Guerra Russia-Ucraina e sicurezza alimentare
Per inquadrare il problema
Partiamo da alcuni dati sulla produzione e commercio dei prodotti alimentari di base:
1) Nello scenario globale la produzione di beni alimentari è assicurata per oltre il 70% da piccole imprese a livello familiare, e distribuita su mercati locali e/o nazionali; solo il 30% è fornita da grandi aziende, spesso di proprietà di società multinazionali ,che hanno accesso al commercio internazionale. Ma gli attori principali che garantiscono un certo livello di sicurezza alimentare sono i produttori di piccola scala, anche se sono abbandonati dai governi locali, e penalizzati da accordi intergovernativi che li spingono a “modernizzarsi”. accusandoli di essere inefficienti e arcaici
2. Il mercato dei cereali, prodotti da Russia e Ucraina prevalentemente in grandi aziende private e con tecniche di agricoltura moderna convenzionale e destinati all’esportazione riguarda solo una frazione (circa il 25%) del totale della produzione globale di cui solo una percentuale (circa il 7%) entra nel commercio internazionale e rifornisce i Paesi Africani che nella vulgata giornalistica e non solo (vedi dichiarazioni di Maurizio Martina, vicedirettore della FAO e ex ministro dell’agricoltura nel governo Renzi) e più recentemente dallo stesso Segretario generale delle NU, Antonio Guterres, sperimenterebbero una grave impennata della fame fra la popolazione povera a causa della guerra della Russia contro l’Ucraina
3. Il mercato dei cereali e di alcuni altri prodotti alimentari si svolge prevalentemente tramite contratti futures che sono stati introdotti negli anni ’30 del secolo passato negli Stati Uniti, allo scopo di limitare e controllare la volatilità dei prezzi dei prodotti agricoli, favorendo quindi la pianificazione della produzione e il commercio (interno e internazionale). La regolamentazione è stata più volte modificata: nel 2000 il “Commodities and Futures Modernization Act” (USA) ha completato le misure di liberalizzazione del commercio internazionale e dei mercati finanziari. Con tale misura il Governo degli Stati Uniti ha eliminato la norma che impediva agli operatori finanziari di investire sui contratti futures dei prodotti agroalimentari di base o sui i loro derivati (prodotti il cui valore dipende dall’andamento del mercato finanziario 1. Si è aperta cosi la possibilità di comprare e vendere questi contratti nel mercato finanziario, operando così la completa finanziarizzazione del commercio dei prodotti alimentari. I prodotti alimentari di base sono stati trasformati da beni a merci senza nessun riferimento alle vicende produttive.
4. A questo commercio globale, stimato per il 2022 dalla FAO in 194 milioni di tonnellate per il solo grano, (stima antecedente all’inizio della guerra) avrebbero partecipato in proporzioni molto ridotte la Russia (8 milioni di tonnellate ) e l’Ucraina (6 milioni di tonnellate).
5. Pur essendo certo che molti Paesi africani dipendano per oltre il 50% dalle importazioni dai due Paesi in guerra, non si può certo affermare che sia prevista una mancanza assoluta di prodotto e che quindi non è certo questa la causa principale dell’aumento dei prezzi a livello mondiale.
6. La dipendenza dalle importazioni di prodotti alimentari di base di molti Paesi del Nord Africa (Egitto, Libano, Libia, Tunisia) e della stessa fascia del Sahel (Somalia, Senegal) è il risultato delle molteplici guerre di carattere locale e regionale ma, e soprattutto, delle scelte di riconversione delle terre a coltivazioni di prodotti agricoli per l’esportazione (come ad esempio frutta e ortaggi) abbandonando la coltivazione di prodotti agricoli di base che garantivano la sicurezza alimentare interna. Tale riconversione è stata condizionata e direttamene sostenuta dai Paesi dell’Europa e degli USA, che stavano sperimentando eccedenze produttive legate agli interventi di sussidi ai propri agricoltori per favorire l’applicazione di nuove tecniche produttive (rivoluzione verde). Il Fondo Monetario Internazionale e la stessa Banca Mondiale vedevano nella riconversione anche la possibilità per i Paesi indebitati di ottenere risorse per il servizio del debito e cioè il rimborso annuale di quote dei capitali imprestati e degli interessi maturati sulle somme non ancora restituite. 2
7. Infine occorre tener conto del fatto che in Europa e negli Stati Uniti i prodotti agricoli di base hanno trovato destinazioni alternative, con sostanziali finanziamenti pubblici sia per la produzione di energia (etanolo e gas metano) sia per l’alimentazione degli animali da carne (polli, suini e in particolare i bovini).
La guerra scatenata dalla Russia contro l’Ucraina ha riportato alla ribalta la questione degli aumenti dei prezzi dei cereali e di altri prodotti alimentari sul mercato globale e ha dato occasione a politici e mass media per denunciare la possibilità di una crisi alimentare devastante, a) per le popolazioni povere dei Paesi africani e non solo, già in condizioni drammatiche per effetto della siccità, guerre locali e migrazioni, b) per le masse crescenti di cittadini poveri nei Paesi del ricco Nord3.
Il legame stretto fra aumento dei prezzi dell’energia e aumento dei prezzi dei prodotti alimentari di base (grano, mais, e semi oleosi) è evidente nei processi dell’agricoltura moderna convenzionale. Essa è infatti basata su un uso massiccio di fattori di produzione di origine chimica (concimi, diserbanti, antiparassitari); su consumi diretti di energia fossile nelle lavorazioni meccaniche per le coltivazioni e la raccolta; sul trasporto dai luoghi di produzione al consumo (autocarri, navi, aerei ecc.). E’ meno evidente il fatto che i prodotti alimentari di base sono da tempo (dagli anni 2000) divenuti prodotti finanziari il cui commercio è stato liberalizzato e i cui prezzi al consumatore finale non dipendono più dalla abbondanza o penuria dei prodotti.
Dal rapporto “Global Report on Food Crises” (il primo numero risale al 2016) risulta chiaro che i problemi della insicurezza alimentare non sono addebitabili alle conseguenze della guerra scatenata dalla Russia contro l’Ucraina. E’ vero comunque che la guerra ha esacerbato i problemi per molti Paesi dipendenti dall’importazione di alimenti di base intrecciandosi al blocco di produzione e esportazione ma soprattutto ai movimenti speculativi degli edge funds4.
Le vere cause
Ma allora quali sono le vere cause dell’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari?
Si può individuare una combinazione di vari fattori:
-
L’alto prezzo del petrolio e di tutte le fonti di energia di origine fossile
-
L’aumento della quota di produzione dell’agricoltura moderna convenzionale che è dipendente da processi e tecnologie energivore.
-
L’aumento della percentuale di popolazione mondiale che adotta una dieta più carnea, con il conseguente incremento dell’allevamento industriale, che usa molti più cereali.
-
L’aumento dell’uso di prodotti agricoli per una loro trasformazione in etanolo, dunque di carburanti al posto di cibo.
-
Non ultime vanno annoverate quelle misure restrittive all’esportazione che alcuni Paesi grandi produttori di prodotti agroalimentari di base hanno adottato, adducendo questioni di sicurezza alimentare interna (India). In questo caso non è da escludere che tali misure siano principalmente uno strumento di speculazione su prodotti che stanno ottenendo aumenti consistenti di prezzo a livello mondiale.
-
Allo stesso tempo c’è stato un incremento di acquisti per stoccaggi da parte della Cina5, sia per garantire adeguate quantità di cereali e altri prodotti di base di fronte a una domanda interna crescente di proteine animali, sia in previsione di future perturbazioni sui mercati mondiali.
Oltre ai fattori sopra elencati, a determinare la crisi dei prodotti alimentari e a portare alla fame le classi povere di tutto il mondo ci sono cause strutturali, legate a:
-
l’insostenibilità dell’attuale sistema di produzione-trasformazione e distribuzione dei prodotti alimentari, basato sull’uso sempre più intensivo di energia di provenienza fossile. Gli allarmi sempre più puntuali di numerosissimi esperti di tutto il mondo sulle conseguenze del riscaldamento globale e sui conseguenti cambiamenti climatici riguardano in gran parte il settore agricolo nelle sue modalità produttive moderne convenzionali. La produzione agricola (inclusi gli allevamenti di animali) incide nelle emissioni della CO2 per oltre il 30%.
-
La rapida espulsione dei contadini dalle campagne. In tutti i Paesi del mondo lo sviluppo industriale e del settore terziario ha utilizzato le popolazioni rurali come riserva di manodopera a basso costo con interventi pubblici6, e spesso anche di tipo costrittivo7 per favorire l’introduzione di nuove tecnologie meccaniche e chimiche: queste si sono rivelate non solo energivore e climalteranti, ma di fatto hanno peggiorato le condizioni di vita delle popolazioni rurali. Il risultato è stata una progressiva e massiccia emigrazione dalle campagne e lo sviluppo di insediamenti precari e senza servizi nelle aree già urbanizzate.
A questi fenomeni epocali di natura strutturale si sono sommati gli effetti di espropriazione (o, più propriamente, di rapina) delle terre tradizionalmente occupate dai contadini per favorire l’insediamento di attività produttive agroalimentari per l’esportazione. L’espulsione dei contadini dalle loro terre ha privato il settore agricolo non solo delle conoscenze empiriche accumulate da secoli ma anche dei servizi ecoambientali indispensabili per il mantenimento della fertilità dei suoli, la regimazione delle acque etc.
In conclusione
La temuta e fortemente denunciata crisi alimentare prossima futura a causa delle estreme difficoltà sperimentate dai settori produttivi ucraini ( rifornimenti dei mezzi tecnici ,carburanti etc.) e del settore delle movimentazione dei prodotti per la loro esportazione via mare ha origini e cause più lontane, e non è una questione di penuria. Le cause della dipendenza dei Paesi del Nord-Africa (in particolare Egitto, Marocco), dei Paesi del Sahel (Somalia in particolare) del Medio-Oriente (Libano in particolare) hanno radici più antiche: per i Paesi della fascia Sub-sahariana, all’aggravarsi dei problemi della siccità e desertificazione si aggiunge anche il problema del cambiamento della dieta, in particolare dei contadini espulsi dalle campagne. Il cambiamento è stato causato dall’abbandono delle colture tradizionali (miglio, fonio, riso locale) più resistenti alla siccità, e dalla crescente dipendenza dalle importazioni delle eccedenze produttive dei Paesi del Nord del Mondo, in particolare dagli USA e dall’Unione Europea.
Come reazione immediata alla situazione in atto i responsabili politici dovrebbero garantire flussi commerciali agricoli aperti, e dare un adeguato sostegno finanziario ai programmi internazionali di aiuto alimentare.
Dovrebbero inoltre re-introdurre quelle regole per i contratti “futures” che garantivano prima del 2000 un controllo della volatilità dei prezzi dei prodotti agricoli di base ed impedivano fenomeni di speculazione puramente finanziaria.
L’insicurezza alimentare globale non ha origine da una carenza di offerta ma da forti disuguaglianze economiche e da inadeguati e scorretti utilizzi e distribuzioni. Attualmente la produzione alimentare globale è più che sufficiente per nutrire una popolazione mondiale assai più numerosa di quella di oggi. Tuttavia i cereali ed il mais vengono usati per alimentare animali inclusi i ruminanti, produrre biocarburanti o addirittura sprecati una volta raffinati.
Alcune proposte
Fra le possibili proposte si possono indicare:
-
un esteso e articolato programma per spostare i consumi verso diete più sane, con meno prodotti di origine animale, in tutti i Paesi ad alto reddito;
-
favorire l’ampliamento delle superfici seminate a leguminose, che potrebbero ridurre l’uso di fertilizzanti azotati data la loro capacità di fissare l’azoto;
-
ridurre le quantità di cibo sprecato (oltre il 30 % di quello prodotto) con un controllo pubblico sull’origine dei rifiuti alimentari in tutta la filiera agroalimentare.
Quale contributo posso dare io?
A questo punto, a un lettore attento viene spontanea una domanda: “come potrei contribuire a ridurre l’impatto della guerra sul peggioramento della sicurezza alimentare degli abitanti poveri dei Paesi che importano la maggior parte delle calorie?”
Le risposte sono varie e ciascuno può decidere quale iniziativa attuare in base alla sua situazione.
-
Una prima risposta è quella di aumentare la propria conoscenza e consapevolezza sulle cause immediate e strutturali che tendono ad esacerbare i problemi che la guerra crea alla sicurezza alimentare dei cittadini poveri dei paesi importatori di prodotti agricoli di base, come anche del proprio paese.
-
Contribuire al cambiamento progressivo delle abitudini di vita e consumi alimentari, sia a livello personale che collettivo. Per esempio:
-
-
Le famiglie possono intervenire con richieste alle autorità scolastiche e le amministrazioni comunali per introdurre e/o ampliare i programmi di educazione alimentare.
-
I rappresentanti sindacali a livello aziendale e di zona potrebbero intervenire sulla qualità e impatto del cibo offerto nelle mense. Sarebbe utile discutere anche del cosa produrre con il padronato (Landini, Segretario Nazionale CGIL) e quindi cosa mangiare nelle mense
-
Un ruolo sulla produzione e distribuzione del cibo potrebbe essere assunto anche da chi frequenta per i pasti strutture (bar, mense etc) fuori dai luoghi di lavoro.
-
Note
1. Nora McKeon, Food Security Governance, Rutledge pag. 42 e seguenti.
2 Le riconversioni produttive da prodotti agricoli di base a prodotti per l’esportazione ( ortaggi e frutta) sono state suggerite e imposte dalla Banca Mondiale e dal Fondo Monetario Internazionale negli anni 1980 nell’ambito delle trattative condotte da Paesi in via di sviluppo fortemente indebitati per prestiti fatti nella decade degli anni 1960 nella fase di decolonizzazioni. Erano questi gli anni in cui i Paesi emergenti si erano liberati dal dominio coloniale e tentavano una via di sviluppo ad imitazione dei paesi europei ricorrendo a prestiti resi facili dalle grandi banche internazionali collegate alla crescente liquidità prodotta dalle vendite di petrolio i cui proventi venivano depositati nelle grandi Banche Europee e degl Stati Uniti. La ricontrattazione dei debiti negli anni 1980 ha costretto i vari Governi dei Paesi indebitati ad accettare misure di liberalizzazione nelle proprie economie particolarmente dannose per il settore agricolo. La progressiva eliminazione dei dazi all’importazione di derrate alimentari provenienti dai Paesi Europei e dagli Stati Uniti che avevano invece mantenuto e rafforzato il proprio sostegno ai propri produttori con la creazione di eccedenze hanno creato una situazione di impossibilità di essere competitivi con le derrate alimentari importate.
3 “Lo spettro della fame”, Akram Belkaid Le Monde Diplomatique Maggio 2022,
“A corto di grano”, AA.VV. per Diet Zeit tradotto su Internazionale n. 1461-Anno 29 ,
“The Butterfly Effect,Gli effetti della crisi ucraina in Africa”, A. Turco, Confronti n.5/ 2022
“The coming Food Catastrophy” The Economist 21 maggio 2022 ‘ o in pubblicazioni ad hoc vedi
“La logica della borsa nera e il “Non facciamo mancare il pane agli Italiani” Nota informativa a cura di ARI (Associazione Rurale Italiana ) 12/03/2022
“Another Perfect Storm?” How the failure to reform food systems has allowed the war in Ukraine to spark a third global food price crisis in 15 years, and what can be done to prevent the next one. A special report by IPES-Food, May 2022, The International Panel of Experts on Sustainable Food Systems (IPES-Food)
Global Report on Food Crises 2022, preparato da un gruppo costituitosi nel 2016 da 17 Organizzazioni operanti a livello internazionale e promosso dall’Unione Europea, il PAM ( World Food Programme), e la FAO. Numerosi sono gli articoli e saggi apparsi nei quotidiani (Avvenire Il Manifesto, la Repubblica, etc )
Ottime letture per capire la presente crisi alimentare a livello globale e l’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari di base sono due libri: 1) Eric Holt-Gimenez, Raj Patel, Annie Shattuck, Food Rebellions! Crisis and the Hunger for Justice, Food First Books, 2009 (tradotto in Italiano da Slow Food, Collana Terra Madre, 2010; 2) Nora McKeon, Food Security Governance, Empowering communities, regulating corporations, Rootledge, Taylor & Francis Group , 2015 (tradotto in Italiano da Jaca Book, Food governance: Dare autorità alle comunità. Regolamentare le imprese, 2019)
4 Hedge fund è un fondo comune d’investimento ad alto rischio utilizzato per lo più da clientela ricca e capace di reggere anche a grosse perdite.
5 Trasmissione REPORT RAI3 del 3/6 e il ruolo della multinazionale cinese CFOC nei confronti dei commercianti grossisti italiani
6 Movimenti migratori dal Meridione d’Italia degli anni ’60 del secolo scorso
7 Come i movimenti migratori in Cina dagli anni ’80 del secolo scorso
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!