Ridurre le emissioni militari per il prossimo COP26

Un appello del Conflict and Environment Observatory (CEOBS)


Ci sono segnali che alcuni paesi potrebbero impegnarsi a ridurre le emissioni militari di gas serra in occasione dell’incontro COP26 nel prossimo novembre. L’appello che leggete qui indica quali iniziative dovrebbero essere intraprese a tale scopo, e contiene un invito alle associazioni affinché lo firmino prima o durante il prossimo Summit delle Nazioni Unite sul clima (COP26) che si terrà a Glasgow (UK) dal 1° al 12 novembre 2021.

L’Accordo di Parigi firmato nel 2015 lasciava libere le single nazioni di agire come ritenevano opportuno per ridurre le emissioni di gas a effetto serra (GHG) prodotte dalle attività militari. Ma imilitari sono tra i maggiori produttori di gas a effetto serra, e non dovrebbero essere esonerati dagli sforzi in corso per conseguire riduzioni significative delle emissioni climalteranti.  È importante che i governi dimostrino concretamente la loro buona volontà, riducendo effettivamente le emissioni anche nel settore militare. Affinché il loro impegno risulti efficace occorre rispettare i criteri che vengono qui sotto elencati.

Emissioni militari, spese e rapporti

I militari sono grandi consumatori di energia, e contribuiscono in modo significativo alle emissioni climalteranti (GHG); inoltre causano importanti danni ambientali con le attività di addestramento e con le operazioni sul terreno. Pur essendo notoriamente tra i maggiori consumatori di energia tra le agenzie governative, vi è stata storicamente una grande riluttanza a rendere pubblici i dati relativi ai loro consumi.

La spesa militare globale è aumentata nel 2020 del 2.6%, fino a un ammontare di quasi 2 trilioni [1] di $, nonostante il calo del 4,4% del PIL globale nello stesso periodo, causato dalla pandemia da COVID-19. Un simile aumento di spese militari rischia di essere accompagnato da un equivalente aumento di emissioni; testimonia inoltre che a favore degli apparati militari sono stati distolti fondi che potevano essere destinati a iniziative di mitigazione dei cambiamenti climatici e da pratiche di adattamento.

La Convenzione – Quadro delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico del 21 marzo 1994 obbliga i firmatari a pubblicare annualmente i dati relativi alle emissioni di gas con effetto serra, ma le emissioni prodotte dal comparto militare fanno eccezione, e spesso non sono incluse nei report. Quando vengono forniti dei dati, di solito sono incompleti. Non riportano le emissioni collegate agli equipaggiamenti e alle catene di approvvigionamento, né quelle relative alle operazioni durante i conflitti, che possono riguardare emissioni provocate da danneggiamenti delle infrastrutture, da modifiche ambientali prodotte dai conflitti e da attività di ricostruzione post-conflitto. 

Occorre un impegno significativo

I militari e le industrie che li approvvigionano non possono più essere considerati come elementi in condizioni eccezionali. Devono urgentemente intraprendere azioni significative per ridurre le loro emissioni di GHG e la loro impronta ecologica. Una recente ammissione della NATO in tal senso è benvenuta, ma si tratta solo del primo passo.   

Aggiornamento: nel giugno 2021 la NATO ha accettato di valutare la fattibilità di raggiungere il traguardo di zero emissioni entro il 2050. Contemporaneamente gli Stati membri si sono dichiarati d’accordo    ‘…a ridurre significativamente le emissioni provenienti dalle attività e dalle installazioni militari, senza mettere a rischio la sicurezza del personale, l’efficacia delle operazioni e le iniziative di deterrenza e di difesa’.  Si tratta di un passo positivo, ma ancora ben piccolo rispetto a ciò che il pianeta richiede.  È necessario che al tavolo del COP26 a novembre vengano assunti impegni concreti e avviate azioni chiare da parte dei militari per una riduzione delle emissioni climalteranti. 

In occasione del Summit COP26 i Governi devono imporre ai militari un impegno credibile e utile, a ridurre il loro carico di emissioni, seguendo i seguenti punti:

  • Fissare chiari obiettivi di riduzione delle emissioni di GHG per i militari, che siano coerenti con l’obiettivo di 1,5°C specificato dall’Accordo di Parigi del 2015
  • Impegnarsi in procedure di rendicontazione delle emissioni di GHG che siano efficaci, confrontabili e trasparenti; e che si basino sul protocollo GHG e siano verificati in modo indipendente
  • Fissare obiettivi chiari per l’esercito per risparmiare energia, ridurre la dipendenza dai combustibili fossili e passare a energie rinnovabili rispettose dell’ambiente
  • Contenere chiari obiettivi di riduzione per il settore industriale della tecnologia militare
  • Dare priorità alle iniziative di riduzione dei GHG alla fonte e non fare affidamento su schemi basati sui meccanismi di compensazione delle emissioni di GHG
  • Pubblicare politiche, strategie e piani d’azione di riduzione dei GHG, con report annuali di follow-up sulle prestazioni
  • Studiare strategie per ridurre le emissioni tramite la riduzione delle spese e degli schieramenti militari  
  • Impegnarsi a incorporare le valutazioni climatiche e ambientali nel processo decisionale per tutti gli appalti, le attività e le missioni
  • Evidenziare la relazione tra cambiamento climatico e degrado ambientale e dimostrare un impegno a ridurre l’impatto ambientale complessivo di tutte le attività e missioni militari
  • Impegnarsi a ottimizzare la gestione dei terreni militari per migliorare il sequestro del carbonio e la biodiversità
  • Impegnarsi ad aumentare la formazione del personale in ambito climatico e ambientale, in particolare per i responsabili delle decisioni; studiare come le forze armate possono mitigare il cambiamento climatico e il degrado ambientale
  • Dimostrare leadership, apertura e disponibilità a collaborare e scambiare informazioni sulle buone pratiche con le istituzioni e le parti interessate non militari
  • Impegnarsi ad allocare le risorse appropriate per garantire che tutte le politiche di protezione del clima e dell’ambiente possano essere pienamente attuate.

Sostenete questo appello

Se intendete sostenere questo appello potete completare il modulo che trovate sul sito, e inviarlo entro i giorni in cui si svolgerà il Summit. A oggi, 12 luglio 2021 sono 67 le organizzazioni che hanno aderito.


Nota

[1] Un trilione = un miliardo di miliardi


Traduzione di Elena Camino per il Centro Studi Sereno Regis

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