La storia non raccontata di Sheikh Jarrah: Muna è la Palestina, Yakub è Israele
La storia non raccontata di Sheikh Jarrah, di Gerusalemme – in realtà, di tutta la Palestina – è quella di Muna e Yakub: Muna deve poter reclamare la sua casa rubata e Yakub deve essere ritenuto responsabile del suo crimine.
Ci sono due storie distinte su Sheikh Jarrah – una letta e guardata nei notiziari e un’altra che riceve poca copertura mediatica o la dovuta analisi. La storia ovvia è quella delle incursioni notturne e della violenza della polizia israeliana e degli estremisti ebrei contro i palestinesi nel devastato quartiere di Gerusalemme Est.
Per settimane, migliaia di estremisti ebrei hanno preso di mira le comunità palestinesi nella Città Vecchia di Gerusalemme. Il loro obiettivo è la rimozione delle famiglie palestinesi dalle loro case nel quartiere di Sheikh Jarrah. Non agiscono da soli. I loro disordini e le loro furie sono diretti da una leadership ben coordinata composta da gruppi estremisti sionisti ed ebrei, come il partito Otzma Yehudit e il Movimento Lehava. Le loro affermazioni infondate, le azioni violente e l’odioso canto “Morte agli arabi” sono convalidati da politici israeliani, come il membro della Knesset Itamar Ben-Gvir e il vicesindaco di Gerusalemme, Arieh King.
Ecco una piccola introduzione al discorso politico di Ben-Gvir e King, che sono stati ripresi in video mentre gridavano e insultavano un manifestante palestinese ferito. Il video inizia con MK Ben-Gvir che urla in modo dispregiativo a un palestinese che è stato apparentemente ferito dalla polizia israeliana, ma che è tornato a protestare contro gli sfratti previsti per Sheikh Jarrah.
Jerusalem’s deputy mayor to a Palestinian man in Sheikh Jarrah: Did they take the bullet out of your ass? Did they take it out already? It’s a pity it didn’t land here [points to head]. https://t.co/W0z9CaOz76
— Henriette Chacar ????? ??? (@HenrietteChacar) May 7, 2021
Si sente Ben-Gvir gridare: “Abu Hummus, come sta il tuo culo?”.
“Il proiettile è ancora lì, ecco perché zoppica”, risponde il vicesindaco, King, a Ben-Gvir. King continua: “Ti hanno tolto la pallottola dal culo? L’hanno già tolto? È un peccato che non sia entrato qui”, continua King, indicando la sua testa.
Deliziati da quello che percepiscono come un commento stravagante sul ferimento del palestinese, Ben-Gvir e l’entourage di estremisti ebrei di King ridono.
Mentre “Abu Hummus”, ferito ma ancora in protesta, è una testimonianza della tenacia del popolo palestinese, King, Ben-Gvir, i coloni e la polizia sono una rappresentazione del fronte israeliano unito che mira alla pulizia etnica dei palestinesi e a garantire la maggioranza ebraica a Gerusalemme.
Un altro importante partecipante alla campagna israeliana di pulizia etnica in corso a Gerusalemme è il sistema giudiziario israeliano che ha fornito una copertura legale per la presa di mira degli abitanti palestinesi di Gerusalemme.
Il fondamento legale dei costanti tentativi dei coloni ebrei di acquisire più proprietà palestinesi può essere fatto risalire a una specifica legge del 1970, conosciuta come la legge sulle questioni legali e amministrative, che ha permesso agli ebrei di fare causa ai palestinesi per le proprietà che sostengono di aver posseduto prima della creazione di Israele sulle rovine della Palestina storica nel 1948. Mentre i palestinesi sono esclusi dal presentare simili richieste, i tribunali israeliani hanno generosamente consegnato case palestinesi, terre e altri beni a richiedenti ebrei. A loro volta, queste case, come nel caso di Sheikh Jarrah e di altri quartieri palestinesi a Gerusalemme Est, sono spesso vendute a organizzazioni di coloni ebrei per costruire altre colonie sulla terra palestinese occupata.
Lo scorso febbraio, la Corte Suprema israeliana ha concesso ai coloni ebrei il diritto a molte case palestinesi a Sheikh Jarrah. A seguito di una reazione palestinese e internazionale, ha offerto ai palestinesi un “compromesso”, per cui le famiglie palestinesi hanno rinunciato ai diritti di proprietà delle loro case e hanno accettato di continuare a viverci come affittuari, pagando gli affitti agli stessi coloni ebrei illegali che hanno rubato le loro case, ma che ora sono armati di una decisione del tribunale.
Tuttavia, la “logica” attraverso la quale gli ebrei rivendicano le proprietà palestinesi come proprie non dovrebbe essere associata a poche organizzazioni estremiste. Dopo tutto, la pulizia etnica della Palestina nel 1948 non fu opera di pochi sionisti estremi. Allo stesso modo, l’occupazione illegale di Gerusalemme Est, della Cisgiordania e della Striscia di Gaza nel 1967 e la massiccia impresa di insediamento che ne è seguita non è stata l’idea di pochi individui estremi. Il colonialismo in Israele era, e rimane, un progetto gestito dallo stato, che alla fine mira a raggiungere lo stesso obiettivo che si sta realizzando a Sheikh Jarrah – la pulizia etnica dei palestinesi per garantire la maggioranza demografica ebraica
Questa è la storia non raccontata di Sheikh Jarrah, una storia che non può essere espressa da poche notizie o dai post dei social media. Tuttavia, questa narrazione più rilevante è in gran parte nascosta. È più facile dare la colpa a pochi estremisti ebrei che ritenere responsabile l’intero governo israeliano. Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, manipola costantemente il tema della demografia per promuovere gli interessi del suo elettorato ebraico. Egli è un forte sostenitore di uno stato ebraico esclusivo e anche pienamente consapevole dell’influenza politica dei coloni ebrei. Per esempio, poco prima delle elezioni del 23 marzo, Netanyahu ha preso la decisione di dare il via libera alla costruzione di 540 unità di insediamento illegale nella cosiddetta area Har-Homa E (Monte Abu Ghneim) nella Cisgiordania occupata, nella speranza di acquisire quanti più voti possibile.
Mentre la storia di Sheikh Jarrah sta ottenendo una certa attenzione anche nei principali media statunitensi, c’è una quasi totale assenza di qualsiasi profondità in quella copertura, cioè il fatto che Sheikh Jarrah non è l’eccezione ma la norma. Purtroppo, mentre i palestinesi e i loro sostenitori cercano di aggirare la diffusa censura dei media raggiungendo direttamente le società civili di tutto il mondo usando le piattaforme dei social media, sono spesso censurati anche lì.
This doesn't describe the Israeli occupier's logic only; it also describes the rudeness of those who support the Israeli colonial policies of expropriating the Palestinian occupied lands. pic.twitter.com/OSB0QejwCT
— Ramy Abdu| ???? ???? (@RamAbdu) May 1, 2021
Uno dei video inizialmente censurati da Instagram è quello di Muna al-Kurd, una donna palestinese che ha perso la sua casa a Sheikh Jarrah a causa di un colono ebreo di nome Yakub.
“Yakub, sai che questa non è la tua casa”, si vede Muna fuori dalla sua casa, che parla a Yakub.
Yakub risponde: “Sì, ma se io vado, tu non torni indietro. Allora qual è il problema? Perché mi urli contro? Non sono stato io. Non sono stato io. È facile sgridarmi, ma non sono stato io.
Muna: “Stai rubando la mia casa”.
Yakub: “E se non la rubo io, la ruberà qualcun altro”.
Muna: “No. Nessuno può rubarla”.
La storia non raccontata di Sheikh Jarrah, di Gerusalemme – in realtà, di tutta la Palestina – è quella di Muna e Yakub, il primo rappresenta la Palestina, il secondo Israele. Affinché la giustizia sia mai raggiunta, Muna deve poter reclamare la sua casa rubata e Yakub deve essere ritenuto responsabile del suo crimine.
Fonte: Mintpress, 12 maggio 2021
http://www.mintpressnews.com/muna-palestine-yakub-israel-untold-story-sheikh-jarrah/277098/
Traduzione di Enzo Gargano per il Centro Studi Sereno Regis
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