Perché la “rottura” della Gran Bretagna sarebbe un bene

Perché la “rottura” della Gran Bretagna sarebbe un bene sotto tutti gli aspetti

Jake Lynch

“Il portavoce del governo britannico non ha dichiarato alcun vantaggio dalla Brexit, in risposta a una domanda diretta”. Così riporta lo Sheffield Star, in un’analisi commerciale che ora costa in termini di ordini e posti di lavoro presso le aziende metalmeccaniche in quella zona dell’Inghilterra del Nord.

John Shirley Ltd, una premiata compagnia di esportazione di calibro internazionale con 25 anni di esperienza e con sede a Dover pubblica, a nome di un suo cliente, quanto abbia preso una piega frustrante nel seguente Twit:

“Un grande esportatore di creme intuisce che il nastro rosso di Rees-Mogg significa che è uscito fuori prima di ricercare consumatori europei” ha tristemente riportato. “certificati sanitari sono difficili da ottenere. Un esportatore nello Yorkshire ha dovuto aspettare più di due settimane come se lì ci fosse un sovraccarico di lavoro”.

Altri si stanno lamentando per ottenere documenti di transito, rispediti indietro dai garanti fiscali, da quanto rapidamente le agenzie terminano i loro accordi economici.

Dal suo noto retroterra tra i ranghi degli economisti professionali, il professore dell’Università di Cardiff Patrick Minford, pensa che lasciare l’UE potrebbe stremare la manifattura e l’agricoltura britannica, ma questo vedrebbe il paese ben piazzato a concentrare i suoi veri sforzi di acquisto e di vendita. Come sta andando? Gli importi senza cifra e gli esportatori sono adesso catturati dalla nuova burocrazia, tra questi il business di affari di Samantha Cameron e suo marito David che in qualità primo Ministro convocò il fatale referendum del 2016.

Alcune difficoltà, come Mrs Cameron ha riferito a un intervistatore in questa settimana, sono mere “difficoltà iniziali”. Ben oltre un’ultima conseguenza potrebbe risultare la minaccia all’industria di macchine, la colonna portante in catene pronte all’uso, con settori che attraversano i confini dell’UE. L’iconica sede di produzione Nissan a Sunderland, che vota ‘Lasciare’, sembra essere in salvo per ora – considerato che la compagnia ha appena annunciato i progetti per realizzare il suo nuovo veicolo, la Ariya, ovunque. Senza le proprie batterie di serie, i costruttori inglesi di auto, sono adesso tagliati fuori dal ‘mercato unico europeo’, probabilmente sono in fallo sui requisiti del regolamento da quando è stato tagliato fuori il motore a benzina.

L’accordo UE-UK sul libero scambio, raggiunto lo scorso Natale, ha perso il suo splendore quando sono stati tolti gli incarti. La probabilità è che ciò porti la Gran Bretagna più in basso del proprio patto di graduale e relativo declino e di rimpicciolimento a lungo termine; specialmente nei servizi – un’area di forza – sono scoperti. Nel frattempo, i consumatori stanno entrando in confidenza con la nuova realtà, quando le parcelle arrivano alle loro porte con notifica di pagamento dei costi doganali e tasse addizionali di valore, e vuoti aperti sugli scaffali del supermercato.

I sondaggi televisivi del Regno Unito mostrano in ogni caso un calo di sostegno poco apprezzabile verso il Ministro Boris Johnson. Forse gli elettori sono veramente pronti alle difficoltà economiche, se questo è il prezzo per districare sé stessi dall’unione con i francesi ed i tedeschi. Apparentemente passano sopra alle mal celate menzogne del Primo Ministro sullo stesso accordo: ovvero che non ci siano ulteriori attestati di commercio tra l’Inghilterra e Irlanda del Nord, e nemmeno “barriere senza tariffe” per importazione o esportazione dall’UE. Anche il diffuso errore del governo nel rispondere al Coronavirus – con un tasso di morte pro-capite che rimane, adottando la terminologia preferita di Johnson, “world-leading” (il più alto al mondo n.d.t.) – sembrerebbe lasciarli indifferenti.

La verità non sta – una volta ‘partita’ la Brexit – in una riforma dal programma pratico ma nell’intenzione di esercitare il controllo politico. Questo si è visto sorpassare dall’innesco di un distinto mix di autocommiserazione bianca e inglese, un ‘senso del diritto’ negato e vittimismo fuori luogo verso la continua percezione di un torto irrisolto. Il processo decisionale è cambiato nel primato di cittadinanza ai bianchi, dove ogni nuova iniziativa viene osservata attraverso le lenti di razza e di nazione, prima di essere svelato al pubblico.

Così, i cittadini europei vengono pagati per lasciare, senza considerare loro in quanto lavoratori e contribuenti (per non parlare dei paesi amici e vicini). Le vaccinazioni Covid sono state prescritte allo staff sanitario in prima linea – ma non a coloro nati oltremanica. Il budget di sostegno internazionale sta fronteggiando tagli profondi. Anche un accordo per permette ai musicisti di andare in tour tra le nazioni europee, senza dovere presentare un visto differente per accedere in ognuna, è stato rifiutato a causa dell’estensione dei relativi diritti che avrebbero consentito l’ingresso agli stranieri.

Nel frattempo, la discriminazione strutturale contro le minoranze nere e bretoni sta peggiorando. Un report ufficiale della scorsa settimana mostra quest’ultimi con il tasso dei giovani in custodia cautelare maggiore della metà, una proporzione quasi raddoppiata nel decennio; e i big data su una superficie di ben quasi un milione di pazienti nella sanità nazionale hanno mostrato gli esiti sulla salute dei non-bianchi in quanto drammaticamente peggiori.

I primi casi, uno può pensare, presi dall’organismo di controllo e dalla Commissione per la Uguaglianza e i Diritti Umani per essere studiati – escluso il proprio rango sono ora pieni di negazionisti, e in un caso anche da un sostenitore del razzista ‘Ufficio Interni’ contro l’accoglienza e per la politica dei rimpatri. Per le buone misure è stato nominato un noto islamofobo a redarre il programma di prevenzione atto a ‘contrastare l’estremismo’ nelle scuole e università, dove è stato insultato per il fatto di negare la libertà di parola agli studenti musulmani.

È molto Trumpiano e – come affermato da Noam Chomsky su Trump – una serie continua, di oltraggi e insulti distolgono l’attenzione di fronte al palco, mentre dietro le quinte gli approfittatori si sfregano la mani e sono concentrati agli sviluppi. I piani escogitati per accelerare la deregolamentazione della finanza, stanno isolando i bancari e gli speculatori dalle conseguenze del rischio. Le proposte per un rogo dei diritti dei lavoratori vengono bocciate per adesso, ma nessun osservatore informato ritiene che queste rimarranno fuori dall’agenda a lungo. I pesticidi che uccidono le api, illegali secondo l’Unione Europea, sono appena stati approvati per l’utilizzo nelle colture inglesi.

Che cosa si dovrebbe fare? Una insolita premonizione preoccupa la classe politica di Westminster quando il giornale di Rupert Murdoch Sunday Times (il quale mantiene un ruolo importante nel tenere l’agenda) ha “convogliato” sulla prima pagina l’evidenza del sostegno crescente per altri referendum, ‘in forse’ stavolta sono la Scozia, il Galles e l’Irlanda del Nord, cioè se debbano restare uniti all’Inghilterra, oppure scegliere di staccarsi.

La prossima grande prova sarà a maggio, quando il partito nazionale di Scozia (SNP) è previsto sondare le elezioni per il parlamento ad Holyrood. Il leader Nicola Sturgeon ha appena messo in chiaro che la vittoria andrebbe intesa come un mandato a sostegno del voto per l’indipendenza. L’ultima votazione nel 2014 è fallita, seppure fosse stata spinta da un evento “senza precedenti” – sostanzialmente non sono cambiate le cose nel frattempo. Con gli scozzesi fermamente intenti a votare per rimanere in Europa (sondaggi televisivi contro Johnson inclusi) è sentito ampiamente come la Brexit già rappresenti un cambiamento. Il partito Conservatore e Unionista (The Conservative and Unionist Party v.o.) – per usare il suo nome completo – è deciso a negare loro questa scelta. L’assetto attuale sta crollando, con il governo inglese ed i suoi poteri in ritirata dall’Europa, dapprima seduti congiuntamente con Bruxelles. Il senato gallese nel mentre (Senedd v.o.) riceverà ora denaro pubblico siglato per rimpiazzare i fondi strutturali dell’Unione Europea – laddove avrebbe potuto stanziare quei soldi con una analisi interna sul dove sarebbero serviti maggiormente. I ‘Tories’ (senatori n.d.t.) hanno lanciato una miriade di segnali che avrebbero annullato del tutto la delega se avessero avuto l’occasione. L’occasione è diventata sempre più chiara: indipendenza o assimilazione allo stato inglese, che è irrimediabilmente centrato su Londra, in tutti gli aspetti pratici invece un impervia e significativa riforma.

Qui c’è una opinione crescente che ‘perdere’ l’altra nazione potrebbe, a lungo andare, fare il bene degli inglesi. Rompere come conseguenza del voto per la Brexit, sarebbe un’esperienza nuova per l’Inghilterra: una conseguenza indesiderata della loro stessa follia e cattiva fede. L’Inghilterra ha bisogno di sottoporsi al processo, noto tra le numerose parole composte in Germania, per cui non c’è un preciso equivalente, chiamato Vergangenheitsbewältigung. In un nuovo libro, John Kampfner lo traduce come “venire a patti con la storia” e lo collega al successo tedesco nella costruzione di una moderna e prosperosa economia.

In Gran Bretagna, per contro, distorte (e razziali) nozioni di “grandezza” sono derivate dal legame imperiale che è sentito molto diversamente da quelle persone del mondo che si guardano mentre questosta finendo, chiamate già al sostegno senza tregua di entrambe le delusioni della Brexit, ovvero la negazione di una diseguaglianza e dell’ingiustizia in patria. A queste persone serve essere messi di fronte per il processo di scrutinio critico e propriamente informato del dibattito pubblico, come i tedeschi spesso fecero durante il Nazismo.

Questo potrebbe, come ha espresso Kenny MacAskill della Sanità Nazionale, consentire un “ri-apprezzamento nazionale” del tipo che “normalmente… segue sia la sconfitta in guerra o la rivoluzione”. Invece il più necessario “shock psichico” potrebbe essere causato dall’uscita degli scozzesi. Forse ciò porta gli inglesi a chiarirsi le idee e realizzare ciò che gli è toccato, del perché e da chi:

Coloro che sventolano quel mito e la gloria nell’eccezione britannica sono la stessa èlite che ha impoverito la gente inglese” lui prosegue “Il gradino tra il ricco e il povero sta aumentando, e le conseguenze della Brexit hanno minacciato i vantaggi delle giovani generazioni. Rompere quella mitologia è essenziale all’Inghilterra per andare avanti”.

Il Galles ha votato ‘Lasciare’ nonostante, concessa l’occasione, avrebbe cambiato la propria scelta, secondo sondaggi televisivi. Il movimento emergente omni-partitico (e non di parte) YesCymru è adesso il più veloce in crescita della Gran Bretagna. Quest’ultimo si domanda cosa succeda al Galles quando la Scozia lascerà l’Inghilterra? L’Irlanda del Nord ha evitato un confine duro con la repubblica Irlandese unicamente al costo di un confine protetto in acque irlandesi. Portato a scegliere tra le due unioni, il Galles ha optato per andare con l’Europa, non ha scelto la Gran Bretagna – al limite lo ha fatto per scopi commerciali.

Questi scombussolamenti potrebbero mostrare falsità rassicuranti, e fare spazio al confronto con verità scomode. Infine, come hanno dimostrato i tedeschi, questo è un passo essenziale verso la rinascita e la guarigione.


EDITORIAL, 1 Feb 2021 | #678 | Jake Lynch – TRANSCEND Media Service

Traduzione di Fabrizio Caridi per il Centro Studi Sereno Regis


1 commento
  1. Vanessa Anne Maher
    Vanessa Anne Maher dice:

    Commento sulla traduzione. " Gone off " vuol dire " andato a male" oppure " marcito" non " uscito fuori ".
    L'imprenditore John Shirley sta dicendo che i prodotti britannici vanno a male , per i grovigli della burocrazia, prima di giungere a destinazione. Grazie, Vanessa

    Rispondi

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