostro vero potere d’acquisto) smettere di comprare i prodotti Nestlè. Tutti noi «da questa parte del bancone» siamo molti di più e abbiamo più potere. Ricordate? Si vota col portafogli. Firmiamo la petizione e contemporaneamente decidiamo di non bere più Coca-Cola. Che tra l’altro, contrariamente a quello che cantava Vasco, non ti fa bene.


 

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