La “giornata del ricordo” e la Storia come strumento politico. Un commento

Autore
Stefano Pirisi


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Foto di Giuseppe Belli | Fonte: Flickr, CC BY-NC 2.0

Oggi il calendario civile impone la celebrazione del “giorno del ricordo“, istituito nel 2004 da un’ampia e variegata maggioranza parlamentare (soli 15 i voti contrari), ‘al fine – come recita il testo di legge – di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale‘.

Come ipotizzabile, la memoria storica delle foibe è stata da allora fortemente decontestualizzata, mistificata e mobilitata per supportare la narrazione politica della destra italiana di ispirazione fascista. 

L’utilizzo strumentale della Storia da parte di fazioni politiche o da parte di istituzioni statali  non è certo cosa nuova. Le commemorazioni liturgiche del calendario civile impongono il “ricordo” al fine di conferire un particolare significato alla storia, promuovendo la “memoria” di determinati avvenimenti, sacralizzando nomi e luoghi, mitizzando episodi, stragi, battaglie e accordi. Che la destra faccia un utilizzo politico di un avvenimento storico, che faccia politica nella ricostruzione storica, non dovrebbe dunque né sorprendere né spaventare.

Se l’utilizzo politico del “giorno del ricordo” può dar fastidio, mi pare, è perché ricorda a tutti, almeno una volta all’anno, l’esistenza di una certa destra nostalgica in Italia, non solo perché si compie una manipolazione storica. Il problema, in altre parole, non è relativo all’accuratezza della ricostruzione storica che la destra porta avanti, ma è dovuto alla sopravvivenza, e ultimamente alla rinnovata forza, di una fazione politica di ispirazione (sempre più apertamente) fascista.  Si tratta di un problema politico, che si deve dunque affrontare in termini politici.

Detta così sembra un po’ dire che non ci sia manipolazione storica da parte loro, dopo spieghi ma è un po’ ambiguo a mio parere.

Temo serva a poco fare appello alla Storia degli storici, tutt’altra materia di cui questi sono gelosi custodi. L’altra Storia, quella che si mobilita nel momento in cui si cerca di dar vita a una comunità politica, non è una questione di documentazioni, archivi, verità o contraffazioni: è narrazione comune. L’autorità dello storico può certo far comodo nel momento in cui si cerca di screditare in pubblico, ufficialmente, la narrazione storica della fazione opposta, ma difficilmente è utile per proporre un’alternativa alla comunità politica che si ritrova in tale narrazione.

Cosa dire se una certa narrazione si utilizza per costruirla attivamente questa comunità politica? Il problema non è forse convincere i convinti fascisti della storia degli storici ma che si sta costruendo una narrazione comune rivolta a chi convinto non è per nutrire una normalizzazione di certe visioni politiche

Per contrastare la forza politica della destra, credo che sia necessario lavorare alla costruzione di una prospettiva politica alternativa, in grado, tra le altre cose, di offrire anche un senso politico, di ispirazione antifascista, della Storia.


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