The Victim, la serie televisiva

Dario Cambiano

Prima di tutto: le serie tv si trovano, come molti film, o su Raiplay, che è gratis, o su varie piattaforme «pirata». «Pirata» è una parola che diamo noi, perché pensiamo che se paghi un abbonamento sei più nel giusto. Non la penso così. Se, con qualche difficoltà – perché si deve fare una specie di slalom tra una decina di pagine di pubblicità che si aprono proditoriamente – si riesce a scaricare un film o una serie tv, è perché certamente qualcuno sta comunque guadagnandoci… raccogliendo i big data, ad esempio, o elaborando statistiche sulla fruizione dei vari prodotti. Insomma, qualunque cosa decidiate di fare davanti a un monitor è già pagata con la vostra attenzione e il vostro IP; che sarebbe l’indirizzo del pc da cui state guardando.

Detto questo, ci sono alcune piattaforme che mi stanno più simpatiche di altre, come ad esempio Mymovies, che mette on line una selezione dai festival in corso, quindi di film che magari non circuiteranno. O Mubi. O HD4ME. Piattaforme con un archivio dignitoso, permanente, di qualità. Non avete notato che le piattaforme mainstream dopo qualche mese non hanno più i film che magari vi eravate riproposti di guardare in un secondo momento?

Ma non volevo fare pubblicità. Volevo parlarvi di The Victim.

The Victim è una miniserie, e già la cosa è molto simpatica perché non ti costringe a centinaia di ore di permanenza davanti alla tv. Per i più giovani: davanti al vostro smartphone. Per i più vecchi, CSI sono 337 episodi da 45 minuti, fate voi il conto. Sono 4 puntate, 4 ore e te la sei tolta, meno di Via col vento o C’era una volta in America, quindi ce la potete fare.

È la storia di una vendetta cercata fino all’ultimo. Fino a che la vittima non «riconosce» l’aggressore, la sua debolezza, la sua fragilità. E allora, senza svelare il finale (per i giovani: senza spoilerare), diventa una serie nonviolenta. Che si basa sull’ascolto, la comprensione, l’attivazione dei meccanismi empatici. Oh, per arrivarci bisogna sciropparsi le prime 2 puntate che sono thriller allo stato puro, astio e odio e tentativi di farsi giustizia. Ma è necessario per la costruzione del racconto. La sceneggiatura è di Rob Williams, uno sceneggiatore non prolifico, ma che merita di essere seguito. Nelle serie tv la regia è praticamente insignificante, viene affidata a buoni professionisti che cambiano di puntata in puntata, probabilmente li ordinano con Glovo.

La cosa notevole di questa serie è proprio questa svolta nonviolenta; ma così nonviolenta che nella terza e nella quarta puntata diventa quasi un manuale di soluzione dei conflitti. Sarebbe interessante conoscere come Williams c’è arrivato, ma sul web ci sono davvero poche indicazioni sulla sua attività professionale. Cercatele, troverete altre 4 serie che però non ho visto quindi non mi metto a consigliarle.

Recensione della serie The Victim di Dario Cambiano


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