Un secolo di disertori. Osservazioni dalla Germania

Simone Belci

L’Europa vuole armarsi sempre di più. Noi invece non vogliamo tornare all’epoca degli eroi pronti a morire per la causa della loro nazione. Vogliamo entrare in un secolo di disertori, che si rifiutano di obbedire agli ordini e di sparare sulle persone.

Come in ogni momento di crisi, anche sulla guerra in Ucraina, mi sembra di avere qualcosa da dire. Mi rendo conto che probabilmente – nel dilagare di voci spaventate, apocalittiche, confuse, risolute – le mie impressioni sono superflue, ma provo ugualmente a metterle sulla pagina scritta.

Non mi dilungo sul nodo allo stomaco che tutti proviamo nei nostri – più o meno – confortevoli nidi. Quello di cui mi interessa discutere sono le reazioni che l’aggressione della Russia ha provocato. Ho seguito poco il dibattito in Italia (ho ricevuto però informazione dell’imbarazzante comprensività nei confronti di Putin da parte di alcuni esponenti della sinistra) e un po’ di più in Germania, peraltro solo su media a diffusione di massa (Ard, Zeitonline, Dlf). Quello che mi ha stupito è l’impressionante uniformità, l’univocità della risposta. La Germania – e già sono in minoranza quelli che dicono: l’Europa – si deve armare, per difendersi dalla minaccia autocratica.

Io non sono in grado di discutere il merito del problema. M è capitato spesso di pensare che in un mondo pieno di autocrazie aggressive potesse essere indispensabile disporre di un esercito in grado di difendere democrazia e pluralismo. Mi mancano le competenze in questioni militari e geopolitiche per valutare se sia davvero così; del resto queste competenze mancano anche a molti altri che invece sostengono di sapere esattamente che cosa occorre fare. Il problema secondo me è la mancanza di alternative. Ammettiamo per un momento che armarsi sia necessario. Cosa vogliamo fare oltre ad armarci? Ho l’impressione che questa domanda non si ponga mai e questo mi pare grave e pericoloso.

Anche il terreno delle sanzioni è un terreno complesso in cui non sono in grado di addentrarmi. Però le sanzioni a grandi linee si basano sull’interdipendenza globale. In questo senso può essere che la globalizzazione ci abbia fornito degli strumenti che varrebbe la pena di potenziare. Intendiamoci, sono sempre convinto che sia necessario ridurre la scala di molti processi produttivi per evitare di scaricare le esternalità negative il può lontano possibile dai consumatori e occultare le responsabilità sociali ed ecologiche di chi ci si arricchisce.

Ma forse ha senso rafforzare in una certa misura una divisione internazionale del lavoro, che non sia basata sullo sfruttamento irresponsabile di persone e risorse, per dare vita a un’interdipendenza che renda sempre più difficile a singoli paesi aggredire gli altri. Per esempio, ma non possiedo competenze specifiche a questo riguardo, nel settore delle tecnologie? Alla luce di tutto questo mi chiedo se sia davvero una buona idea investire molte risorse per cercare di diventare «autarchici».

La seconda cosa che mi spaventa è che, quando si parla di rafforzare l’esercito, non si pongono condizioni. Come già detto, può essere che rafforzare gli eserciti sia necessario, non lo so. Però la sovrarappresentazione di estremisti di destra negli eserciti è un problema che va affrontato prima, altrimenti ci troveremo di fronte a una minaccia alla democrazia ancora più immediata di quella che intendiamo affrontare. Anche qui, non sono in grado di quantificare il fenomeno e voglio dare per scontato che molte persone convintamente democratiche ed eticamente irreprensibili facciano parte degli eserciti europei.

Però bisogna ricordare che in Germania nel 2020 l’unità speciale «Kommando Spezialkräfte» è stata riformata d’urgenza, dopo che l’utilizzo di simbologia e saluti nazisti da parte di molti dei suoi membri era diventata di dominio pubblico e soprattutto dopo che si era persa ogni traccia di quantità molto ingenti di munizioni ed esplosivo. Va anche ricordato che un ufficiale dell’esercito tedesco, Franco A., è stato sospettato di essersi procurato delle armi con il fine di perpetrare un attacco terroristico nei panni di un richiedente asilo siriano, per convincere l’opinione pubblica del fatto che l’immigrazione sia una minaccia inaccettabile alla sicurezza.

La sensazione è che si tratti solo della punta dell’iceberg. Non ho informazioni di questo tipo sull’Italia, ma temo che si possa supporre che anche in questo caso la situazione non sia molto diversa. Quindi, se dobbiamo rafforzare gli eserciti, bisogna prima di tutto cacciare via i soldati che non hanno nessuna intenzione di difendere pluralismo e democrazia. E poi bisogna trovare un modo di renderli attrattivi per le persone che, invece, hanno intenzione di farlo.

Un’altra cosa che forse si potrebbe fare oltre a prepararsi per la guerra mi è venuta in mente quando ho letto che l’Ucraina offre 40.000 euro ai soldati russi che disertano. I media tedeschi riportano la notizia che tra numerosi soldati russi aleggia un certo malcontento. Sembra che molti, convinti di partire per un’esercitazione, non siano contenti di essersi ritrovati nel mezzo di una guerra. L’idea dell’Ucraina potrebbe essere fatta propria dall’Unione Europea. Dare degli incentivi – di natura economica, ma anche in termini di riconoscimento di asilo politico – ai soldati russi che disertano.

Magari mi sfuggono diverse cose e si tratta di un’idea irrealizzabile. Ma se invece fosse possibile indurre alcuni o molti soldati russi a disertare, penso che varrebbe la pena investire ingenti risorse per convincerli e proteggere coloro che optassero per questa scelta, davvero coraggiosa. Del resto qualsiasi prezzo sarebbe più vantaggioso rispetto all’opzione di lasciarli intenti a occupare, distruggere e uccidere.

Non vogliamo tornare all’epoca degli eroi pronti a morire per la causa della loro nazione. Vogliamo entrare in un secolo di disertori, che si rifiutano di obbedire agli ordini e di sparare sulle persone.


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