Siamo forse troppo connessi

Cinzia Picchioni

Oh che bello! Una nuova fobia!

Nomofobia si chiama. L’avete sentita? Forse ne soffrite senza saperlo… È l’attitudine a controllare compulsivamente il cellulare. Il nome è una contrazione di no-mobile-phonefobia. All’uscita dal cinema, alla discesa dal treno, a passeggio per vetrine, alla fine di una riunione… a me pare che ce l’abbiano tutti ‘sta fobia! Ditemi voi che cosa può mai essere successo nelle 2 ore precedenti! Vostro padre è moribondo dite? E che ci facevate, allora, al cinema? Scuserete la provocazione, ma proprio non posso credere che tutti quello che vedo buttarsi a testa bassa – e a volte rimanerci sempre – sullo schermo abbiano delle emergenze o aspettino la chiamata della loro vita! Siamo forse troppo connessi?

«E ma non se ne può fare a meno…»

Primo: non è vero (e io – che non ho un cellulare e cerco il più possibile di usare poco anche i vostri, se me ne date la possibilità – ne sono la prova vivente),ma…

Secondo: se voi credete che sia vero questo libro suggerisce di proteggervi, ed è pieno di consigli in questa direzione. I due principi per ridurre il rischio sono semplici (soprattutto dopo aver letto i dati inconfutabili e le infinite fonti di CEM in cui siamo immersi):

  1. ridurre al minimo l’uso della tecnologia che genera CEM
  2. aumentare al massimo la distanza tra voi e le fonti di CEM

Visto? Non c’è scritto di non avere lo smartphone e tornare a illuminarci con la candela!

Però muoviamoci!


Siamo forse troppo connessi

Perché il «principio di precauzione» genera una reazione come quella dell’orticaria? Non si tratta di tornare all’età della pietra, ma solo di essere prudenti e – se non serviva esserlo – non causa alcun danno! Le cinture di sicurezza in auto sono un esempio di «principio di precauzione»: le allacciamo perché se avremo un incidente potranno difenderci. E le allacciamo solo in auto, giusto? Le allacciamo quando sono necessarie.

Ecco il punto. Tanto per cambiare, riappare – per me non se n’è mai andato perché riguarda ogni aspetto di ogni giorni della vita – il principio della semplicità volontaria: mi serve davvero? E persino se la risposta è affermativa la semplicità volontaria (e il principio di precauzione come indica questo libro) offre alternative meno dannose e pericolose.

Qualche esempio?

  • aumentiamo le distanze
  • meglio lampadine a incandescenza di quelle LFC (Lampade Fluorescenti Compatte), che ci espongono a CEM più simili a quelli dei cellulari (e/o dei cordless)
  • privilegiamo (soprattutto adolescenti/bambini/giovani adulti) gli SMS e il viva-voce
  • cercare cellulari con «un pulsante a livello di hardware per abilitare e disabilitare la modalità aeroplano»
  • pretendere un router Wi-Fi con interruttori per spegnerli quando non li usiamo: «Per una qualche ragione abbiamo sviluppato l’abitudine di tenere attiva la rete Wi-Fi per tutta la giornata. […] Conosco ben poche persone che disattivano queste reti quando non le utilizzano. Quando sono accese, continuano a trasmettere senza interruzione microonde nella vostra casa e in ufficio. Questo rende per molti estremamente comodo l’accesso a Internet ma espone anche gli altri a un sacco di radiazioni.Spegnete il Wi-Fi quando non lo usate», p. 242
  • vietare il Wi-Fi nelle scuole primarie e secondarie
  • anche i contatori intelligenti andrebbero vietati (o almeno installati lontano da dove si mangia/si dorme/si sta a lungo). Ricordo quando i contatori erano tutti insieme in cantina. Perché non èpiù così? Forse era un’intuizione…
  • se usiamo il forno a microonde, non usiamo il cellulare nello stesso momento (e invece – dovremmo saperlo tutti di non farlo mentre ci muoviamo! – telefoniamo mentre siamo in treno (e non si dovrebbe perché in quel caso oltre ai CEM aumentano anche le radiazioni perché il segnale deve aumentare di potenza per restare «connessi»). Quindi non telefonate camminando, guidando, andando in treno, in monopattino, in autobus, in bibicletta…
  • se siete al cellulare cercate di non farlo nel raggio di copertura di una rete Wi-Fi e così via (p. 232)
  • viviamo il più lontano possibile dai ripetitori dei cellulari
  • coperte elettriche: «creano una campo magnetico che può penetrare 15 cm all’interno del corpo ed emettono radiazioni quando sono collegate, anche se non stanno scaldando. Studi epidemiologici hanno collegato l’esposizione a coperte elettriche con aborti e leucemia infantile», p. 233
  • non fate correre prolunghe e cavi elettrici sotto a letti e divani. E non sovrapporre i cavi
  • sveglia: 1a classificata la cara, infallibile sveglia meccanica; 2a la sveglia a batteria; 3a radiosveglia e simili, hanno CEM molto alti, e se pensiamo che ci dormiamo accanto per 8 ore ogni notte…! E spero di non aver sentito il commento: «non c’è problema, io uso il cellulare anche come sveglia»
  • «una lampadina fluorescente appesa al soffitto di un ufficio può far misurare 100 mG a 1,8 m di distanza [contro 6 mG di una a incandescenza. 100 a 6! Più di 10 volte tanto!!! NdR]
  • eliminare i regolatori di intensità della luce; e anche gli interruttori a 3 vie; anche il riscaldamento elettrico con cavi sotto il pavimento; e anche i forni a microonde. Tutte queste cose – riunite non a caso in quest’unica voce – sono non-necessarie, superflue e – ora lo sai – dannose
  • non tenere il cellulare in tasca: lo smartphone (peggio ancora)comunica a microonde e – finché non lo spegni – sta costantemente mandando e ricevendo segnali. La tasca dei pantaloni è pericolosamente vicino agli organi riproduttivi (o, da un’altra tasca, al cuore). Devo scrivere altro?
  • cordless: se proprio volete acquistarlo (e non capisco il perché), cercate un modello senza DECT (Digital Enhanced Cordless Telecommunication) e che trasmette a frequenze più basse (900 Mhz anziché 5,8 Ghz),p. 239

    Questo articolo è scritto sulla scia del libro (Macro Edizioni) Troppo connessi? Le verità scientifiche sui pericoli delle radiazioni elettromagnetiche per la nostra salute, di cui potete leggere una recensione in questo stesso sito.

    Siamo forse troppo connessi

    Photo by Rasheed Kemy on Unsplash

    Autrice Cinzia Picchioni


    3 commenti
    1. giorgio
      giorgio dice:

      Cinzia, hai toccato un bell'argomento.!! E' impressionante la quantità di persone che viaggiano, camminano, vanno in bici e/o monopattino con quell'arnese in mano, in genere tenuto orizzontale. Non si accorgono di attraversare la strada e talvolta, finalmente, sbattono contro un palo. Quando poi, sempre più spesso, instaurano conversazioni lunghissime, anche ad altissima voce, che talvolta toccano anche argomenti molto privati. Per tutti, si dimenticano completamente dell'ambiente circostante. Credo che si debba insistere almeno sul fatto che telefonare ad alta voce in pubblico è un segno di grave maleducazione e rispetto verso gli altri, altro che Privacy!. Per il resto, la phone fobia, temo ci sia poco da fare, è ormai diventata una phone dipendenza forse da trattare nei SERT. Giorgio

      Rispondi
      • Cinzia
        Cinzia dice:

        grazie, come sempre, per commentare. E sì, certo che è una contraddizione, perché per commentare devi connetterti, e io per leggere il commento devo connettermi (almeno dal pc e non da un cellulare che non ho), e l'ho dovuto fare anche per scrivere ciò che tu hai commentato… uffa! Non se ne esce 🙂

        Rispondi

    Trackbacks & Pingbacks

    Lascia un Commento

    Vuoi partecipare alla discussione?
    Sentitevi liberi di contribuire!

    Lascia un commento

    Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

    Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.