Un ritratto di César Chávez (1927-1993)

Giorgio Barazza

Nel presentare lo scorso lunedì 1° febbraio 2021 il libro di Saul Alinsky, Radicali, all’azione! Organizzare i senza potere, edizioni dell’asino) mi son detto: «Come lo collego al fatto che questo libro si presenti proprio al Centro Studi Sereno Regis di Torino?»

Ecco il risultato di questa «catena del valore».

Saul Alinsky dopo il successo dell’esperienza fatta a Chicago1 aveva messo in piedi una organizzazione l’Industrial Areas Foundation (AIF) che preparava le persone a diffondere l’approccio con cui aveva realizzato la sua esperienza di community organizer, esperienza attiva anche in Italia.

Durante la sua attività aveva incontrato e poi assunto Fred Ross il quale aveva poi fondato (1948) insieme ad altri in California la Community Service Organization (CSO) una organizzazione a tutela dei diritti dei latini. Ross ha realizzato la formazione di César Chávez come community organizer.

Chávez ha lavorato come community organizer dal 1953 al 1961 per il CSO. Nel 1958 ne diventa anche responsabile nazionale per tutta la California. Lui era un lavoratore agricolo; non trovando disponibilità, nella CSO, a occuparsi dei braccianti poveri – i chicanos (7 milioni in California) – e rimasto disilluso dalla prevalenza del punto di vista delle «classi medie» sulle priorità dell’organizzazione (es. i prezzi dei motel dove veniva organizzato il congresso erano inaccessibili per i membri più poveri, il CSO rifiutava di organizzare i lavoratori agricoli), si è dimesso da quella organizzazione. Ne fondò una sua nel 1962, la National Farm Worker Association, che crebbe fino a diventare il sindacato United Farm Workers (UFW), utilizzando le competenze acquisite nella sua decennale esperienza come community organizer, che possiamo riprendere attraverso tre parole:

  • interesse inteso non solo come quello personale ma anche quello collettivo delle organizzazioni, delle associazioni a cui appartenevano le persone
  • potere inteso come capacità mentale, fisica e morale ad agire, come la capacità di fare qualcosa, di usare i mezzi necessari per agire
  • conflitto che bisogna suscitare deliberatamente e utilizzarlo per realizzare il cambiamento.

Forme di lotta

Chávez conoscitore di Gandhi ha utilizzato molto le sue forme di lotta nonviolenta coinvolgendo anche le parti terze presenti nel conflitto con i proprietari delle aziende agricole. Utilizzava diverse tatticheche andavano dal livello personale (digiuni), alle marce, al boicottaggio (mobilitazione di parti terze).

  • I digiuni: tre sono da ricordare, nel 1968 (25 giorni) per fare presente ai giovani arrabbiati la necessità di mantenere la disciplina nonviolenta; nel 1975 (24 giorni) durante la campagna per il riconoscimento del diritto di organizzazione sindacale nel settore agricolo; nel 1982 (36 giorni) per segnalare le condizioni di lavoro dei braccianti minacciate dall’uso di insetticidi, organi-fosfati, defoglianti;
  • Le marce: nel 1972,di500 km durante la campagna di boicottaggio dell’uva2; nel 1975, di 1000 km per far conoscere ai lavoratori la legge che riconosceva il diritto di organizzazione sindacale nell’agricoltura in California;
  • Il boicottaggio: dell’uva3 nel 1972, campagna durata 5 anni; dell’insalata (lattughe) nel 1972; dei vini Gallo nel 1973.

Le forme di lotta arrivavano a mobilitare terze parti anche lontane che erano presenti nel conflitto (negozianti, supermercati, consumatori, anche in altri Stati e fuori USA).

Per farsi un’idea di come il boicottaggio si collochi in una visione del potere all’interno di un approccio nonviolento al conflitto può essere utile la scheda sottostante

Chavez ha negoziato centinaia di contratti. Nel 1975 era presente, in modo organizzato, in un migliaio di aziende agricole, la sua organizzazione contava 70.000 iscritti.

Ha promosso una legge fondamentale che ha reso i lavoratori agricoli della California gli unici nella nazione aventi diritto ad attività sindacali protette (1975). Da tenere conto che in Arizona nello stesso periodo esisteva una legge che impediva la presenza delle organizzazioni sindacali nel mondo agricolo

Nella sua eredità Chavez:

  • ha dato alle persone un senso del proprio potere;
  • i lavoratori agricoli hanno scoperto di poter esigere dignità e salari migliori;
  • i volontari hanno appreso tattiche successivamente utilizzate in altri movimenti sociali;
  • i consumatori che hanno rifiutato di acquistare l’uva (durante le campagne di boicottaggio) si sono resi conto che anche il più piccolo gesto potrebbe aiutare a forzare il cambiamento storico.

Anche Aldo Capitini, punto di riferimento per la nonviolenza in Italia, ha toccato i temi del potere introducendo il termine di omnicrazia (potere di tutti) sia in un libro sia con la pubblicazione di un periodico per la durata di 4 anni. Vale la pena di conoscerli.


Documentazione disponibile presso la biblioteca del Centro Studi Sereno Regis di Torino:

DI CAPITINI

  • Potere di tutti, La Nuova Italia
  • «Il potere è di tutti», periodico mensile realizzato dal 1964 al 1968

DI CHAVEZ

  • Farm Workers at Risk in Richard Hofrichter (a cura di), Toxic Struggles. The Theory and Practice of Environmental Justice, New Society Publishers, Philadelphia 1993, pp. 163-170

SU CHAVEZ

  • Matteo Soccio, Fondatore del sindacalismo nonviolento USA, César Chávez, 1927-1993 in «Azione nonviolenta», luglio 1993, pp. 9-16
  • Jean-Marie Muller et Jean Kalman, César Chávez. Un combat non-violent, Fayard/Le Cerf, Paris 1977
  • Christopher Child, The California crusade of César Chávez, Quaker Peace and Service, London 1980
  • Marcello Lutz, César Chávez: la battaglia dell’uva e dell’insalata in Fabrizio Fabbrini, Helder Camara, Jean Marie Muller, Ma liberaci dalla violenza, Elle Di Ci, Leumann (TO) 1973, pp. 128-141

Note

1 Nel 1939, Alinsky (dipartimento di sociologia dell’università) «si trova coinvolto in un’esperienza che ha come obiettivo la prevenzione della delinquenza giovanile e che si basa su una serie di strumenti innovativi quali il coinvolgimento diretto degli operatori sociali con le bande giovanili, il reclutamento e la formazione di leader indigeni che partecipano a pieno titolo a questa strategia di coinvolgimento, la costruzione di collaborazioni con attori locali e anche la fondazione di nuove organizzazioni partecipate della popolazione locale che potessero diventare direttamente responsabili dell’attuazione di singole azioni del programma» (in Radicali, all’azione!, pp. 9-10).

2 Viene proclamato il boicottaggio dell’uva in tutte le grandi città americane, che parte con 78 lavoratori mentre all’arrivo sono diverse migliaia. I consumatori venivano invitati a sottoscrivere l’impegno seguente: «Mi impegno a non mangiare e acquistare uva  finché i proprietari non accetteranno di firmare i contratti con il sindacato dei lavoratori agricoli. Mi impegno a informare i miei amici in merito al boicottaggio dell’uva. Mi impegno a parlare del problema del boicottaggio dovunque vedrò dell’uva».

3 Nel 1973 riprendono gli scioperi e i proprietari terrieri sono infuriati anche per il fatto che l’UFW aveva ripristinato nei campi la «HiringHall», una commissione controllata dai lavoratori come sola intermediaria per le assunzioni, mentre i padroni preferivano i «laborcontractors», veri e propri mercanti di mano d’opera che fornivano quello che i padroni volevano (giovani immigrati senza documenti, ricattabili, disposti a qualsiasi lavoro per sopravvivere), quando lo volevano, prendendosi una percentuale sulle paghe (i nostri caporali).

Autore
Giorgio Barazza


 

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