Ivana Nikolic …voglio vederti danzare!

Benedetta Pisani

Nella giornata del 27 settembre 2021, il Centro Studi Sereno Regis ha ospitato la prima di due conferenze organizzate con l’associazione Acmos di Torino. Una volta conclusi tutti gli interventi dei relatori e delle relatrici invitat? a parlare in plenaria, i partecipanti si sono suddivisi in gruppi di lavoro per approfondire in modo specifico una delle tematiche trattate. In sala Gandhi, abbiamo avuto l’opportunità di incontrare Ivana Nikolic.

Attivista per i diritti umani e artista rom, abbiamo sviluppato con lei un dialogo profondo e a tratti pungente. Abbiamo parlato dei falsi miti che fomentano le discriminazioni nei confronti dei/delle rom; ma anche degli strumenti educativi che possono essere utilizzati per innescare il cambiamento.

Le basi

Abbiamo deciso di partire dalle “basi”, dalle radici degli stereotipi – negativi e positivi – che dominano il discorso quando si parla di rom. Preoccupante e sorprendente è stato renderci conto di quanto fosse semplice individuare tali pregiudizi e di quanto fosse altrettanto semplice scardinarli… Come? Chiedendo a chi è personalmente coinvolto senza la presunzione di poter conoscere meglio di loro una storia che non abbiamo vissuto, delle tradizioni che non ci appartengono e delle discriminazioni che apparentemente non ci riguardano.

Ivana Nikolic è una ballerina di danze tradizionali romanì e l’arte, in tutte le sue forme, è il principale strumento che adopera per raccontarsi. Ogni performance artistica porta con sé un bagaglio culturale ricco di tradizioni, musiche, sapori, profumi, stigmi, contraddizioni… Ma l’arte da dove parte? Con questa domanda, abbiamo dato il via a un arricchente scambio di idee sul concetto di “appropriazione culturale”. Il tentativo è stato quello di formularne una definizione collettiva, seppur inevitabilmente parziale.

L’Oxford Dictionary lo definisce in maniera semplice ma precisa abbastanza da poter essere sviluppata e adattata ai vari casi concreti:

“L’adozione non riconosciuta o inappropriata dei costumi, delle pratiche, delle idee, ecc. di un popolo o di una società da parte di membri di un altro popolo o società tipicamente più dominante.”

Perché le gonne lunghe e colorate fanno “stile un po’ bohémien” quando cadono morbide sui corpi di donne gagé (non di etnia rom) magre, giovani e bianche (meglio ancora se leggermente abbronzate)? E perché quelle stesse gonne fanno così paura quando sono le donne rom a indossarle?

La linea che separa apprezzamento e appropriazione è estremamente fragile. Con Ivana abbiamo individuato alcuni temi su cui riflettere prima di romanticizzare lo stile di vita bohémien ed erotizzare i corpi delle “zingare”.

Le risposte

Provando a rispondere alle domande emerse nel corso del dibattito, è emerso l’aspetto della temporaneità: gli stereotipi positivi sono accettabili se personificati da persone gagé perché definiti in un momento spazio-temporale preciso e facilmente controllabile.

Non sono i colori della gonna ma le sfumature di vissuti diversi dal nostro a fare paura.

Affinché l’ispirazione a tradizioni e stili artistici appartenenti a diverse culture non cada nella voragine di un’appropriazione sciatta e vuota, ma si elevi a manifestazione di apprezzamento valida e positiva, è fondamentale sviluppare un ciclo costruttivo alimentato da consapevolezza e rispetto del background socioculturale di tutte le parti coinvolte. In queste circostanze, anche ballare indossando una gonna lunga può diventare un artistico e colorato atto politico.

Autrice
Benedetta Pisani


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