11 marzo 2021 – Fukushima – un anniversario in sordina
11 marzo 2021, Fukushima, un anniversario in sordina. A 10 anni dalla tragedia si ripropone il nucleare come scelta energetica sostenibile?
Energia nucleare
Chi se ne occupa? L’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA) è il forum intergovernativo mondiale per la cooperazione scientifica e tecnica nel campo nucleare. L’Agenzia per l’energia nucleare (NEA) è un’agenzia intergovernativa che opera nell’ambito dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE): facilita la cooperazione tra i paesi con infrastrutture tecnologiche nucleari avanzate per cercare l’eccellenza in materia di sicurezza nucleare, tecnologia, scienza, questioni ambientali ed economiche correlate e diritto. Ma ci sono anche numerose altre agenzie che – a vario titolo – si occupano di energia nucleare, e forniscono informazioni, dati… e opinioni.
Intorno al 10% dell’elettricità mondiale è generata da circa 440 reattori nucleari. Sono in costruzione una cinquantina di altri reattori, pari a circa il 15% della capacità esistente.
Esistono risorse di uranio sufficienti a permettere l’uso sostenibile a lungo termine dell’energia nucleare per la generazione di elettricità a basse emissioni di carbonio.
In questo periodo critico della storia umana l’opzione del nucleare civile è riemersa con forza, dopo alcuni anni in cui – in seguito ai terribili incidenti avvenuti alle centrali di Chernobyl (26 aprile 1986) e di Fukushima (11 marzo 2011) – molti la ritenevano inaffidabile e troppo rischiosa. Il rinnovato interesse è dovuto alla prospettiva di promuovere la produzione di energia da fonte nucleare, presentata come ‘sostenibile’ in quanto nella fase di operatività ha una bassa produzione di gas con effetto serra.
Secondo Entretiens Europeen (un’Associazione di imprese europee e africane) “sarà impossibile combattere il cambiamento climatico, ripristinare la crescita e raggiungere una prosperità diffusa senza l’energia nucleare, poiché il settore fornisce servizi in diverse aree e ben oltre i paesi in cui viene prodotta l’energia nucleare“.
Il nucleare è sostenibile?
Negli ultimi mesi si è sviluppato un acceso dibattito all’interno dell’Unione Europea, tra chi sostiene che la produzione di energia da fonte nucleare ha tutte le caratteristiche per essere inclusa tra le fonti ‘sostenibili’ (quindi finanziabili attraverso il Green Deal Investment Plan) e chi invece ne sottolinea i limiti, non solo facendo presenti i gravi rischi socio-ambientali derivanti da possibili incidenti, ma anche contestando i dati che la propongono come fonte a bassa emissione di CO2.
Dati gli enormi interessi finanziari dei settori industriali e commerciali legati alla produzione di energia nucleare, la questione è ancora aperta: i sostenitori del nucleare stanno esercitando forti pressioni per far includere questa modalità di produzione di energia tra le fonti ‘sostenibili’.
Secondo una recente pubblicazione della Nuclear Engineering International (8 febbraio 2021) “L’Unione Europea dice che il nucleare deve essere parte della Tassonomia Europea”. Così affermano, in una lettera indirizzata a Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea, i rappresentanti di sindacati di 13 Paesi Europei (tra cui Belgio, Bulgaria, Finlandia, Francia, Ungheria e Romania). Nella lettera si legge: “L’energia nucleare, che produce quasi la metà dell’elettricità a basse emissioni di carbonio in Europa, è raccomandata congiuntamente dall’Agenzia internazionale per l’energia e dall’Agenzia internazionale per l’energia atomica. La piattaforma intergovernativa sul cambiamento climatico ha ripetutamente affermato che l’energia nucleare è una parte essenziale della soluzione al problema climatico”.
Il nucleare non è sostenibile?
La pensano diversamente gli Autori di un recente studio (5 ottobre 2020) pubblicato sulla rivista internazionale ‘Nature’. Analizzando le serie di dati globali delle emissioni nazionali di carbonio e della produzione di elettricità rinnovabile e nucleare in 123 paesi su un arco di tempo di 25 anni, gli Autori trovano che i sistemi nucleari nazionali su larga scala non risultano associati a emissioni inferiori di carbonio, mentre i sistemi di produzione di energia da fonti rinnovabili lo sono. Non solo: essi sottolineano che il ricorso alla fonte nucleare – oltre ad essere meno efficace nell’abbattere le emissioni di carbonio – interferisce con lo sviluppo delle energie rinnovabili.
Infatti la configurazione dei sistemi di trasmissione e distribuzione dell’elettricità adatta per la produzione di energia centralizzata come il nucleare convenzionale renderebbe più impegnativo, dispendioso in termini di tempo, ed economicamente più costoso introdurre energia rinnovabile distribuita sul territorio, che richiede invece impianti decentrati su piccola scala. Paesi che pianificano adesso investimenti su larga scala nell’energia nucleare rischiano di ostacolare e vanificare i vantaggi climatici che potrebbero derivare da investimenti sulle energie rinnovabili.
Oltre il dibattito sugli effetti climatici
Circoscrivere la discussione su ‘nucleare SI – nucleare NO’ a un aspetto così specifico, quale è quello dell’eventuale contributo alla riduzione delle emissioni gas-alteranti, è una modalità caratteristica del ‘paradigma della semplicità’ che ha dominato il mondo tecno-scientifico-industriale negli ultimi secoli. Come sottolineano due studiosi, Mauro Ceruti e Francesco Bellusci, in un recente, breve e denso libro:
La semplificazione è stata la via regia per realizzare l’ideale dell’onniscienza, costitutivo della tradizione moderna: giungere gradualmente e progressivamente alla conoscenza definitiva e in linea di principio completa, che avrebbe reso il mondo sicuro, dominabile, prevedibile.
La semplificazione dei problemi è una via molto spesso percorsa in situazioni in cui il potere decisionale è nelle mani di pochi. Grazie all’elevata potenza tecno–scientifica, alla crescente concentrazione di potere economico- finanziario-militare e al controllo dei media, un gruppo sociale dominante prende decisioni irreversibili in condizioni di incertezza, di ignoranza e di indeterminatezza[1], senza avere rispetto dei soggetti coinvolti, senza interpellarli in merito, né avere consapevolezza delle conseguenze sociali e ambientali a cui si può andare incontro.
Il tema della produzione di elettricità da fonte nucleare, che si colloca all’interno del più vasto contesto dei vari e interconnessi usi dell’energia nucleare (in particolare il ‘dual use’ civile e bellico), richiede di essere affrontato con un ‘paradigma di complessità’, un atteggiamento che non solo consente di esplorare un problema con una grande varietà di sguardi e prospettive, ma risponde al tentativo di democratizzare i processi decisionali e – di conseguenza – le scelte politiche ed economiche, che hanno sempre più conseguenze globali, e si estendono su scale temporali che superano di gran lunga i tempi umani dei decisori.
Prendo ancora a prestito le parole di Ceruti e Bellusci (pag. 118):
Chi pensa che ci siano competenti o tecnici dotati della conoscenza sufficiente o adeguata per ridurre una volta per tutte la complessità di un problema ignora che, in situazioni o in organizzazioni umane e sociali complesse, si è chiamati a decidere in condizioni permanenti di incertezza e a riconoscere l’inevitabilità di conseguenze non desiderate nell’attuazione e gestione delle decisioni.
Qualche percorso possibile
Volendo sperimentare il paradigma di complessità sul tema ‘nucleare’, sono assai numerosi gli approcci che si potrebbero esplorare: dall’analisi della filiera (che esamina il percorso dell’uranio dalle miniere fino ai siti di smaltimento), ai problemi di sicurezza delle centrali; dai calcoli sui possibili rischi di incidenti alla documentazione degli esiti sanitari e ambientali di disastri avvenuti; dalla collocazione geografica delle centrali alle restrizioni militari per la sicurezza…
Le discipline alle quali attingere per migliorare la comprensione di questo tema spaziano dalla fisica alla psicologia, dalla storia all’economia. I soggetti che sarebbe utile ascoltare non sono solo gli scienziati, ma una varietà di ‘esperti’ a vario titolo: studiosi, osservatori e testimoni.
A Fukushima dieci anni dopo
C on l’approssimarsi del decimo anniversario dell’incidente avvenuto alla centrale nucleare di Fukushima, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica afferma che questo evento “ha rafforzato l’importanza di disporre di norme e linee guida di sicurezza nazionali e internazionali adeguate in modo che l’energia nucleare e la tecnologia rimangano sicure e continuino a fornire energia affidabile a basse emissioni di carbonio a livello globale”. […] “Le nuove centrali elettriche sono progettate per tenere conto della possibilità di incidenti gravi”, ha detto Javier Yllera, un alto funzionario per la sicurezza nucleare presso l’AIEA. “Diversi miglioramenti della sicurezza sono stati implementati nelle centrali elettriche esistenti, insieme a misure di gestione degli incidenti”.
È di pochi giorni fa la pubblicazione di un documento prodotto dall’Agenzia per l’Energia Nucleare (NEA) e dall’OCSE: Fukushima Daiichi Nuclear Power Plant Accident, Ten Years On: Progress, Lessons and Challenges, in cui si legge:
Le attività di decontaminazione nelle aree intorno al sito sono progredite bene. La maggior parte degli ordini di evacuazione sono stati revocati e i servizi pubblici sono stati ripristinati in molte delle aree colpite.Ora è necessario migliorare il programma in corso per ricostruire e rivitalizzare le comunità e le economie locali.Questa è una sfida significativa che riguarda di più l’ambito della comunicazione e del rafforzamento della fiducia rispetto a quella della protezione radiologica e della sicurezza nucleare.
Parole rassicuranti, ma nessuna documentazione affidabile, nessun dato concreto sulla situazione attuale. Nel frattempo gli organizzatori dei Giochi di Tokyo 2020, anche se preoccupati per la sicurezza sanitaria dei partecipanti e dei cittadini, dovuta però al Covid-19 (e non alle radiazioni), hanno annunciato la data del 25 Marzo 2021 per l’inizio della marcia della Torcia olimpica. La Torcia partirà da Fukushima – una scelta fatta non a caso: con questo luogo simbolico il governo intende sottolineare il ruolo di Tokyo 2020 come “Olimpiadi della ricostruzione” – dopo il terremoto, lo tsunami e il disastro nucleare del 2011. Il governo giapponese ha trasformato la ripresa di Fukushima in un simbolo di rinascita nazionale, e sta incoraggiando – con aiuti finanziari – i residenti a tornare nelle loro case mentre prosegue la decontaminazione della terra.
Altri sguardi su Fukushima
Per avere informazioni aggiornate sulla situazione attuale nell’area della Prefettura di Fukushima contaminata dalle radiazioni sono disponibili indicazioni interessanti messe a disposizione da una Associazione internazionale alla quale aderiscono medici, operatori sanitari e cittadini: si tratta dell’ International Physicians for the Prevention of Nuclear War (IPPNW), fondata nel 1980 e insignita nel 1985 del Premio Nobel per la Pace, «per aver diffuso informazioni autorevoli e aver creato consapevolezza delle conseguenze catastrofiche della guerra nucleare». Il 27 febbraio scorso l’Associazione ha organizzato un simposio online – 10 years living with Fukushima – per fare il punto della situazione dopo dieci anni dal disastro nucleare.
Nella presentazione del Simposio si legge che «i reattori danneggiati rappresentano ancora una considerevole minaccia per l’ambiente e per la salute pubblica, con ulteriore radioattività che viene rilasciata ogni giorno. Le plurime fusioni nei reattori nucleari nel marzo 2011 hanno contaminato l’oceano, l’aria e l’intero nord-est del Giappone. Milioni di persone sono state esposte a livelli di radiazione elevati e più di 200.000 persone hanno dovuto lasciare le loro case a causa della contaminazione.Nonostante tutto questo, il governo giapponese sta cercando di consentire all’energia nucleare di tornare in auge, minimizzando le conseguenze di questo disastro».
Critiche e denunce
Durante il Simposio sono stati presentati i più importanti risultati scientifici raccolti in questo decennio sull’ambiente e sulla salute (umana e degli altri viventi). Come si può leggere nel Programma, hanno partecipato esperti di vari campi e discipline: medici pediatri, epidemiologi, ecologi, psichiatri, biologi, geochimici…Le loro testimonianze sono disponibili in rete..
Tra le relazioni – tutte molto interessanti – ne segnalo alcune. La prima è di Shaun Burnie, attivista e coordinatore di Greenpeace dal 1991, che presenta il quadro generale della situazione. Greenpeace ha monitorato la situazione dell’area intorno alla centrale fin dall’inizio: i nuclei di tre reattori sono fusi; sono stati immagazzinati in grandi serbatoi circa 1,23 milioni di metri cubi di acqua che il governo giapponese intende riversare nell’oceano. Ovviamente l’area più contaminata è la sede degli impianti, dove attualmente lavorano circa 4.000 persone (tutti lavoratori a sub-contratto, non impiegati TEPCO). I piani del governo sono di demolire tutto nell’area, e rimuovere completamente i detriti nei prossimi 30 – 40 anni, al massimo entro il 2050. Si tratta di una previsione non credibile: tutto quello che c’è in quell’area è destinato a rimanere lì per centinaia o migliaia di anni.
Un’altra testimonianza è quella di Alex Rosen, direttore del dipartimento di emergenza pediatrica all’Università di Berlino, che accompagna i suoi dati con una durissima accusa sia nei confronti dei responsabili dell’emergenza nel 2011, sia delle istituzioni che avrebbero dovuto monitorare la situazione sanitaria negli anni successivi. I pochi dati disponibili e attendibili mettono in luce gravi conseguenze patologiche nelle popolazioni colpite: per esempio, a distanza di 10 anni l’aumentata incidenza di tumori della tiroide nei bambini persiste, anche in quelli nati l’anno stesso del disastro, ed è gravemente sottostimata. Inoltre su molte persone evacuate dopo l’incidente i test sono stati ripetuti negli anni successivi, ed è altissimo il numero di persone alle quali non sono stati mai eseguiti esami medici.
Un biologo, Timothy Mousseau, che per anni ha cercato di documentare le variazioni delle popolazioni di uccelli e insetti nelle aree contaminate intorno a Fukushima, esprime scetticismo nei confronti di chi sostiene che nell’area di esclusione intorno a Chernobyl la vita animale e vegetale si è completamente ripresa, anzi, si è rinvigorita. Nonostante le difficoltà di eseguire misure in contesti così complessi come quelli ecologici, la sua équipe documenta una grave perdita di biodiversità nelle aree contaminate del Giappone: alcune specie di animali sono fuggite, altre sono morte o hanno subito danni genetici. Nella sua presentazione questo studioso fa ascoltare – come testimonianza percettiva immediata del cambiamento – la perdita dei messaggi sonori degli uccelli dopo l’incidente (come si può sentire al minuto 13:15 e seguenti della sua presentazione).
Sostenibilità e reversibilità
In giapponese, i sopravvissuti di Hiroshima e Nagasaki sono chiamati “Hibakusha”. Molti di loro hanno dedicato la vita alla lotta per un mondo libero dalla minaccia nucleare, e hanno raccontato le loro storie alle giovani generazioni. Durante la guerra fredda il termine “Hibakusha” è stato ampliato per includere le vittime dei test sulle armi nucleari, dal Nevada alla Russia ai siti di test nucleari nel Pacifico…
Dopo la catastrofe di Fukushima il termine “Hibakusha” ha assunto un nuovo significato: anche molte delle persone colpite dai disastri avvenuto in impianti nucleari civili hanno iniziato a chiamarsi “Hibakusha”, sostenendo che l’energia nucleare e le armi nucleari sono in realtà solo due facce della stessa medaglia.
L’Associazione di medici sopra citata, l’IPPNW, sente la responsabilità di chiarire al pubblico i collegamenti tra l’industria nucleare civile e militare e spiegare gli effetti sulla salute delle radiazioni ionizzanti, e ha allestito una mostra a tale scopo. Emergono chiaramente le dimensioni del problema: l’estensione geografica globale (come illustrato nella mappa), la scala temporale (che supera le nostre capacità di previsione e immaginazione), l’enormità dei costi sociali, ambientali ed economici rendono insostenibile la scelta del nucleare, e irreversibile qualunque manipolazione dei minerali di uranio per la produzione di elettricità e per la fabbricazione di armamenti.
Zone del mondo sedi di attività / eventi relativi all’uso dell’uranio (miniere, centrali, siti di test atomici, depositi radioattivi, luoghi bombardati, ecc.)
Emissioni di CO2? Lo scenario è più vasto…
Il dibattito in corso tra sostenitori della produzione di energia elettrica da fonte nucleare e sostenitori delle fonti alternative per combattere il cambiamento climatico, non avrebbe neppure dovuto iniziare. E’ emerso per motivi prevalentemente economici, in vista di possibili contributi finanziari da parte dell’Unione Europea: una visione ‘semplice’ del problema da parte dei sostenitori del ‘si’. Dalla documentazione fornita dall’équipe di ricercatori inglesi e tedeschi (Sovacool et., 2020) si apprende che essi hanno studiato il problema collocandolo in un contesto più ampio. Tuttavia… anche se l’energia nucleare emettesse una minore quantità di gas con effetto serra rispetto alle fonti alternative, la discussione non dovrebbe concludersi lì.
Affrontando il problema con un paradigma di ‘complessità’ emergono immediatamente aspetti che richiedono di ricollocare il dibattito in uno scenario ben più vasto, in cui si svelano interconnessioni e interdipendenze di ordine superiore.
Ed emerge soprattutto la necessità di elaborare una nuova forma di democrazia, che includa nella riflessione elementi di giustizia e di salvaguardia della salute globale – dell’umanità e degli ecosistemi – e che consenta a tutti i soggetti coinvolti di partecipare con i propri sguardi ai processi decisionali.
Ricorrenze e celebrazioni
La scarsa pubblicizzazione del 10° anniversario della tragedia di Fukushima induce il pubblico a pensare che il problema sia stato risolto, e che si possa riprendere il cammino del progresso tecnologico e della crescita economica.
Sarà più presente nei media la data del 25 marzo prossimo, quando la fiaccola olimpica partirà proprio da Fukushima per completare il giro delle 47 prefetture prima di arrivare a Tokyo e illuminare il braciere olimpico. L’immagine della fiaccola è solo un po’ appannata a causa della pandemia da COVID-19, ma di radiazioni e contaminazioni nucleari non si parla più.
Autrice
Elena Camino
[1] Benessia A. e Salio G. Dalla scienza della certezza alle scienze della complessità, In: Baraldi C. e Ferrari G., (eds) Il dialogo è possibile? Risorse per la pace nel mondo attuale, Donzelli Editore, Roma 2008, pp.127-140.
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