Andare in bici. Le ragioni del pedalare

Cinzia Picchioni

Ercole Giammarco, Andare in bici. Le ragioni del pedalare, Garzanti, Milano 2014, pp. 158, € 12,90

Un manifesto in un libro

Andare in bici
la copertina de “Andare in bici. Le ragioni del pedalare

La prima informazione che vorrei dare è che la sovraccoperta del libro presentato questa settimana si toglie facilmente e si trasforma in un piccolo adorabile poster da appendere, con l’elenco dei pregi di chi pedala: risparmia, rispetta gli altri, ha bisogno di poco, e altre verità che chiunque usi la bicicletta può confermare ogni giorno. Le frasi sono alcune di quelle che compongono Una specie di manifesto, che troviamo in fondo al libro.

Detto questo, apriamo la copertina – molto sobria, senza la sovraccoperta che vorrei appendere sul retro della mia bici, da anni mio unico mezzo di trasporto (+ il treno per viaggi più lunghi)e troviamo pagine ben scritte, riflessioni ovvie – per chi pedala – decisioni storiche e utopie dichiarate, come quella di Copenaghen che ha deciso di diventare «città a emissioni 0 entro il 2025».

Ma ci siamo quasi – penso, leggendo che la decisione risale a prima della pubblicazione del libro (2014) –, e vado subito in cerca di dati sulla capitale della Danimarca: si stimano 675.000 biciclette e solo 120.000 automobili, cioè il numero delle biciclette supera di più di 5 volte quello delle auto, e nel 2016 si sono spostate più persone in bici che in auto. Per continuare con le percentuali sapete che 1 km di pista ciclabile costa meno di 1/10 rispetto a 1 km di strada per auto (ma meno di 1/100 per 1 km di metropolitana!)

Andare in bici è pericoloso?

Ho adorato il capitolo Luoghi comuni, dove ho trovato molte buone risposte da dare a chi contesta le scelte di isole pedonali, piste ciclabili, limiti di velocità e proposte bike friendly. Quali sono i Luoghi comuni? Per esempio che la chiusura dei centri storici danneggia il commercio, o che pedalare in città è pericoloso… ma il mio «luogo comune» preferito è senz’altro l’ultimo: «Quando avremo città a misura di bici, mi metterò a pedalare anch’io».

Eh già! Il solito aspettare le decisioni dall’alto. Aspettare solo le decisioni dall’alto! È giusto pretendere leggi opportune, ma se vogliamo cambiare le cose dobbiamo cominciare noi, proprio come pretendiamo che faccia il consigliere di turno nel presentare la legge che anche noi riteniamo giusta: il consigliere fa il suo lavoro e noi facciamo il nostro: pedalare! Così «andare in bicicletta è un atto politico, silenzioso, efficace, non conflittuale eppure profondamente efficace. Sono i piccoli gesti quotidiani che cambiano le cose. […] La bici cambia la vita, a cominciare dalla tua», p. 55.

Andare in bici è pericoloso se…

«In bici avete bisogno di tutta la vostra attenzione,
perché dovrete vedere, sentire, pensare
anche per gli altri,
perché voi rischiate più degli altri», p. 64.

Quindi niente cellulare, auricolari, cuffiette, musica nelle orecchie, audiolibri…

Andare in bici non è pericoloso se…

Il libro è come diviso in due: la prima parte romantica, la seconda seria. Nella prima si legge della bici in città, nella seconda di che cosa sia il vero cicloturismo, fuori città; nella prima ci sono consigli sul perché pedalare nella seconda sul come e con che cosa pedalare.Tutto questo compone un libro sulla bici completo e per nulla naif (come si potrebbe pensare… ah sì, che bello andare in bici… “ma dove vai, bellezza in bibicletta…”). Qua, soprattutto nella seconda parte ci si lamenta anche, si portano esempi di altri Paesi dove si pratica il vero cicloturismo (non come da noi in Toscana), si polemizza sulle scelte politico-economiche dei governanti, si analizza la famosa Vento ecc.

Poi, se siamo sopravvissuti, vogliamo far parte del popolo ciclista e intendiamo procurarcene il mezzo, c’è il capitolo La bici giusta per te, che non riguarda solo l’altezza e il diametro delle ruote o la morbidezza del sellino, ma tutto un mondo. Si inizia con una microstoria dell’invenzione “bicicletta”, poi un adorabile paragrafo sul Made in Italy (sì, riguarda anche la bici, l’avreste detto?), che svela come persino Steve Jobs abbia approfittato di un suo viaggio a Milano per acquistare una bicicletta italiana. E anche per noi che non siamo Steve Jobs ci sono consigli su quale «tipo» di bici comprare, secondo le nostre caratteristiche di ciclisti. Cittadini? Montanari? Bambini? Sportivi? Eccetera.

Dati in aggiornamento

Infine c’è una Bibliografia e gli Indirizzi utili, e una specie di «Manifesto» che elenca le ragioni del pedalare (che non a caso è il sottotitolo del libro), ma il sito per firmarlo non risulta più disponibile, così come il sito del Cyclopride Day, il primo giorno dell’orgoglio della bici, nato a Milano il 12 maggio 2013. Insomma alcuni dati sono da aggiornare, anzi sono da aggiornare! Nel senso che dobbiamo insistere con l’«orgoglio ciclista» e con la missione di parlare della bici e cercare di convincere sempre più persone a usarla. Il libro nel suo complesso invece non scade mai; sarà sempre attuale, sempre ben scritto, sempre divertente, sempre “vissuto”: c’è la teoria del pedalare ma sotto c’è la pratica, e si sente.

Recensione di Cinzia Picchioni


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