Abbiamo bisogno di eliminare strategicamente il fascismo, senza vanificare le richieste di pace
Autrici
Shiyam Galyon e Joanne Sheehan
Le richieste di unità dopo l’insurrezione al U.S. Capitol sono fuorvianti. Solo impegnandoci in un conflitto con mezzi nonviolenti potremo un giorno trasformare la società.
All’indomani dell’insurrezione nel Campidoglio degli Stati Uniti, molti leader politici e spirituali iniziano a richiedere pace e unità. Il partito repubblicano ha fatto pressioni su Donald Trump affinché rilasciasse una seconda dichiarazione in cui avrebbe esortato i suoi sostenitori alla nonviolenza. Lo scorso fine settimana, prima dei raduni armati previsti in tutti i 50 Stati, alcuni repubblicani e democratici locali hanno fatto eco alle richieste di pace. E leader religiosi di tutto il paese si stanno mobilitando per amplificare il messaggio: la violenza è deleteria, abbiamo bisogno di pace. Il presidente Joe Biden ha ripetutamente sottolineato la necessità dell’unità.
Crediamo che chiedere la pace dopo un atto di violenza sia una buona idea – dopo tutto, la violenza è spaventosa e la pace non lo è, giusto? – ma la verità è che la pace non è il contrario della violenza. Non è assenza di conflitto. Piuttosto, ciò che si oppone alla violenza è la nonviolenza e la verità è che è impossibile sradicare completamente il conflitto dalla società.
Ciò che importa è come noi ci muoviamo in un contesto conflittuale – in modo violento o nonviolento. Solo impegnandoci costantemente a stare nel conflitto utilizzando esclusivamente mezzi nonviolenti, potremo un giorno trasformare la società in un luogo più sicuro, più giusto. Richieste di pace prive di appelli alla giustizia sociale, razziale ed economica sono essenzialmente un modo per evitare il conflitto e dare ai suprematisti bianchi terreno ancora più fertile.
La strategia della nonviolenza rivoluzionaria non è intrinsecamente pacifica, poiché è direttamente coinvolta nei conflitti e affronta l’ingiustizia a testa alta.
Non tutta la nonviolenza è uguale. C’è una percezione mainstream per la quale la nonviolenza starebbe “porgendo l’altra guancia”. Ma non è quello che crediamo noi della War Resisters League. Negli ultimi decenni, infatti, i nostri organizzatori e membri (tra cui Bayard Rustin e Barbara Deming) hanno lavorato per portare avanti l’azione diretta rivoluzionaria della nonviolenza strategica, essenziale nel movimento per i diritti civili.
La strategia della nonviolenza rivoluzionaria non è intrinsecamente pacifica, poiché è direttamente coinvolta nei conflitti e affronta l’ingiustizia a testa alta. Nella “Lettera del carcere di Birmingham“, Martin Luther King Jr scrive: “L’azione diretta nonviolenta crea una tale crisi e alimenta una tale tensione che una comunità che ha costantemente rifiutato di negoziare si trova costretta ad affrontare la questione. Cerca così di drammatizzare una questione che non può più essere ignorata.”
In altre parole, la strategia della nonviolenza rivoluzionaria vuole organizzare le comunità in modo tale da creare un fronte unito per affrontare e resistere all’ingiustizia e alla violenza senza perpetuarla, come accadde con i Freedom Rides, quando neri e bianchi sfidarono la segregazione e salirono insieme su autobus, e con i “protettori dell’acqua” quando si schierarono contro il Dakota Access Pipeline a Standing Rock..
Nel suo discorso “Beyond Vietnam”, Martin Luther King Jr ha detto: “Gli Stati Uniti sono il più grande fornitore di violenza nel mondo.” Quando oggi ci guardiamo intorno, la violenza che gli Stati Uniti usano contro le persone a livello nazionale attraverso la brutalità della polizia, la detenzione dei migranti, l’incarcerazione di massa – e a livello internazionale attraverso attacchi di droni, le torture della CIA e guerre senza fine – ci appare assolutamente evidente e reale.
Il modo in cui i suprematisti bianchi armati si organizzano per mantenere il potere è un serio campanello d’allarme. Mentre continuano a terrorizzare i neri, gli indigeni e altre persone di colore, il 6 gennaio li abbiamo visti terrorizzare i bianchi che intralciavano la loro strada. Ora più persone stanno prestando attenzione. Per arrivare alla radice della supremazia bianca, dobbiamo riesaminare l’identità degli Stati Uniti e sfidare il mito per cui “noi non siamo questo”.
Siamo lungi dall’essere “una società post-razziale,” tuttavia i passi in avanti che abbiamo fatto minacciano chiaramente la supremazia bianca.
Da “grandi fornitori di violenza”, dobbiamo riconoscere che questa nazione è stata costruita sulle spalle dei neri e continua a dipendere da loro e dalle persone di colore, le quali consentono ai bianchi di essere lavoratori di prima linea, in cima alla scala salariale. Queste sono le chiare vestigia del sistema di schiavitù degli Stati Uniti. Le nostre istituzioni di polizia discendono da pattuglie che “catturavano gli schiavi” e hanno una lunga storia – che continua ancora oggi – di brutalizzazione e di evasione della giustizia dopo aver commesso tanti omicidi a danno di persone nere. Le nostre politiche interne sono sempre state discriminatorie. C’è la percezione che la segregazione scolastica siano una cosa del passato, tuttavia, è un fenomeno oggi ancora presente in molti istituti pubblici.
Siamo lungi dall’essere “una società post-razziale,” tuttavia i passi in avanti che abbiamo fatto minacciano chiaramente la supremazia bianca. Lavorare per la giustizia crea conflitti ma attraverso l’uso della nonviolenza strategica, possiamo avvicinarci sempre più all’uguaglianza.
Quindi, quali sono le risposte strategiche per attaccare le radici della supremazia bianca? Una di queste è fare attenzione alle modalità di reclutamento dei suprematisti bianchi armati. Come è stato ripetutamente sottolineato, molti di loro sono collegati alla polizia e ai militari.
Un’altra strategia è resistere contro il pagamento le tasse. Quasi la metà del bilancio federale finanzia la guerra e le istituzioni di guerra come l’FBI e la CIA. La resistenza fiscale contro la guerra porta la gente a prendere necessariamente una posizione al riguardo e a decidere di pagare le tasse.
E infine, se vogliamo rompere definitivamente i cicli di violenza, dobbiamo impegnarci nel portare avanti strategie di nonviolenza rivoluzionaria nel nostro lavoro a lungo termine di campagna contro la supremazia bianca. Non sarà facile ma è l’unico modo per raggiungere la “fine” di questa guerra.
Shiyam Galyon is the Communications Coordinator at War Resisters League.
Joanne Sheehan is a nonviolent direct action trainer and co-founder of WRL New England.
Fonte: Waging Nonviolence, War Resisters, 22 gennaio 2021
Traduzione di Benedetta Pisani per il Centro Studi Sereno Regis
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