L’arte di ignorare i poveri

Segnalazione
redazionale

John Kenneth Galbraith, L’arte di ignorare i poveri, abiblio, Trieste 2011, pp. 64, € 5,00

Articoli del 1985, pubblicati in questo libello nel 2011, ma che sembrano scritti ieri sera, e non solo per via del Covid-19 (che ha solo evidenziato il problema della povertà e dell’ingiustizia).

Qui alcuni estratti, chiusi tra virgolette «», per assaporare il carattere degli scritti che potremo approfondire comprando (o chiedendolo in prestito alla Biblioteca del Centro Studi Sereno Regis) il titolo dell’editore triestino abiblio.

«Indubbiamente non è bello sentir descrivere la propria epoca come qualcosa di simile a un campo di battaglia in cui non c’è pietà per i vinti, ove i principi etici stanno vieppiù venendo meno per lasciare il posto a un utilitarismo che ci pare inumano, ove il fine giustifica i mezzi ad ogni costo, talché l’unica cosa che veramente conta è l’efficientismo, il mercato e il guadagno che ne possiamo trarre», p. 10

«Com’è possibile che una parte del mondo muoia di fame e l’altra parte sia invece incombenzata a consumare sempre di più e ad accumulare ricchezze che non potrà mai spendere? Che processi sono sottesi a questo paradosso che sarebbe facilmente superabile seguendo una massima dettata dal buon senso del tipo: “dai a chi non ha ciò che tu hai in eccesso?», p. 23

«Già nell’etimo della parola “consumo” trapelano in effetti assonanze un po’ sinistre: consumere, nel senso di spendere, ridurre a nulla, distruggere. Il con-sumare, cioè, è un’azione che implica il totale annientamento dell’oggetto, mentre il “con” allude al carattere rituale e collettivo di questa stessa azione. Quando andiamo tutti assieme nei Centri Commerciali, magari alla domenica, mettiamo in atto un rituale […]: la tensione preparatoria dovuta al sovraffollamento e all’eccesso di suoni e di luci; la ricerca ossessiva dell’oggetto del desiderio con gli effetti ipnotici delle offerte e dei saldi; l’acquisto e, infine, il consumo spasmodico e annientante», pp. 26-27

Purtroppo, infine, il titolo L’arte di ignorare i poveri trova il suo compimento nelle ultime pagine; l’autore, dopo aver elencato i molti modi in cui applichiamo quell’arte, conclude che «Alla fine […] ricorriamo alla semplice rimozione. È una tendenza psicologica che in varia misura è comune a tutti. Fa sì che evitiamo di pensare alla morte. Fa sì che moltissime persone evitino il pensiero della corsa agli armamenti e alla conseguente probabile estinzione. Con lo stesso processo di rimozione, ci rifiutiamo di pensare ai poveri. […]», p. 40.

Dopo lo scoraggiamento tuttavia, per consolarci, troviamo anche due proposte di soluzione, una praticabile e una no (evidentemente quella tristemente nota di Jonathan Swift, Sul buon uso del cannibalismo). La proposta praticabile è la compassione che apre alla giustizia, cosa che farebbe sentire tutti più soddisfatti, come si legge nell’ultima enciclica di papa Francesco, dal titolo emblematico, Fratelli tutti: «La compassione, con associato pubblico sforzo, è il comportamento meno comodo e meno conveniente di questi tempi. Ma rimane l’unico compatibile con una vita completamente civilizzata. […] Nella misura in cui riusciremo a rendere la soddisfazione quanto più universale possibile, salvaguarderemo e estenderemo la tranquillità sociale e politica», p. 41.


John Kenneth Galbraith

Dijk, Hans van / Anefo, CC BY-SA 3.0 NL, via Wikimedia Commons

*John Kenneth Galbraith (Iona Station, 15 ottobre 1908-Boston, 29 aprile 2006) è stato un economista, funzionario e diplomatico canadese naturalizzato statunitense. È stato fra i più celebri e influenti economisti del suo tempo, nonché critico della teoria capitalista tradizionale.


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