Un’occasione mancata non per responsabilità dei NoTav

Autrice
Giulia Ferro


Un’occasione mancata

Non sappiamo cosa si scriverà sui giornali o cosa verrà trasmesso dalle emittenti televisive ma sicuramente si può definire la giornata di oggi come un’occasione mancata per il Ministro degli Interni Lamorgese e il capo della Polizia.

Ancora una volta non si è raccolto il messaggio di una popolazione che vuole proporre la propria narrazione con pari dignità e forza di quella degli organi del potere. Una polpolazione che vuole spiegare e interloquire con il livello politico che sta a monte di ogni grande opera, di ogni scelta di allocazione di risorse pubbliche.

I notav della valle e di Torino che si sono dati appuntamento per spiegare le proprie ragioni contro l’occupazione militare di un territorio e lo sperpero di denaro pubblico per un opera inutile climaticida e imposta hanno trovato ad accoglierli una Piazza Castello blindata da ingenti forze di polizia, con tutti gli strumenti del caso dai manganelli ai caschi  e uno stuolo di agenti digos, con telefonini e telecamere.

Ai volti scoperti del popolo no tav intergenerazionale e dalle pluriappartenenze si è negata la  possibilità di  incontrarsi con chi decide sul territorio di una intera valle. Non è stato consentito mostrare le foto degli abusi sul suolo, sui corsi d’acqua e sulla popolazione che manifesta.

Siamo molto preoccupati di questa deriva antidemocratica sempre più forte. Ogni conflitto sociale per il rispetto dei diritti e dell’autodeterminazione, si riconduce a un contesto di ordine pubblico. Ottiene come unica risposta l’innalzamento della repressione.

Fogli di via, multe, ammende, ritiro della patente, divieto di circolazione, carcerazione riguardano i notav come gli operai della logistica. Riguardano chi a Taranto non vuole barattare la salute con il posto di lavoro, gli studenti che si oppongono ai gruppi fascisti in università, chi chiede con determinazione il rispetto dei migranti trattati come rei nei Cpr o vuole salvaguardare la dignità della vita dei detenuti nelle carceri.

Non siamo dei violenti ma dei resistenti. Siamo persone che non si limitano a essere movimento di opinione. E siamo disposti a mettere il nostro corpo in campo per evitare che ingiustizie e scempi climatici continuino. Siamo persone che lottano per un modello diverso, per un mondo differente.

E se fanno tanto scalpore l’azione simbolica verso un cantiere, un sabotaggio a un mezzo, una resistenza fisica agli sgomberi durante un picchetto, Signor Ministro, tanto di più ne devono fare l‘utilizzo dei lacrimogeni come arma letale, sparati dritti in faccia come per Giovanna o sulla gente in piazza, le botte e le vessazioni nelle caserme o nei luoghi di pena, i massacri impuniti come quello della Scuola Diaz.

VOLEVAMO INCONTRARLA. VOLEVAMO PARLARLE. MA DATO CHE SAPETE BENE DA CHE PARTE STA LA FORZA DELLE IDEE CI AVETE ANCORA UNA VOLTA RESPINTO, TRATTATI DA CRIMINALI, EVITATI E ALLONTANATI. Un’occasione mancata.

Serve l’ascolto non i divieti, servirebbe ragionare insieme. Non servono i proiettili di gomma così come non servono le guerre. Servono opere di pace, serve investire in sanità pubblica, nelle scuole, nei trasporti, nella cultura.

Le catene e il livello repressivo di questo stato ci rendono tutti meno sicuri, meno solidali, meno civili.

Ci rendono meno umani State continuano ad alzare un’asticella che rende questo paese peggiore.

Dispiace ancor di più che lei sia una donna, Signora LAMORGESE; che non riesca o non voglia smontare meccanismi di violenza tipici dell’esercizio più ottuso della forza.

Un’occasione mancata per Lei. Noi ci abbiamo di nuovo provato con il vento che da sempre ci accompagna, dal Nord al Sud del paese. Un vento che non si fermerà e che dilaga tra le lotte popolari e i movimenti.


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