Vittoria elettorale di Lula in Brasile

Amy Goodman

Il candidato presidenziale di sinistra Luiz Inácio Lula da Silva ha vinto l’elezione di spareggio in Brasile (con oltre 60 milioni di voti, il massimo nella storia brasiliana), spodestando il presidente Jair Bolsonaro d’estrema destra dopo un solo mandato. La vittoria elettorale di Lula è avvenuta col 50.9% dei voti, benché Bolsonaro non l’abbia ancora riconosciuta.

Altri leader mondiali, fra cui il presidente USA Joe Biden, sono stati solerti a congratularsi con Lula per la sua vittoria, in un tentativo di prevenire gli sforzi di Bolsonaro ed alleati di negare i risultati.

L’organizzatrice [elettorale] socialista brasiliana Sabrina Fernandes dice che Lula sta tentando di riportare la “normalità democratica” dopo quattro anni di distruzione ambientale, negazione del Covid e fiaccamento delle istituzioni del paese da parte di Bolsonaro.

La vittoria di Lula lo è anche per i popoli Indigeni, la cui sovranità è stata ignorata sprezzantemente con lo sfrenato abbattimento della foresta pluviale amazzonica promossa da Bolsonaro – dice il giornalista freelance Michael Fox. Bolsonaro deve ancora riconoscere il risultato, accendendo timori che possa contestarlo, ma molti suoi sostenitori importanti già l’hanno fatto.

Lula, a capo del Partito dei Lavoratori, è stato presidente del Brasile dal 2003 al 2010, durante il cui mandato ha contribuito a sollevare dalla povertà decine di milioni di brasiliani. Ma nel 2018, mentre si preparava a un nuovo turno elettorale, fu incarcerato su accuse di corruzione costruite ad hoc, spianando così la via all’elezione di Bolsonaro. Domenica sera, Lula si è rivolto ai sostenitori a São Paulo.


* Trascrizione della trasmissione di Democracynow (USA) del 31.10.22

LUIZ INÁCIO LULA DA SILVA: [tradotto] Mi considero un candidato cui incombe un processo di ricostruzione nella politica brasiliana. Perché hanno cercato di seppellirmi vivo… Ed eccomi qui, per condurre il paese via da una situazione molto diversa. Ma con l’aiuto della gente troveremo una via d’uscita per questo paese affinché ritorni ad essere democratico, pacifico, perché si sostengano i genitori, le famiglie, per costruire il mondo di cui il Brasile necessita…Questa vittoria non è mia, del Partito dei Lavoratori né dei partiti che ci hanno affiancato in questa campagna; è una vittoria di un immenso movimento democratico che è stato più che i partiti politici, gli interessi individuali, le ideologie nel far sì vincesse la democrazia. In questo storico 30 ottobre, la maggioranza dei brasiliani ha chiarito nettamente di volere più e non meno democrazia, più e non meno inclusione sociale, più e non meno opportunità per tutto, più e non meno rispetto e comprensione fra i brasiliani. Insomma, vogliono più libertà, uguaglianza, fraternità nel nostro paese.

AMY GOODMAN: Andiamo ora a São Paulo, in Brasile, dove abbiamo due ospiti, Michael Fox, giornalista freelance, ex capo-redattore di NACLA, e conduttore del nuovo podcast Brazil on Fire [Brasile in fiamme], progetto congiunto di NACLA e The Real News Network; Sabrina Fernandes è una sociologa e attivista brasiliana, borsista post-laurea alla Fondazione Rosa Luxemburg. Benvenuti entrambi a Democracy Now! Sabrina, cominciamo con te. Ci sai dire sul significato di questa vittoria di Lula con ben 60 milioni di voti, record storico?

SABRINA FERNANDES: Ciao Amy. È davvero bello essere qui a condividere la buona notizia del ritorno di Lula alla presidenza del Brasile. È stato un secondo round davvero tosto, con fake news, vari interventi del governo Bolsonaro. Ma il fatto è dunque che Lula ce l’ha fatta, dopo il carcere, la persecuzione ingiusta. Di fatto, il giudice attivo nel caso è poi diventato ministro di Bolsonaro ed è stato a dargli man forte nella campagna elettorale.

Il che vuol che pur con l’addossare a Lula tutti i torti, c’è stata molta gente nelle strade, molti anche impegnati online ad accertarsi che si contrastassero quelle narrazioni e che si cercasse di mettere in salvo qualcosa di davvero molto importante in Brasile, cioè il senso di bisogno di un briciolo di normalità democratica nel paese.

I quattro anni scorsi sono stati molto, molto tosti qui, non solo per il modo in cui Bolsonaro ha trattato la pandemia, causa di almeno 700.000 persone uccise, ma anche nel senso che è aumentata la fame, l’economia va quanto mai male proprio di questi tempi. Quindi molti sperano appunto che si possa tornare a qualcosa cui Lula s’è appellato sovente durante l’elezione, in sostanza che il Brasile sia di nuovo felice.

AMY GOODMAN: la campagna di Bolsonaro ha cercato di infangare Lula come pericoloso ex-carcerato. Gli han dato del comunista. Eppure è stato eletto a un terzo mandato, dopo i due precedenti a Bolsonaro. Puoi dirci della sua storia, chi sia questo nuovo presidente, l’ex-presidente Lula, e che cosa voglia dire non solo per il Brasile ma per l’America latina e per il mondo?

SABRINA FERNANDES: non lo dico alla leggera, ma Lula è probabilmente il politico più abile che abbiamo oggi in Brasile, a sinistra come a destra. Lula è venuto su da capo sindacalista, un importante combattente per la democrazia in Brasile anche quando eravamo sotto la dittatura. Ebbe anche il compito di contribuire a costruire la nuova costituzione democratica. E si era candidato più volte alla presidenza prima di riuscirci nel 2002. Quando ci è poi riuscito, ha fatto due mandati, lasciando il secondo con una gran, grandissima popolarità. Il paese andava bene riguardo alla crescita economica. Molti avevano ritrovato lavoro. L’inflazione era sotto controllo. E ha avuto un ruolo importantissimo, per esempio, nell’espandere l’accesso all’istruzione pubblica in Brasile, costruendo molte università e rendendole accessibili per la prima volta – causa il razzismo strutturale nel paese – a varie comunità, specialmente Nere.

Lula è ben noto come leader molto rispettato nella regione, non solo in LatinAmerica ma anche per il ruolo costruttivo nella cooperazione Sud-Sud, percepibile anche dai molti leader nel mondo che si sono affrettati a congratularsi con lui per la vittoria. Inoltre Lula è ben noto per la lotta alla fame in questo paese, che si trova in uno stato molto complicato d’insicurezza alimentare proprio attualmente, Abbiamo quindi grandi speranze che riuscirà ad avviare di nuovo qualche politica di quelle che hanno funzionato in passato quando torna al potere in gennaio.

AMY GOODMAN: Torniamo al discorso di Luiz Inácio Lula da Silva di ieri sera.

LUIZ INÁCIO LULA DA SILVA: [tradotto] Il presidente sconfitto Bolsonaro avrebbe dovuto chiamarmi per riconoscere la mia vittoria. Finora non ha chiamato. Non so se mi chiamerà o comunque l’ammetterà.

AMY GOODMAN: Parliamo del se Bolsonaro ammetterà. Non ha ancora rilasciato commenti benché vari suoi sostenitori si siano effettivamente congratulati con Lula per la sua vittoria. Michael Fox, che cosa puoi dirci su che cosa sta succedendo? Ci sono anche proteste.

MICHAEL FOX: Sì, è così. È un’ottima notizia che vari sostenitori [di Bolsonaro] si siano pronunciati pubblicamente congratulandosi con Lula, dicendo che rispettano la democrazia e prendono atto dei risultati delle elezioni. Preoccupa che Bolsonaro non abbia ancor detto nulla. È già comunque il tempo più lungo messoci da un presidente brasiliano sconfitto a riconoscere i risultati elettorali; preoccupante già di per sé. Non sappiamo esattamente qual è la situazione, né che cosa dirà; sappiamo che è a Brasília e che stanno arrivando i suoi, quelli determinati, un suo figlio è arrivato stamane, e vari stretti alleati. Neppure di loro sappiamo che cosa diranno.

Nel paese ci sono proteste in corso; l’abbiamo visto ieri sera sui media social. Anche questo preoccupa; riguarda molto i camionisti e chi fa blocchi stradali. Ancora stamane abbiamo cinque diversi stati con strade bloccate da sostenitori di Bolsonaro che dicono che non se ne vanno fin quando non intervengano i militari. Ora, ricordiamoci: nel 2018 c’è stato un enorme sciopero di camionisti, che sono spesso del tutto allineati con la destra e l’estrema destra. Allora ero in strada ad intervistare i camionisti, che anche allora chiedevano un intervento militare. Adesso non sappiamo ovviamente che cosa succederà; è improbabile che abbiano abbastanza supporto da poter sostenersi a lungo, anche se dicono di essere organizzati in tutto il paese; ma è anche vero che molte aziende di trasporto merci aiutano sovente i propri autisti pagandoli per restare in strada e organizzarsi perché sono per Bolsonaro. Questo tipo di misura de destabilizzante vedremo nei prossimi giorni come si articolerà, francamente non abbiamo abbastanza il polso della situazione: quanto sia intensa e diffusa e quanto possa durare.

AMY GOODMAN: Molti ambientalisti in Brasile dicono che era critico che Lula vincesse. Ecco Marcio Astrini, segretario esecutivo dell’Osservatorio Climatico Brasiliano.

MARCIO ASTRINI: [tradotto] Quanto fanno adesso i brasiliani ai seggi elettorali è ben più che un cambio di presidente. Si tratta di scelte fondamentali per il nostro paese, scelte per il futuro. Scegliamo se restare in democrazia o no. Dobbiamo scegliere se tenere in vita l’Amazzonia o se tenerci Bolsonaro. E’ una scelta fra i due. Non è possibile averli entrambi contemporaneamente.

AMY GOODMAN: Sabrina Fernandes, puoi parlarci della pagella dell’operato di Bolsonaro e anche di che cosa vi aspettate da lui e invece dal Partito dei Lavoratori?

SABRINA FERNANDES: Bolsonaro ai è effettivamente posizionato in isolamento per quanto riguarda il cambiamento climatico e la lotta ambientale a livello mondiale. Si è davvero allineato a Trump col negazionismo climatico e ha tentato di attuare in Brasile certe misure sull’estrazione mineraria in territorio Indigeno sminuendo disinvoltamente il ruolo della deforestazione in Amazzonia in quanto all’ecocidio effettivamente promosso in questi quattro anni scorsi.

D’altronde il Partito dei Lavoratori di solito tende ad avere un approccio alquanto sviluppista e non ha certo una fedina ambientale pulita, ma c’è molto in cui siamo progrediti prima; per esempio, durante il primo mandato di Lula è quando abbiamo avuto il tasso più basso di deforestazione, e con Bolsonaro il più alto. Lula s’p impegnato a promuovere politiche di lotta al cambiamento climatico a livello nazionale ed anche impegnatissimo a ridurre la minimo possibile la deforestazione in Amazzonia.

Badando a queste due serie di dati, sappiamo che qui in gioco non c’è solo un cambiamento per il  Brasile ma anche per l’intero pianeta. Il Partito dei Lavoratori ha fama di agire con altre forze democratiche. E’ stato un partito buttato fuori dal governo nel 2016durante un colpo di stato orchestrato con l’iuto del vice-presidente Michel Temer sotto il governo di Dilma Rousseff.

Adesso Lula, come hai potuto cogliere dal suo discorso di ieri, il discorso della vittoria, è ben disposto a lavorare con altre forze per assicurarsi che quest’ampia coalizione, che ha contributo a costruire questo programma e questa campagna, sarà in grado eseguire effettivamente alcune delle cose che ne facevano parte.

AMY GOODMAN: E in quanto al parlamento? Che ne è piuttosto del legislativo, della Camera dei Deputati, del Senato, che restano molto di destra? Parlaci anche di chi sono gli altri partiti di sinistra e cosa potranno fare e cosa Lula sarà in grado di combinare.

SABRINA FERNANDES: Sì, è molto importante sottolineare che il partito con più seggi in parlamento al momento è tuttora quello di Bolsonaro. Anche iI secondo partito per seggi è imbrancato con l’estrema destra e parte della base alleata di Bolsonaro. Ma anche il partito dei Lavoratori ha fatto qualche progresso, ottenendo qualche seggio in più. E anche un partito di estrema sinistra molto più piccolo ha nuovi seggi. C’è quindi possibilità di tentare di negoziare nel Parlamento.  Lula, anzi il partito dei Lavoratori non ha mai governato prima col Parlamento completamente allineato, hanno sempre dovuto trattare con l’opposizione in parlamento. Lula è peraltro molto abile proprio in questa faccenda, ma sappiamo che le poste in gioco adesso sono più alte, dato che non si tratta ormai di destra ma di estrema destra, che anche adesso combatte in altri termini, molto non-democratici.

Ma, per esempio, che Arthur Lira, attuale presidente della Camera dei Deputati, abbia ammesso che, ebbene sì, Lula ha vinto, benché in campagna avesse fatto grossi sforzi per Bolsonaro —indica che Lira si rende conto che è importante perché ci pone in una situazione ben diversa allor-ché entriamo nel nuovo governo il prossimo gennaio, con Lula che dovrà negoziare. Una ragione per cui Lula aveva a fianco il candidato VP Geraldo Alckmin, da molto tempo politico tradizionale di destra, è che Lula pensa che Alckmin avrà un ruolo importante nel cercare di mediare i punti di distinzione nell’ambito parlamentare.

AMY GOODMAN: Michael Fox, puoi dirci del rapporto fra Bolsonaro e la Corte Suprema del Brasile e su come questo abbia potuto influire anche sull’elezione? La conferma finale dei risultati arriverà intorno al 19 dicembre, dopodichè Lula assumerà la presidenza a inizio gennaio.

MICHAEL FOX: Proprio così. Il rapporto fra Bolsonaro e la Corte Suprema Court è stato arroccato per tuta la durata del suo governo. Ricordiamoci: Bolsonaro non ha fatto altro che attaccare il Parlamento e la Corte Suprema tutto il tempo. La Corte la considera illegittima e del tutto antagonistica … [non udibile] peraltro la principale istituzione in Brasile a spingere indietro Bolsonaro, quante volte l’ha fatto! Ha messo su tutta quanta l’indagine sulle fake news, sul gruppo d’odio di Bolsonaro che sprizzava odio e falsità sui media social. L’hanno davvero attaccato rendendosi capaci di respingerlo. Stanno tuttora indagando gli uomini d’affari che finanziavano il gruppo incitatore risultando in una costante ripulsa per  Bolsonaro.

Ovviamente, uno dei membri della Corte Suprema, Alexandre de Moraes, è attualmente a capo della Corte Elettorale Suprema, e ha perseguito le fake news per tutta la campagna ed essendo quindi estremamente aspro verso la campagna di Bolsonaro. Giusto una settimana fa inasprito i criteri disponendo che qualunque tipo di fake news, di disinformazione, doveva essere tolta dalla circolazione entro due ore da quando riconosciuta tale, e quindi ha effettivamente impedito alle emittenti conservatrici ti poter usare il termine “ladro” per descrivere Lula alla vigilia dell’elezione. Quindi la cosa è stata davvero molto intensa.  Poi naturalmente quello è il principale ente certificatore delle elezioni e quindi quello contro cui Bolsonaro ce l’ha di più. Il che a questo punto rende quest’elezione ancor più ai ferri corti estendendo la tensione che stiamo osservando.

AMY GOODMAN: nel 2018 Democracy Now! parlò con Lula quando concorreva per la presidenza. Allora era di fronte a una possibile carcerazione per quelle che molti credevano accuse montate ad arte di corruzione collegata a un’inchiesta dilagante nota come “Operazione Autolavaggio”.

LUIZ INÁCIO LULA DA SILVA: [tradotto] Io non sono stato accusato di corruzione. Fui accusato per una bugia in un’indagine di polizia, una bugia in un’incriminazione da parte della Procura Generale, e nel giudizio del giudice Moro. C’è solo una prova della mia innocenza in tutto il procedimento giudiziario, spiegata magistralmente dal mio consiglio di difesa.

AMY GOODMAN: Lula s’è fatto oltre 580 giorni di carcere prima che le accuse fossero cestinate. A proposito del giudice moro, menzionato: il giudice Moro è appena diventato un nuovo senatore brasliano, eletto in questa prima tornata elettorale. Michael Fox, che significa tutto questo?

MICHAEL FOX: Ovviamente, il giudice Sergio Moro era evidentemente prevenuto, come risulta dalla Corte Suprema. L’abbiamo scoperto dalle indiscrezioni di Intercept che mostravano esattamente gli avvenimenti all’interno della magistratura inquirente, con i procuratori all’opera con un giudice presunto indipendente — appunto Sergio Moro — in modo da accusare Lula, da attaccare il Partito dei lavoratori. In modo molto, molto approfondito.

Ricordiamoci che il giudice Sergio Moro, dopo l’incarcerazione di Lula, proseguì col diventare ministro della Giustizia di Bolsonaro, con una sorta di mano che lava l’altra: lui ha aperto le porte per l’accesso al potere di Bolsonaro, che a permesso a lui stesso di arrivarci. L’avvincente in questa campagna, come abbiamo visto al suo inizio, è che Moro si era dimesso dal governo di Bolsonaro nel 2020 ma per la campagna si sono ritrovati insieme contemporaneamente, con – splendido! – Moro questa volta a istruire effettivamente Bolsonaro durante il dibattito [elettorale], standogli proprio a fianco. Proprio questa caricatura di garante di giustizia, quello che aveva sbattuto in carcere Lula e poi divenuto ministro della Giustizia e adesso eletto senatore. Davvero, profondamente ispirante.

AMY GOODMAN: Voglio tornare al tema del clima. Democracy Now! Sarà a Sharm el-Sheikh, in Egitto, a seguire la COP27, il Vertice ONU sul Clima. Tu hai scritto un pezzo per il Sierra Club dove parli degli indigeni Karipuna, dicendo che sono sotto attacco. Parlacene un po’; la storia dei Karipuna, che viene rimandata da un capo all’altro dell’Amazzonia; la deforestazione  in Amazzonia è a un culmine di 16 anni?

MICHAEL FOX: Quando abbiamo fatto visita ai Karipuna appena tre settimane fa attraversando il loro territorio, passavamo in aree già deforestate, con gli alberi sul terreno che stavano bruciando. Siamo andati in altre zone per capire quale fosse la realtà più generale e stavano bruciando, letteralmente ancora in fiamme. E il fumo si alzava giorni dopo. si alza ancora. Percorrendo il loro territorio verso l’uscita siamo passati vicino a quattro motociclette d’invasori esterni che stavano osservando il terreno. In una delle zone dove erano stati avevano apposto un cartello con su scritto “lote”, cioè lotto; come se stessero offrendo terra loro, e con assoluta disinvoltura.

I Karipuna sono una delle tribù vittime, una delle dieci principali etnie che si sono ritrovate con la propria terra più deforestata, attaccata; e questa è la realtà sotto Bolsonaro, che ha rottamato l’agenzia indigena e quella ambientale, riducendone i fondi al punto di impedirgli di proteggere l’Amazzonia, la foresta e le comunità indigene [residenti]. Metà della deforestazione cui abbiamo assistito nei quattro anni scorsi è stata su terre protette, terre indigene e/o tutelate ambientalmente.

I Karipuna sono solo un esempio di quanto è stato inasprito al massimo. Come si sentono nella loro comunità è di essere completamente circondati/assediati e di poter essere scacciati in qualunque momento mentre si stabilirebbero lì gli invasori terrieri. Di fatto, quando per strada abbiamo accostato quelle motociclette, ci siamo fermati in tutta fretta, abbiamo fatto due o tre foto coi cellulari e abbiamo subito proseguito, preoccupati per quel che può succedere se t’imbatti in tali invasori terrieri, di solito armati: non si sa come potrebbe andare a finire! Ecco la realtà. E’ stata del tutto esasperata.

La possibilità di riavere un governo Lula — vi rammento che adesso Lula ha riportato con sé l’ex-ministra dell’Ambiente Marina Silva, che aveva rotto col PT parecchi anni fa, candidandosi anche alla presidenza nel 2010 e 2014, e ora riallineata a Lula; ci siamo parlati poche settimane fa e ha detto che aveva già passato un dossier a Lula su come arrivare a zero deforestazione e che non vede l’ora di lavorare con lui per portare avanti la cosa.  Ecco perché l’Amazzonia è stata così importante in questa elezione e perché lo è a livello internazionale, perché la gente sappia qual è la realtà sul campo.

AMY GOODMAN: infine, Sabrina Fernandes, votare è obbligatorio in Brasile; e vien da confrontarlo con gli Stati Uniti, dove percentualmente tanta meno gente vota. Ci puoi dire degli sforzi per rendere gratuito il trasporto pubblico nella giornata delle elezioni e di come questo abbia contribuito all’affluenza?

SABRINA FERNANDES: Questo è una gran contraddizione. È un paese così vasto; perché la gente voti, secondo dove ci si trova in Brasile, si deve viaggiare per molti kilometri per trovare un seggio elettorale; perciò è molto importante avere trasporto gratuito. Abbiamo avuto una massiccia insistenza della società civile per ottenere che molte città del paese potessero avere trasporto gratuito durante la giornata elettorale, senza peraltro riuscirci a livello nazionale. Di fatto, Bolsonaro era contrario (da) quando cominciarono a emergere iniziative in tal senso. Così siamo stati ben consci che garantire che potesse andare a votare la gente, specialmente chi usa il trasporto pubblico, delle classi lavoratrici più basse, non gli interessava affatto, a Bolsonaro e ai suoi.

Ha prevalso la società civile in molte parti del paese, eppure ieri abbiamo avuto vari resiconto sulla sorveglianza del traffico durante la giornata da parte della polizia federale, con blocchi stradali, controlli sugli autobus, trattenuti a lungo per cui i passeggeri non potevano arrivare a un seggio; Abbiamo avuto oltre 500 segnalazioni in tal senso, però il ministro della Suprema Corte Elettorale, Alexandre de Moraes, ha ritenuto che se pur c’era qualche soppressione di elettori, fosse di pregiudizio ad ambo gli schieramenti, normalizzando così le cose, anche se sappiamo che il capo di questa polizia del traffico ha effettivamente invitato a votare per Bolsonaro prorpio il giorno prima e che questa operazione è stata orchestrata insieme al governo federale.

Quindi, mentre abbiamo una società civile che lotta per il diritto di voto e per il suo effettivo accesso, includendoci la mobilità, ecco la gran contraddizione: si fa votare la gente ma non gliene si danno i mezzi. La società civile ci ha provato, ma d’altronde Bolsonaro ha usato la macchina statale in ogni modo, salvo i carrarmati per strada, per ostacolare il voto popolare.

AMY GOODMAN: E domenica si vota. Sabrina Fernandes, voglio davvero ringraziarti per essere stata con noi, e ringraziare il sociologo e attivista brasiliano Michael Fox, giornalista freelance, conduttore del nuovo podcast Brazil on Fire, entrambi in collegamento da São Paulo, Brasile.

Prossimamente: il deputato della California Ro Khanna a proposito del marito di Nancy Pelosi sotto attacco nel suo stato; e parleremo con lui anche della guerra in Ucraina, dei rapporti USA- sauditi e delle elezioni di metà mandato. Restate con noi.


Fonte: Democracy Now, 31 ottobre 2022

http://www.democracynow.org/2022/10/31/leftist_lula_wins_brazil_presidency_2022

Traduzione di Miki Lanza per il Centro Studi Sereno Regis


 

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