Spiritualità di Nanni Salio

Vedere le cose come in un cerchio …ricordo di Nanni Salio a sei anni dalla morte

Nanni Salio

Nanni stesso aveva la capacità di farti vedere le cose come in un cerchio. Tutto ha lo stesso peso, e niente viene prima o dopo e niente e nessuno resta inascoltato o viene trascurato, e questa cosa è così profondamente nonviolenta. Le persone per lui erano importanti; così come lo era la ricerca, i nuovi arrivati come i collaboratori di lunga data, chi gli proponeva una piccola iniziativa come i grandi progetti a cui lavorava, i fiori che bagnava sul terrazzo come i libri che raccoglieva con tanto amore. (Laura Coppo)

Vedere le cose come in un cerchio

…  sull’economia

Mentre l’economia tradizionale non dice nulla rispetto al sistema relazionale che si instaura tra gli esseri umani e più in generale tra tutti gli esseri viventi, la misura del valore di un’economia nonviolenta  è data proprio dalla capacità di creare rapporti e relazioni più ricchi, più pieni e più soddisfacenti tra tutti quanto gli esseri viventi.  […] Non è affatto vero che il sistema economico sia neutrale, rispetto alle relazioni. Esso condiziona il modo con cui le persone umane e gli altri esseri si relazionano tra loro. Da un lato si crea un sistema altamente competitivo, non solidale, indifferente alla sorte degli altri, come quello che conosciamo; dall’altro si può creare un sistema solidale, di cooperazione, di compassionevolezza verso gli altri.

(Nanni Salio. Elementi di economia nonviolenta.  Edizioni del Movimento nonviolento, 2001).

… sui diritti animali

Qual è l’origine della violenza tra gli uomini, e tra questi e gli altri esseri senzienti? E qual è il nesso tra queste due forme di violenza? Quanto influisce la nostra insensibilità nei confronti degli animali ad alimentare atteggiamenti di altrettanta insensibilità verso i nostri simili? Non sono domande retoriche ma questioni laceranti che la cultura dominante non è in grado di affrontare in modo soddisfacente. La ricerca rimane aperta; ma la strada da seguire è quella della nonviolenza estesa a tutti gli esseri viventi, secondo l’insegnamento dei grandi maestri di tutti i tempi, a cominciare da Aldo Capitini.

(Nanni Salio. Noi e gli altri animali. .eco 7 settembre 2001).

…mezzi e fini nei macro – conflitti

Ma l’efficacia [delle lotte nonviolente] va intesa sia rispetto ai mezzi sia rispetto ai fini, ovvero sia del punto di vista dei modelli di difesa (di lotta, di trasformazione nonviolenta dei conflitti), sia dei modelli  di sviluppo. […]   Nel caso delle lotte nonviolente del 1989 i movimenti di base non erano ancora sufficientemente maturi e non riuscirono a elaborare uno specifico modello di sviluppo per il quale lottare. […] Gandhi ha sempre insistito sulla necessità di avere insieme alle lotte di disobbedienza civile un programma costruttivo da proporre e realizzare. […] 

(Nanni Salio. Che cosa è successo nel 1989 e perché?  In Letture profetiche inedite, Agorà & Co, 2018).

… sulla scienza

Non tanto della libertà della scienza abbiamo bisogno, quanto di libertà degli scienziati dai condizionamenti del complesso militare-industriale-scientifico che consenta loro, insieme agli altri attori sociali, di individuare le priorità della ricerca scientifica di cui l’umanità ha effettivamente bisogno e sulle quali concentrare le risorse intellettuali ed economiche. A quando un manifesto degli scienziati che metta in guardia dai pericoli dell’incipiente cambiamento climatico, della fine del petrolio a basso prezzo, dell’incessante distruzione dell’ambiente naturale, della folle crescita economica, demografica e della corsa agli armamenti? Un appello come questo darebbe credibilità e autorevolezza agli scienziati facendoli uscire dalla condizione di subalternità rispetto ai poteri economici, militari e politici.

(Nanni Salio. Coscienze impoverite. .eco 3 marzo 2001.)

… sull’educazione

Il decennio 2001-2010, proclamato solennemente dalle Nazioni Unite come decennio per l’educazione alla nonviolenza dei bambini e delle bambine del mondo, non poteva cominciare, e proseguire, in modo peggiore: terrorismi e guerre si intrecciano e si alimentano reciprocamente in una spirale di odio, vendette, violenze, irrazionalità, che sembra non aver fine. Cosa significa, in tale contesto, parlare di ‘educazione alla pace’? Non si corre forse il rischio di fare della sterile retorica, se non si affrontano alla radice i problemi della pace, della guerra e della democrazia? E chi sono i soggetti di un processo di ‘educazione alla pace’?

Solo i bambini e le bambine oppure, e soprattutto, gli adulti: i politici che proclamano le guerre con giustificazioni false, ciniche e opportuniste; i teologi di varie fedi religiose che teorizzano la ‘guerra giusta e/o santa’; i politologi che teorizzano anch’essi la necessità della guerra in nome delle dottrine del ‘realismo politico’; gli economisti che non vedono la violenza strutturale creata dalle ricette economiche del neoliberismo fondamentalista; i militari addestrati a ‘uccidere e terrorizzare’, deumanizzati nelle ‘scuole di guerra’; gli operatori dei media, che contribuiscono a veicolare, propagandare e amplificare una cultura della violenza e della guerra; gli scienziati e i tecnici che si nascondono dietro il falso mito della neutralità della scienza; gli educatori troppo timorosi per affrontare questioni spinose e controverse?

 (Nanni Salio Educazione alla pace: chi educa chi? CSSR, 7 ottobre 2004).

… sulle spese militari

Proviamo a rispondere a una domanda che solo apparentemente può sembrare provocatoria, ma in realtà è tutt’altro che ovvia: “A cosa servono le spese militari?”. La risposta scontata è che servono a mantenere gli eserciti i quali, a loro volta, dovrebbero difenderci. Secondo un altro modo di rispondere, oggi di moda, spese militari ed eserciti servono a garantire e creare la sicurezza. Con questo termine si intende di solito la “sicurezza nazionale”, oppure la difesa degli “interessi nazionali”. Cosa siano gli interessi nazionali e da chi vengano definiti è una questione che non viene quasi mai sollevata.  […] Ovviamente, la questione non è tanto quella di aumentare o diminuire le spese militari, ma piuttosto accrescere la sicurezza reale, quella umana, di ciascuna persona. […]

La condizione di sicurezza positiva, umana, di un paese è tanto maggiore quanto minore è la necessità di ricorrere a forme di coercizione, interna ed esterna, poliziesca e militare. Per avviarci in questa direzione e invertire l’attuale tendenza negativa e distruttiva, occorre progettare una transizione dal modello di sviluppo basato sulla crescita continua, che crea instabilità economica, insicurezza sociale, caos climatico e ambientale, a un modello centrato sulla semplicità volontaria, l’equa ripartizione delle risorse e l’equilibrio ambientale, nel quale sia possibile trasformare e mediare i conflitti, dal micro al macro, mediante modalità nonviolente.

(Nanni Salio. Ridurre la spesa militare, aumentare la sicurezza e vivere più felici. Il Manifesto, febbraio 2016)

… su Gandhi

Hindi Swaraj può essere considerato il primo libro post-trans-moderno. In esso Gandhi respinge i paradigmi fondativi della modernità che si basano sulla pretesa di certezze razionali assolute della scienza, della politica e della filosofia moderne e anticipa le analisi di una serie di autori (Ivan Illich, Fritz Schumacher, Arne Naess, Serge Latouche, Vandana Shiva) che, richiamandosi spesso al suo pensiero, criticano le moderne società industriali basate sul mito della crescita economica e del progresso lineare inarrestabile e su uno stile di vita da sogno americano, individualista, consumista, alienato.

Famosi sono il richiamo di Gandhi a quella che in seguito è stata indicata come filosofia del limite. Il nostro pianeta ha risorse sufficienti per soddisfare i bisogni fondamentali di tutti, ma non l’avidità di alcuni e l’invito a una scelta di vita ispirata alla semplicità volontaria, l’unica strada che potrà consentire di avviare a soluzione i principali problemi dell’umanità: libertà dalla fame, protezione ambientale, autorealizzazione.

 (Nanni Salio. Gandhi tra tradizione, postmodernismo e transmodernismo, CSSR 23 novembre 2007)

  … sulla nonviolenza attiva

Le azioni di disobbedienza civile nonviolenta di cui Turi Vaccaro si è fatto promotore sin dai tempi delle lotte contro l’installazione degli euromissili a Comiso, nei primi anni 1980, non sono frutto di generica improvvisazione.

Sono azioni che si inquadrano non solo nella tradizione della disobbedienza civile e delle lotte nonviolente, ma in quella avviata dai fratelli Berrigan negli USA e diffusasi in vari paesi con la costituzione del movimento “ploughshare”, negli anni 1980, che mira a trasformare le “spade in aratri”, come dice il salmista, entrando nelle basi militari nucleari, distruggendo anche fisicamente alcune parti di sistemi d’arma, mettendo direttamente a repentaglio la propria vita e pagando di persona con mesi e anni di carcere.

Anche Turi Vaccaro ha collezionato una serie ormai numerosa di arresti, processi, condanne, per le sue azioni coerentemente nonviolente, dalla Sicilia all’Olanda, dalla base di Vicenza alla Valle di Susa con i NO TAV.

Oltre alla nostra solidarietà esprimiamo l’auspicio che 10, 100, 1000 nuovi Turi Vaccaro sorgano in ogni parte del mondo per contrastare l’attuale deriva suicida di un’umanità e di una civiltà incapace, sinora, di affrontare positivamente e creativamente la grande crisi sistemica globale foriera di nuove gigantesche violenze e sofferenze su larga scala.

(Nanni Salio 10, 100, 1000 Turi per la nonviolenza attiva e la disobbedienza creativa, CSSR, 24 aprile 2013)

Vedere le cose come in un cerchio
Il tiglio di Nanni | Giardini Cavour, Torino 1° febbraio 2022. Foto di Elena Camino

… su ‘apertura’ e ‘compresenza’

Capitini introduce spesso e sistematicamente (è l’autore che fu maggior uso di questo termine) la parola “apertura”, “aprirsi agli altri”. È un termine ricorrente in tutta la sua problematica sia dal punto di vista religioso sia come ampliamento del termine amore, che può avere anche una qualche ambiguità. […]

Capitini parte dal pessimismo leopardiano, ma poi ad un certo punto lo rovescia, non cade nel pessimismo, afferma il positivo nella capacità di ribaltare il proprio destino e questo conduce alla costruzione di personalità molto positive. L’aspetto principale che si può cogliere in Capitini come negli altri maestri della nonviolenza […] è proprio la costruzione di una personalità positiva che dà significato alla propria esistenza. Non c’è solamente l’azione “missionaria” verso l’esterno, ma anche il bisogno di costruire forti personalità individuali per poter comunicare con gli altri e favorire lo sviluppo di altre persone ed in ultima analisi di tutta la società. In altre parole, il compito primario dell’uomo, come dice Gandhi, è l’auto-realizzazione lungo il cammino della nonviolenza.

Dalla mia esperienza so che solo una grande continuità può portare a dei risultati e questo lo si coglie nell’impegno di Capitini il quale dice che ha dedicato la sua vita proprio per far avanzare la ricerca sulla nonviolenza la quale è una scelta talmente coinvolgente che diventa un orizzonte complessivo della sua esistenza.

(Nanni Salio, La compresenza dei morti e dei viventi, 1994.

La vita di ognuno di noi passa in un soffio, ma la tua è stata ancora più breve. Nel poco tempo che ti è stato dato, sei stato capace di coltivare la cultura della nonviolenza con i progetti di servizio civile, di cui oggi c’è più bisogno che mai.

In questi tre, brevissimi anni dalla tua morte abbiamo ampliato il campo con l’impegnativo e ambizioso progetto IRENEA, “Cinema e arte per la pace”. Delle due sale che hanno ospitato uno dei primi cinema di Torino all’inizio del Novecento e, intorno all’anno mille, la chiesa dei Santi Simone e Giuda, una è stata dedicata alla memoria di Gabriella Poli, prima donna capo-cronista in Italia a “La Stampa”; l’altra a te per continuare la tua opera soprattutto con i giovani e avvicinarli alla nonviolenza.

Insieme agli amici e amiche del Centro Studi Sereno Regis abbiamo raccolto il messaggio che ci hai lasciato: è il mistero della vita che continua nonostante la morte.

(Nanni Salio, Caro Luca, in questi tre anni…,  15 luglio 2014)

… sulle alternative

Il messaggio di Gandhi e il suo “allarme precoce” rispetto alle crisi che ci dobbiamo aspettare sono stati man mano raccolti da molti altri studiosi e attivisti sociali che si sono resi conto che “tutte le prescrizioni necessarie per risolvere i problemi odierni si trovano in Gandhi 100 anni fa.  

Per scuotere le coscienze, per convincere gli indifferenti e gli indecisi, per smuovere gli avversari, è necessaria l’azione. Occorre organizzare l’azione diretta nonviolenta in tutte le sue forme, per contrastare la struttura del complesso militare industriale attraverso forme molteplici di obiezione di coscienza (al servizio militare, alle spese

militari, al lavoro e alla ricerca militari), di disobbedienza civile (occupazione di basi, contestazione delle mostre e delle fiere di sistemi d’arma, train stopping per impedire l’invio di armi) e di progetti di difesa nonviolenta (corpi civili di pace italiani, europei, internazionali. […]

E occorre anche cominciare una “riconversione dal basso”, che permetta di trovare quelle risorse economiche necessarie per organizzare progetti alternativi, sostenere le campagne di obiezione e disobbedienza, raccogliendo come tante minuscole formichine lillipuziane “un euro al giorno per togliere la guerra di torno”. […]

Questo insieme di iniziative può contribuire a rompere il circolo vizioso della paura, della pigrizia, dell’ignoranza, dell’impotenza e creare il circolo virtuoso dell’empowerment, del potere individuale e collettivo (potere di e potere con, invece che potere su di dominio sugli altri) per avviare un processo di trasformazione che, nel tempo, permetta lo smantellamento integrale delle strutture di violenza che le nostre istituzioni hanno creato nel corso dei secoli: impresa grandiosa, ma possibile, oltre che indispensabile.

(Nanni Salio, Cosa faresti con un trilione di euro all’anno? Costi di opportunità e alternative al  complesso militare-industriale-scientifico-corporativo, in “Il male invisibile, sempre più visibile”, Odradek, 2005.

… sulla spiritualità

 […] Dopo quarant’anni, trascorsi nel delirio della crescita illimitata, ci troviamo nel pieno di una crisi sistemica: climatico-ambientale, energetica, economico-finanziaria, sociale-esistenziale, alimentare.

Ma prima ancora degli studi di carattere tecno-scientifico, fu Gandhi a mettere in evidenza, in un famoso pamphlet del 1909, Hind Swaraj (riproposto un secolo dopo con il titolo: Vi spiego i mali della civiltà moderna. Hind Swaraj, Gandhi Edizioni, Pisa 2009) che “questa civiltà è tale che con un po’ di pazienza si distruggerà da sola.” Per Gandhi, la nostra civiltà (e a maggior ragione anche le scelte compiute oggi dai governanti dell’India) è immorale e ha smarrito il senso autentico dello scopo di vivere, il dharma.

Secondo questa opinione, si tratterebbe dunque di una profonda crisi spirituale e religiosa. Mezzo secolo dopo, Lynn White Jr. pubblicò un breve saggio su “Le radici storico-culturali della nostra crisi ecologica” (1967, Science 155, traduzione italiana: Il Mulino, marzo-aprile 1973) nel quale confermò l’analisi svolta da Gandhi individuando tre principali radici: una metodologica dovuta al riduttivismo scientifico-culturale; una antropologica caratterizzata dall’idea di dominio degli esseri umani sulla natura e la perdita del suo carattere di sacralità; e infine una economica basata sull’illusione della crescita illimitata.

(Nanni Salio, Religioni, spiritualità e crisi ecologica, 30 settembre 2011)


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